L’ex ministro: “Vite e carriere distrutte dopo 2635 giorni, la politica rifletta”. Poi la stoccata a Renzi “Io rimasto nel Pd per coerenza”.
Roma – “Hanno colpito me non su ipotesi di reato, ma su un reato di ipotesi. Il perché non mi sfugge, in
quel periodo seppur giovani e inesperti e, magari facendo alcuni errori, avevamo la voglia e l’entusiasmo per cambiare il Paese. Diciamo che la cosa non è piaciuta a qualcuno”. Lo sostiene l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio ed ex ministro allo Sport Luca Lotti, dopo l’assoluzione sul caso Consip. “È successo quello che non dovrebbe accadere in un Paese civile: si sbatte il mostro – di turno – in prima pagina e per sette anni si raccontano fatti non veri, dando giudizi definitivi”.
“Poi si scopre la verità, si fa giustizia, ma dopo 2635 giorni in cui vite e carriere politiche o professionali vengono letteralmente distrutte. Occorre riflettere su questo ed è bene che lo faccia in primis la politica”, afferma Lotti, che è rimasto con i Dem anche dopo l’addio di Matteo Renzi. “Ho difeso e protetto il Pd quando Renzi è uscito ed è solo grazie a questo, insieme a Lorenzo Guerini e tanti amici riformisti, se nella passata legislatura i gruppi in Parlamento sono rimasti in piedi – ricorda l’ex deputato – Qualcuno a Roma
e a livello locale ha, invece, in modo vigliacco, pensato di eliminare e vendicare un periodo storico vissuto dal nostro partito. È lì che si è perso il senso di comunità”.
Lo strappo dell’ex premier, conclude Lotti, “ha portato anche all’interruzione di un sodalizio politico: con Renzi dal punto di vista personale siamo in buoni rapporti, anche se ci sono cose da chiarire. Io ho scelto di rimanere nel Pd per la coerenza con l’impegno assunto con gli elettori e il non accettare che il Pd si trasformi in qualcosa che non è nel suo Dna. Un partito rancoroso e giustizialista che insegue il populismo anziché impegnarsi a costruire consenso”