L’ex leader Udc attacca i dem: “Perfino la Salis, mai entrata in una sezione del Pd è sembrata precettata in una lista, non si sa bene dove”.
Roma – A volte ritornano. Anzi, lui non se ne è mai andato dal dibattito politico. Ex politico, giornalista, ed esponente di spicco dell’Udc, Marco Follini ha fondato il movimento politico Italia di Mezzo, confluito nel processo costituente del Pd, che ha abbandonato nel 2013. Già vicepresidente del Consiglio dei ministri nel governo Berlusconi II, l’ex leader Udc non manca mai di commentare con le sue analisi argute lo stato dell’arte della politica. L’ultima frecciata è proprio per il Partito democratico e per le sue liste. “Sembra il Festival di Sanremo – dice -, è un partito ancora in cerca d’autore”.
Per Follini nel “gioco di società” delle candidature europee il “Pd è quello che sembra destinato a pagare il pegno più alto. Degli altri infatti si parla poco e con una certa discrezione, quasi ad usare loro una sorta di riguardo. Mentre le scelte su cui in queste ore si arrovellano al Nazareno – fa notare – sono quasi sempre oggetto di uno scrutinio fin troppo malizioso. Non per caso, temo. Il fatto è che il Pd copre fin dalle sue origini l’area politica più estesa. Si cominciò mettendo insieme eredi del Pci e della Dc, quasi a voler riscrivere, o almeno aggiornare, la storia del dopoguerra”.
Si proseguì “affastellando entrate e uscite, e poi rientri, come a dar l’idea – lancia ancora la stoccata – di un cantiere politico in perenne movimento. Nel frattempo si sono fatte e disfatte correnti di tutti i tipi. Che esistono anche negli altri partiti, s’intende. Ma che tra i democrat sembrano sempre alludere a fondamentali e assai controverse questioni di principio. Così oggi il Pd sembra avere ancora un’identità incerta. O almeno troppo multiforme. E ogni candidatura che si affaccia, ogni lista che si forma e poi si rimaneggia, ogni promozione e ogni esclusione finiscono per descrivere un partito alla perenne ricerca di se stesso“.
Il giudizio impietoso prosegue: “Non è la divisione del passato congresso, bene o male superato dagli eventi. Piuttosto è la tendenza – dice – a cavalcare ogni argomento, ogni personalità, ogni novità facendone il fulcro di una discussione quasi esistenziale sul proprio carattere politico. Così, se da un lato si schierano candidati ultrapacifisti, altri si premurano di tenere il punto sul sostegno a Kiev. Se alcuni sono chiamati a tenere alta la tradizione del cattolicesimo democratico subito vi si affiancano i fautori più estremi del radicalismo laico. E se alcuni rivendicano il valore della fatica parlamentare, anche la meno visibile e blasonata, altri pensano piuttosto che solo i nomi di fantasia, i più glamour, i più lontani dalla tradizionale militanza politica possono dare smalto e visibilità alla campagna elettorale”.
Forse “non sarà l’Isola dei famosi, evocata con intelligente malizia da Pina Picerno. Ma almeno – conclude l’ex leader Udc – rischia di essere una sorta di Festival di Sanremo in edizione minore (e inevitabilmente assai meno seguita). Perfino la povera Ilaria Salis, che non deve essere mai entrata in una sezione del Pd e mai neppure averlo votato in qualche contesa elettorale, per un attimo è sembrata anche lei precettata in una lista, non si sa bene dove”.