Il teologo e mosaicista Rupnik in fuga dalle accuse di violenza tra scomuniche ritirate e “sante” aderenze”. Ma ora le vittime sono venute allo scoperto.
ROMA – Cinque anni dopo il vertice di Papa Francesco sulla lotta agli abusi sessuali da parte del clero, un altro caso di presunti stupri scuote la Chiesa di Roma. Due suore accusano pubblicamente Marko Ivan Rupnik, 69 anni, teologo, presbitero e artista sloveno, già membro della Compagnia di Gesù, espulso nel 2023 a seguito di altre accuse a sfondo sessuale in danno di diverse religiose ed ex monache che avrebbero subìto le attenzioni morbose dell’allora gesuita sin dal 2021. Il prelato in questione non è un prete qualunque. E’ una tonaca famosa, grande artista di mosaici e amico di almeno tre pontefici come Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, che lo stimano e non gli negano nulla.
Per Rupnik i guai iniziano nel 2020 quando la Congregazione per la Dottrina della Fede infligge al sacerdote sloveno la scomunica “Latae sententiae” per avere assolto in confessione una donna con cui aveva avuto un rapporto sessuale. Questa tipologia di interdizione, a seguito di approfondite indagini, si applica a delitti che la Chiesa cattolica ritiene gravissimi e che si rende efficace nel momento stesso in cui viene commesso il fatto. Subito dopo accade un fatto più unico che raro: la scomunica viene annullata. Nessuno sembra sapere nulla, pare nemmeno il Pontefice in persona dunque è plausibile che il Santo Padre non sia stato informato di quanto accaduto? Chi ha firmato il provvedimento di annullamento dell’interdizione? Rupnik, autore di mosaici nelle chiese di mezzo mondo, stato Vaticano compreso, continua per la sua strada come se nulla fosse. Connivenze e complicità, ai vari livelli clericali, non gli mancano. Ma i problemi sono appena incominciati e saltano gli altarini, tanto per rimanere in tema.
Col passare dei giorni emergono testimonianze di numerosi presunti abusi sessuali e di coscienza, commessi da Rupnik nei confronti di numerose suore consacrate della Comunità Loyola, ordine monastico fondato in Slovenia nel 1990 e in fase di dismissione da parte delle autorità pontificie. Nel 1993 l’arcivescovo di Lubiana proibisce per sempre al sacerdote sloveno di avvicinarsi alla comunità composta di donne ma la Congregazione per la Dottrina della fede sarebbe intervenuta, ancora un volta, in aiuto del prelato: i casi di violenze sessuali, avvenuti trent’anni prima, ricadono sotto la prescrizione. E Rupnik canta vittoria ancora una volta. Tra il 2021 e il 2023 la Compagnia di Gesù, ovvero i Gesuiti, di cui Rupnik fa parte come lo stesso Papa, sollecita tutte le suore, e non solo, a farsi avanti e denunciare eventuali episodi di violenze sessuali. I Gesuiti accertano la credibilità di diverse denunce e impongono al prete artista una serie di pesanti restrizioni imponendogli l’obbligo di scusarsi personalmente con le vittime.
Rupnik se ne frega e tira dritto celebrando messe nelle basiliche romane senza timore di nulla e di nessuno. Il 9 giugno 2023 il generale dei gesuiti, padre Arturo Sosa, decreta l’espulsione dall’ordine di Rupnik. L’ex gesuita dalle mille risorse, anche di tipo economico, si fa ordinare sacerdote diocesano a Capodistria e continua a somministrare sacramenti in barba a leggi e regolamenti degli uomini ma, soprattutto, in barba alle leggi di Dio. Poi l’epilogo: due ex consacrate della comunità Loyola, Gloria Branciani, 59 anni, e Mirjam Kovac, di 54, assistite dall’avvocato rotale Laura Sgrò, legale di fiducia della famiglia Orlandi, denunciano Rupnik di stupro e molestie sessuali nei loro riguardi e nei confronti di altre 20 religiose su 41 facenti parte della comunità. E lo fanno in una conferenza stampa, lo scorso 21 febbraio, presso la sede della Federazione nazionale della Stampa.
Il racconto di Gloria Branciani è raccapricciante:
” Ero completamente plagiata da Rupnik – ha detto la donna – Mi faceva alzare la gonna mentre ripeteva frasi sulla Madonna, baci e abbracci pretesi invocando il trasporto con cui un prete bacia l’altare, mi spingeva a spogliarmi tra confessioni, messe e la pittura di immagini sacre. Evocava la Trinità mentre mi spingeva ad un rapporto a tre con un’altra consorella. Ponendosi come amico mi trascinava in un cinema porno alla periferia di Roma…”. Mirjam Kovac va oltre:” Non è solo la nostra storia, ma è parte di una storia più grande – conclude la donna – Quando il muro di gomma è assoluto, diventa difesa di disvalori”.