Mamma dammi la manina che vado in ufficio

I genitori continuano ad introdursi nella vita professionale del proprio figlio anche dopo l’assunzione. Mamma e papà contrattano su stipendio e orari di lavoro.

La Generazione Z si fa accompagnare in ufficio dai genitori, come al tempo delle elementari! Una volta i genitori, quasi sempre la madre, accompagnavano i figli all’asilo e alle scuole elementari. Oggi pare che tale generazione, ossia i nati tra il 1997 e il 2012, si faccia accompagnare al lavoro, almeno quelli che sono in età, da uno o entrambi i genitori. Sarà un cambiamento del costume sociale o l’allungamento dell’età infantile, sta di fatto che la situazione sociale si sta delineando in questa direzione.

E’ vero che il mercato del lavoro è molto difficile e complesso, tra stagnazione e guerre commerciali in corso. Uno studio curato da un gruppo di aziende statunitensi e canadesi specializzate in “Resume Templates”, ovvero nella creazione di modelli di curriculum vitae, fornendo una struttura professionale, ha confermato che quasi il 50% della Generazione Z si fa accompagnare dalla mamma per discutere col management.

Il sondaggio è stato effettuato nel luglio scorso su un campione di 831 giovani adulti statunitensi, di età tra il 18 e 28 anni con lo scopo di valutare il coinvolgimento dei genitori nella vita lavorativa dei propri figli. Ebbene il sostegno genitoriale va oltre la revisione del CV o del consiglio antecedente al colloquio, ma si estende a tutte le fasi del processo selettivo. Addirittura papà e mamma si presentano al colloquio al posto del loro pargolo, per contrattare stipendio e benefit.

Un modo di fare che per le generazioni precedenti sarebbe stato considerato bizzarro, nella migliore delle ipotesi o controproducente nella peggiore. Della serie: se ti fai accompagnare al lavoro dalla mamma, a che età crescerai? I genitori continuano ad introdursi nella vita professionale del proprio figlio anche dopo l’assunzione. Molti lavoratori sottopongono al loro giudizio le valutazioni delle performance, si avvalgono della loro consulenza per relazionarsi col manager, quasi il 50% li coinvolge nelle richieste per il tempo libero, per aumenti di stipendio e per la soluzione di eventuali conflitti.

Alla fine i genitori comunicano con l’azienda più volte dei loro figli. Si tratta, forse della generazione più “mammona” mai esistita? Chissà! In realtà la Generazione Z è cresciuta con un modello di controllo continuo da parte dei genitori, spesso appartenenti alla Generazione X, i nati tra il 1965 e il 1980. Negli anni hanno sezionato tutte le attività dei loro figli, pensando che la protezione fosse un sentimento positivo. Ma se si va oltre gli intendimenti, non si può non pensare che allo scoccare dell’età adulta ci si liberi di questa bolla.

Molti psicologi hanno sostenuto che l’appoggio genitoriale è utile restando dietro le quinte, ma quando diventa il protagonista assoluto, allora si rischia che i ragazzi non crescano facendo esperienze in cui sono pienamente coinvolti e i manager possono considerare questi atteggiamenti come immaturi. Ma ridurre tutto al concetto che “la mangiatoia sia bassa“, ossia che risultati sono ottenuti senza fatica, è fuorviante. La Generazione Z, ex abrupto, si è vista sottrarre molti traguardi formativi tra i 16 e 23 anni.

La pandemia, scuole e università contattabili tramite Zoom, impossibilità di poter effettuare tirocini, hanno negato proprio in quella fase dello sviluppo cognitivo, la possibilità di sbagliare e crescere da soli. Di fronte ad una società iper- competitiva, in cui le possibilità sembrano tante ma per pochi, la famiglia resta l’unica ancora di salvezza. E per la Generazione Z è difficile navigare in queste acque, con meno protezione sociale e speranze per il futuro, rispetto a quella precedente.

Ma ad un certo punto della sua esistenza essa sarà costretta, per forza o amore, a diventare adulta, autonoma, a recidere, finalmente, il cordone ombelicale con la famiglia d’origine!