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Lara Comi ancora eurodeputata nonostante la condanna, il tribunale: ‘Mala gestio in Ue’

Si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna a 4 anni e 2 mesi nei confronti dell’esponente di Fi. Le accuse, dalla corruzione alla truffa ai danni dell’Europarlamento.

Milano – “Tutto il percorso europeo” di Lara Comi “è stato caratterizzato, sin dall’inizio da una gestione illecita del regime delle erogazioni da parte del Parlamento e da palese e consapevole violazione di tutte le regole scritte”. Lo scrive il Tribunale di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso ottobre ha condannato l’eurodeputata di Forza Italia, tra gli imputati nel processo “Mensa dei Poveri”, a 4 anni e 2 mesi di reclusione.

I giudici osservano anche che l’esponente di Fi, “dal novembre 2022 è ritornata ad essere parlamentare Europeo, e lo è tuttora nonostante la ‘mala gestio’ che gli atti hanno messo in evidenza”. Comi nel novembre 2019 era finita agli arresti domiciliari, poi revocati, con le accuse di corruzione, false fatturazioni e truffa ai
danni dell’Europarlamento.

Nelle motivazioni della sesta sezione penale del Tribunale, si legge che i reati a lei contestati sono stati “commessi a distanza di quasi un anno l’uno dall’altro, il primo perfezionatosi nell’autunno 2016 e consumatosi nel dicembre 2017, il secondo perfezionatosi nell’autunno 2018 e consumatosi nel maggio 2019; essi sono espressione di un medesimo disegno criminoso, potendosi tratteggiare un fine specifico illecito immanente volto a ricavare dalle casse del Parlamento Europeo proventi illeciti truffaldini a beneficio di se stessa, della sua famiglia, dei suoi amici e del partito“.

Il Tribunale di Milano

Per i giudici “si tratta di un fil rouge che ha caratterizzato tutto il percorso europeo” della esponente
politica, che avrebbe incamerato “ingenti somme a favore di se stessa e della sua famiglia (o bypassando il conflitto di interessi o mediante contratti truffaldini e successive distrazioni per molte centinaia di migliaia di euro)”.

Nelle oltre 650 pagine depositate si sottolinea, nel capitolo che riguarda l’eurodeputata – alla quale non sono state concesse le attenuanti generiche – che lei e la sua famiglia “hanno illecitamente incamerato nel tempo una parte dei profitti truffaldini, per la somma di 354.342,39 euro”. Inoltre la madre “ha usufruito” di “oltre 120mila euro”, mentre nel periodo precedente gli anni per cui è stata giudicata con sentenza di
condanna, il danno che avrebbe “cagionato alle casse del Parlamento Europeo è molto maggiore” e si aggira attorno ai “600mila euro”. 

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