Maxioperazione di guardia di Finanza, Polstrada e Ufficio delle Dogane di Pavia, per reprimere il commercio illecito di carburanti, evasione fiscale e riciclaggio di denaro sporco.
VIGEVANO – Acquistavano petrolio da operatori del settore in Repubblica Ceca, Cipro, Croazia, Romania e Slovenia poi, grazie ad un giro di fatture false, riuscivano a rivenderlo sul territorio nazionale o a metterlo in commercio attraverso distributori stradali in Piemonte, Veneto e Lombardia a prezzi molto più convenienti rispetto a quelli di mercato. Alle prime luci dell’alba del 3 febbraio scorso la guardia di Finanza di Pavia ha sgominato un’organizzazione criminale contigua agli ambienti della camorra e della cosca capitolina dei Casamonica responsabile di una maxi evasione fiscale di oltre 100 milioni di euro.
Al termine di una complessa attività di indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Mario Venditti e dal sostituto procuratore Alberto Palermo, scaturita dall’aumento del transito di autocisterne con targa slovena o croata dirette ad un deposito di Vigevano, il nucleo di polizia Economico Finanziaria di Pavia, coadiuvato dalla Polstrada e dall’ufficio delle Dogane, ha dato esecuzione a 13 misure cautelari riconducibili ad un’organizzazione criminale che, attraverso un sistema di frodi carosello, avrebbe sottratto circa 100 Milioni di imposta su valore aggiunto in poco più di due anni. A capo dell’organizzazione diverse persone addentellate alla camorra e alla criminalità romana. Si tratta di pluripregiudicati le cui generalità sono più volte balzate agli onori delle cronache giudiziarie nazionali come Vincenzo Lamusita, romano di 45 anni, soprannominato il “semidio” o “Gesù”, ovvero la mente pensante del gruppo deviante, colui che si occupava a 360 gradi della gestione operativa della società; Nicandro Di Guglielmi detto “Romeo”, romano di 41 anni, domiciliato in una lussuosa villa nel quartiere della periferia di Roma est storica roccaforte dei Casamonica e Stanislao De Biase detto “Stefano”, napoletano di 47 anni, fratello di Claudio De Biase, in organico al clan camorristico Polverino attivo nei comuni a nord di Napoli, erano i veri promotori dell’associazione per delinquere.
I pregiudicati erano amministratori di fatto e soci occulti della società al centro delle indagini nonché di molte altre aziende coinvolte e avevano il ruolo di dare “copertura criminale” e di ripulire il denaro sporco riciclando i proventi illeciti tramite delle compagini sociali non direttamente a loro riconducibili per poi dividere il congruo malloppo in parti uguali. Agli arresti domiciliari sono finiti anche Andrea Adami, Marco Luigi Castiglioni, Mirco Alberto Drusian, Mirco Quaresmini, Alessandro Cordioli, Giuseppe De Stefano, Eustachio Nicoletti, Ylenia Cicchiello e Franco Coppola. Nei guai anche Giovanni Tonarelli, 54 anni, notissimo commercialista di Casorate Primo, accusato di aver falsificato i bilanci delle società cartierizzate. Già nel 2009 Tonarelli era stato arrestato dalla polizia di Milano con l’accusa di associazione a delinquere e truffa. Per l’accusa, all’epoca dei fatti, Tonarelli forniva documenti falsi per ottenere falsi mutui ed era, come sosteneva il pubblico ministero Lucilla Tontodonati, un tassello fondamentale dell’associazione criminale finalizzata alla truffa sul cui sfondo incombeva l’ombra delle ‘ndrine locali. Nel particolare dell’operazione eseguita brillantemente dalla Gdf si è riscontrato che i presunti affiliati acquistavano petrolio tramite le cosiddette società “cartiere” ovvero ditte di comodo create ad hoc per perseguire particolari tipologie di frodi fiscali grazie ad un giro di fatture false con un importo complessivo superiore ai 400 milioni di euro. Il carburante veniva poi rivenduto a diversi clienti (probabilmente a conoscenza della provenienza illecita della merce) oppure immesso nel circuito dei distributori stradali gestiti dalla compagine criminale.
Il “ricavato”, attraverso la falsificazione dei bilanci delle società, assieme al mancato versamento delle imposte da parte delle aziende di comodo, veniva riciclato attraverso attività illegali quali il pagamento in nero di stipendi o provvigioni oppure per l’acquisto di beni di lusso come orologi del valore di 100mila euro, automobili Porsche, Ferrari e Lamborghini e vacanze a bordo di yacht da 15mila euro al giorno:
”…Quest’operazione – si legge in atti – mira al cuore di una pericolosa organizzazione criminale che, grazie agli ingenti profitti accumulati in pochissimo tempo e al calibro criminale dei suoi vertici, si stava rapidamente espandendo sul territorio nazionale e anche all’estero replicando il sistema di frode ormai collaudato e infiltrandosi, attraverso l’acquisizione di attività commerciali sane, nel tessuto economico del Paese…”.
Estremamente importanti, ai fini probatori, le intercettazioni telefoniche e ambientali operate dalle fiamme gialle pavesi. Durante una conversazione registrata una delle persone arrestate, nel rispondere alla madre che commentava il costo elevato dello yacht noleggiato, affermava “… Tanto c’è zia I.V.A.!!…” a voler significare che frodando l’imposta potevano permettersi ogni lusso anche quelli più costosi oppure in un’altra conversazione fra due indagati che discutevano dei bonifici da fare per dividersi il denaro accumulato illecitamente, uno dei due afferma “… Poi è arrivato il Patek (Patek Philippe, nota marca di orologi n.d.r.) così ho fatto un bonifico di 50.400…”. Adesso avranno tutto il tempo per scandire ore, minuti e secondi. In cella.