La pandemia, almeno negli USA, ha provocato uno strano fenomeno: molte persone si sono dimesse volontariamente dal lavoro, nonostante l’imperversante crisi occupazionale in tutto il mondo. Perché?
Roma – L’anno scorso negli USA ben 47 milioni di cittadini si sono dimessi dal lavoro, per cercarne un altro. Il fenomeno, definito “Great resignation”, letteralmente “Grandi dimissioni”, ha provocato un grande sussulto nella società statunitense, anche se, di fatto, è rallentato nel 2023. Nel resto del mondo si è assistito ad un fenomeno simile, ma su scala ridotta. Ci si chiede cosa ci sia dietro. Rassegnazione, ottimismo, è duraturo o passeggero o, ancora, rappresenta una sorta di ripudio degli attuali modi di produzione? A queste domande ha cercato di dare una risposta la sociologia, considerata nel corso degli anni ’80 del secolo scorso dai mass media, non senza ironia, “il pronto soccorso del sapere”.
Ebbene, pare che queste scelte possano rappresentare una reazione alle attuali condizioni di lavoro dipendenti, contrassegnate da bassi salari, scarsa sicurezza e turni logoranti. Inoltre, questo nuovo approccio può essere la dimostrazione della diffusione di una tendenza che mette al primo posto la “qualità della vita”. Le dimissioni volontarie nel nostra Paese nel corso dell’anno passato sono state 2.200.000, pari ad una crescita del 13,8” nei confronti del 2021, quando erano state 1.930.000. Quest’anno, sembra ci sia stata già un’inversione di tendenza. Un segnale che il fenomeno ha subito un rallentamento e sta rientrando.
Pwc, (network diffuso in tutto il mondo, specializzato in servizi di revisione, consulenza strategica, legale e fiscale alle imprese) ha effettuato un indagine nei primi mesi di quest’anno, in 46 Paesi, dall’eloquente titolo “Speranze e paure della forza lavoro globale”. Ebbene, è emerso che il 25% degli occupati in Italia spera di cambiare lavoro entro un anno. E’ verso, si tratta di una speranza che, però, risulta molto diffusa tra i giovani e giovanissimi. C’è da segnalare che il mercato del lavoro negli USA è stato sempre strutturalmente molto dinamico e favorisce, quindi, la mobilità. Al contrario del nostro Paese in cui il mercato del lavoro è molto rigido.
Quindi, in Italia, le dimissioni volontarie dal lavoro destano molto stupore. Ancora di più se consideriamo il tasso di disoccupazione giovanile molto elevato. Ovviamente, quando si tratta di processi sociali, le cause sono varie e tante. Secondo gli esperti, però, solo alcune di esse possano essere il risultato di congiunture particolari, connesse al mercato del lavoro e alla possibilità di avere uno stipendio più alto. Quello che appare peculiare è che il mito del posto fisso per tutta la vita, è decaduto per sempre. Non poteva essere altrimenti. Coi mutamenti in corso e la precarietà imperante, non si riesce proprio ad immaginarlo.
A prescindere da come lo si guardi, con rigetto o con rimpianto di un tempo che fu, è il modello si vita a cui si aspira che è cambiato anche in Italia. Va considerato che molti lavoratori in condizioni d’ incertezza non possono che avere timore di perdere il posto che occupano. Ora, la convinzione di vivere un’esistenza effimera e caduca può essere il frutto del cambiamento climatico, della pandemia e del timore della guerra. Questi aspetti hanno portato molte persone ad un capovolgimento nella scala di valori. Non più lavoro, successo e soldi. Ma qualità della vita, salute anche psicologica e affettività. Sconvolti da veri e propri uragani anche emotivi per i fatti summenzionati, non si è più disposti a “sacrificare” la propria vita per essi.