HOME | LA REDAZIONE

Lasciò morire di stenti la figlia: “Pifferi era capace di intendere e volere”

Depositata la perizia disposta dalla Corte d’Assise: “Ha tutelato i suoi desideri di donna, rispetto ai doveri di madre”.

Milano – Quando ha lasciato morire di stenti la figlia Diana, la piccola di nemmeno un anno e mezzo abbandonata da sola in casa per sei giorni, la madre, Alessia Pifferi, era capace di intendere e volere. Lo ha stabilito la perizia psichiatrica firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo, depositata oggi e disposta dalla Corte d’Assise di Milano nel processo per omicidio volontario aggravato.  

Il reato così contestato dall’accusa, e senza l’attenuante esclusa dalla perizia che le avrebbe consentito una riduzione di pena, può comportare l’ergastolo. Per il perito, al momento dei fatti, Pifferi “ha tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno verso la piccola Diana“. Nelle quasi 130 pagine di relazione Pirfo ha poi proseguito spiegando che la 38enne  “ha anche adottato ‘un’intelligenza di condotta’ viste le motivazioni diverse delle proprie scelte date a persone diverse”. Per lo psichiatra non ha alcun “disturbo psichiatrico maggiore” né “gravi disturbi di personalità”.

Alessia Pifferi è accusata di omicidio volontario e rischia l’ergastolo

Considerata la mantenuta capacità di intendere e di volere, quindi “non è possibile formulare una prognosi di pericolosità sociale correlata all’infermità mentale“. Infine “in presenza di un funzionamento cognitivo integro, di una buona capacità di comprensione della vicenda giudiziaria che la riguarda, sia in termini di disvalore degli atti compiuti sia dello sviluppo della vicenda processuale” Pifferi è “capace di stare in giudizio”.

La perizia depositata oggi spazza via i dubbi sulla capacità della Pifferi, alimentati invece dalle psicologhe del carcere San Vittore – dove la donna è detenuta – in diverse relazioni nelle quali avevano sottolineato come non fosse “lucida e consapevole della gravità delle proprie azioni”. Proprio in seguito a queste relazioni, il pm aveva aperto un altro filone di indagine per falso e favoreggiamento a carico delle due psicologhe del carcere, indagate per entrambe le accuse, e l’avvocata Alessia Pontenani, che difende la 38enne, solo per falso.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa