All’assise di Semiana assenti in-giustificati gli enti locali del pavese. Presenti e puntuali la magistratura antimafia, il vescovo di Vigevano, l’informazione nazionale al gran completo e gli imprenditori.
Pavia – Lo sapevamo, l’antimafia non unisce, divide. Stavolta però ci si è messo anche il Coronavirus a remare contro. L’epidemia ha scatenato il panico e qualche defezione doveva pur esserci. Così è stato. I sindaci del comprensorio Lomellino, i più interessati al vertice antimafia, regolarmente invitati con congruo anticipo, hanno disertato l’incontro praticamente tutti. L’unico presente il vice sindaco di Semiana, piccolo comune di 210 anime dove si è svolto il convegno, intervenuto a carattere personale e non in rappresentanza del civico consesso locale.
Il presidente della Provincia di Pavia, Vittorio Poma, per altro premiato per le attività anticrimine dell’Ente Intermedio, ha giustificato la sua essenza per motivi familiari alcuni giorni prima dell’incontro. Stessa cosa hanno fatto altre autorità, per fortuna uno sparuto numero, che sino a qualche ora prima della manifestazione avevano dato per scontata la loro partecipazione. E’ ovvio che il momento è di grave incertezza perché quando è in ballo la salute pubblica non c’è convention che tenga. Due o forse tre primi cittadini, come ci riferiscono fonti confidenziali, sono stati visti passeggiare nelle rispettive piazze principali dei loro paesi più intenti ai coriandoli che ai problemi dei cittadini. Ma va bene cosi, del resto sino a qualche anno fa i politici più in vista dell’area pavese erano soliti affermare che la ‘ndrangheta non esisteva in questa parte d’Italia dunque perché partecipare ad un vertice antimafia? Meglio le stelle filanti e le lingue di Menelicche.
In apertura abbiamo dato lettura del messaggio, assai gradito, dell’assessore regionale alla Sicurezza, Riccardo De Corato, assente più che giustificato attesa la situazione di allerta dell’area metropolitana, che ha manifestato il suo più vivo compiacimento per il vertice organizzato dalla fondazione Antonino Caponnetto, dal nostro giornale e dall’Omcom, ricordando le parole del Giudice Falcone che noi abbiamo fatto nostre:
”… Che le cose siano cosi, non vuol dire che debbano andare così. Solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare. Ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare…”.
Infatti da queste parti tutti preferiscono lamentarsi ma nessuno è disposto a pagare un prezzo ma siamo sicuri che si tratta solo di braccine corte e non di connivenze con la criminalità organizzata. E’ ovvio. Dopo i ringraziamenti è stata la volta di Salvatore Calleri che ha informato il pubblico presente nel merito di un’interessante iniziativa che riguarderà anche la provincia di Pavia e la città capoluogo:
”… Stiamo organizzando una vasta campagna in crowdfunding – ha aggiunto Calleri – per avviare la mappatura delle province di Pavia, Livorno, Lucca e Firenze. Il progetto vuole sensibilizzare i cittadini che vivono in queste aree ma, soprattutto, vuole essere un segno tangibile di presenza e solidarietà nei confronti di chi da sempre tenta con coraggio e forza di combattere l’illegalità. Da un lato la Fondazione si presenta come istituzione che ha il dovere di aiutare chi combatte tali fenomeni, dall’altro c’è il bisogno e la necessità di osservare, analizzare e colpire queste patologie formando le persone. La mafia e la criminalità organizzata oggi è un fenomeno che muta a seconda del territorio e ne dobbiamo tenere conto…”.
A fare da eco alle parole di Calleri l’intervento di Cesare Sirignano, sostituto procuratore nazionale antimafia:
”… Il titolo dell’incontro, ‘ndrangheta a Palazzo, problemi di accoglienza, la dice lunga esattamente per com’è… Quando ci troviamo davanti a soggetti che hanno grande disponibilità economica – ha detto Sirignano – non dobbiamo considerare soltanto i vantaggi che ne potrebbero derivare ma bisognerebbe andare più a fondo per capire chi si ha davanti…”.
Poi è seguito l’intervento di Beppe Antoci, già presidente del parco dei Nebrodi e oggi componente ad honorem della fondazione Caponnetto:
”… Dobbiamo avere la forza, il coraggio e la capacità di mettere all’angolo le persone che sbagliano – ha proseguito Antoci – e di tutelare quelli che lottano contro la mafia ogni giorno facendo il proprio dovere. Facendo il proprio dovere, ognuno per le rispettive competenze e attribuzioni, si può sperare in un futuro senza mafie…”.
Anche monsignor Maurizio Gervasoni, vescovo di Vigevano, per altro una delle autorità premiate, ha fatto la sua parte. L’alto prelato ha evidenziato che solo partendo dalle piccole cose della vita e operando nel bene è possibile sconfiggere il male. Fra i tanti relatori che si sono succeduti pregnante è stato l’intervento di Alessandra Dolci, della direzione distrettuale Antimafia di Milano:
”… Ho visto immagini che evocano tempi passati con i nomi di Neri, Chiriaco ed altri – ha evidenziato il magistrato – ma anche tempi più recenti con gli incendi di rifiuti speciali a Corteolona oppure quelli di Mortara (Eredi Bertè, ndr) sui quali abbiamo indagato rilevando le commistione fra ‘ndrangheta e politici locali. Quando si è trattato di Pavia, città nella quale ho frequentato l’università, sono rimasta colpita da quanto la città mi apparisse diversa rispetto al quadro allarmante che ne sarebbe venuto fuori negli anni successivi… Con i nostri interventi abbiamo arginato gli appetiti ma le cose, come pare, non sono cambiate dunque ci aspetta una nuova puntata…”.
Una nuova puntata che, forse, prelude ad una lunga serie di interventi sul territorio ormai in mano alla criminalità organizzata dai “Palazzi del potere, alle periferie”, definizione che poi non rappresenta altro che il sottotitolo che abbiamo dato al nostro appuntamento in terra Lomellina dove tutto è possibile. Nel bene e nel male:
”… Non è cambiato nulla, anzi – ha sottolineato Giovanni Giovannetti, giornalista investigativo – chi ha operato nel malaffare è stata aiutato dalla cultura mafiosa e anche chi non era dichiaratamente mafioso ha utilizzato gli identici metodi della criminalità organizzata perseguendone gli analoghi obiettivi…”.
Fra i premiati è doveroso ricordare Alfredo D’Amato del Tg3 e Sigfrido Ranucci di Report che si sono distinti in campo nazionale ed oltre per le loro inchieste che hanno fortemente contribuito alla lotta contro il malaffare scoperchiando le complicità tra mafia e politica. Anche un rappresentante dell’avvocatura siciliana fra i premiati:
”… Le criminalità organizzate hanno perduto l’abitudine di rimanere nei propri confini – ha affermato Silvestro Di Napoli, penalista, già legale di noti pentiti di mafia – trasferendo in tal modo la propria struttura logistica laddove gira molto denaro esportando cosi i già collaudati metodi devianti e relazionali che servono a intrecciare connivenze e complicità con imprenditoria, pubblica amministrazione e politica…”.
Premiati anche due imprenditori, il noto farmacista Alberico Lemme per aver creato decine e decine di posti di lavoro per i giovani senza cedere alle lusinghe di una certa classe politica e di alcuni personaggi molto discussi, e Mauro Porta, titolare di una società agricola, che ha denunciato la corruzione nella pubblica amministrazione e decine di persone che hanno rubato, rapinato e minacciato all’interno e all’esterno dell’azienda agricola con la complicità di funzionari e pubblici ufficiali al soldo o sul libro paga di certi personaggi locali che, ne siamo certi, saranno i protagonisti di quella nuova puntata annunciata dal giudice Dolci. Una conclusione è d’obbligo: in zona la regola è una sola, non ci sono regole. E se non è mafia questa, ditemi voi.