L'ex di Manuela Arcuri, impelagato in una brutta vicenda di truffa ai danni dello Stato per mascherine pagate e mai fornite, si professa innocente. Volevo aiutare il mio Paese, dice dal carcere, ma sono in molti a giurare che non è vero.
ROMA – La pandemia aguzza l’ingegno, spesso in danno dei cittadini. In questi giorni di clausura la mancanza dei cosiddetti presidi sanitari indispensabili si è fatta sentire, mascherine in testa. Ce ne vorrebbero decine di milioni dunque chi è in grado di fornirle, e di venderle, sta facendo soldi a palate, inutile negarlo. E sarebbe pure giusto se non ci fosse chi se ne approfitta assicurando gigantesche forniture mai giunte a destinazione. Tra centinaia di persone denunciate e beccate sul fatto da polizia, carabinieri e guardia di finanza, c’è anche Antonello Ieffi, imprenditore campano di 42 anni. Ai più il suo nome non dice nulla ma chi bazzica il mondo del gossip lo ricorda per una sua breve relazione sentimentale, vera o presunta, con Manuela Arcuri.
Qualcun altro lo ricorda per l’amicizia, vera o presunta anche questa, con Fabrizio Corona ed altri personaggi del mondo dello spettacolo. In pochi lo ricordano, invece, come attivista del Movimento 5 Stelle, salvo smentita dello stesso movimento e del ministro Di Maio che, non solo non lo conosce, ma che dallo stesso Ieffi non avrebbe mai ricevuto comunicazioni di alcun tipo. Chi invece sa tutto di lui sono le Fiamme gialle del Gico che lo hanno arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di turbativa d’asta e inadempimento di contratti di pubbliche forniture. L’uomo avrebbe dovuto fornire alla Consip (centrale acquisti Pubbliche forniture) qualcosa come 24 milioni di mascherine chirurgiche per un importo di 15,8 milioni di euro. La gara era stata bandita d’urgenza per garantire l’approvvigionamento di dispositivi di protezione individuale quando l’emergenza si stava facendo più pressante.
Quel carico di mascherine non solo non sarebbe mai giunto a destinazione ma non sarebbero arrivate nemmeno i 3 milioni di mascherine che Ieffi avrebbe dovuto fornire allo Stato in pochi giorni come anticipo su tutta la fornitura. L’imprenditore si sarebbe giustificato in maniera maldestra dicendo ai finanzieri che i container sarebbero stati bloccati in Cina per motivi burocratici, cosa non vera per come avrebbero accertato dai militari del Gico coordinati dalla Procura di Roma. Per di più, da successivi controlli, sarebbe emerso che il carico completo di mascherine e materiale diverso non sarebbe mai esistito, fatto questo che ha fatto scaturire l’ordine di custodia cautelare in carcere per Antonello Ieffi che, ad ogni buon conto, si sarebbe dichiarato innocente. La ditta che ha vinto l’appalto, la Biocrea srl, pare non avesse avuto nemmeno i solidi per acquistare la maxi-fornitura cinese.
Una volta che le cose volgevano al peggio lo stesso Ieffi, per altro estraneo alla compagine sociale dell’azienda, avrebbe parlato con i funzionari della Consip giustificando i ritardi con problematiche organizzative e doganali accampate dai burocrati di Pechino. Un’ispezione a sorpresa nell’aeroporto cinese di Guangzhou Baiyun da parte delle autorità di polizia accertava l’inesistenza del carico e la mancanza di qualsiasi commessa presso fabbriche locali. Ieffi a parte, però, non si comprende come la Biocrea, pare con pregresse posizioni debitorie per violazioni tributarie per oltre 150 mila euro nei confronti dell’Erario, abbia potuto partecipare alla gara d’appalto. Non solo: come avrebbe potuto lo stesso Ieffi parlare per nome e conto della ditta, per altro senza averne titolo, stante i suoi precedenti di polizia seppur ancora in itinere? Sembra che poco prima dell’appalto la Biocrea fosse rappresentata da una prestanome giusto il tempo per espletare la gara.
L’amministratrice di comodo sarebbe stata riconducibile allo stesso Ieffi e il gioco è fatto. Ma c’è di più: la Biocrea è una società che si occupa di agricoltura e allevamento di animali, dunque perché avrebbe partecipato ad un’asta pubblica per la fornitura di mascherine e affini? Ma adesso viene il bello. Dopo la mancata buggeratura al Consip, Ieffi avrebbe tentato un altro colpo gobbo allo Stato: la fornitura di guanti, occhiali protettivi, tute, igienizzanti e camici per la modica somma di 64 milioni di euro. Tutto questo tramite un’altra ditta, la Dental Express H24. Ma anche in questo caso gli sarebbe andata buca:”…Nessun illecito – ha detto Ieffi in teleconferenza dal carcere al Gip di Roma – non volevo arrecare nessun danno anzi volevo aiutare il mio Paese in un momento così difficile. Sono pronto a dimostrare che non ho commesso alcuna illegalità…”.
La difesa ha presentato istanza per chiedere la revoca della misura cautelare in carcere optando, in subordine, per i domiciliari:”…Ieffi ha spiegato di aver inoltrato al delegato Consip sia un video ricevuto dal fornitore indiano – dicono i il legali di fiducia Andrea Coletta e Claudio Acampora – con il carico di mascherine fatto arrivare in un deposito in Cina sia di avergli fornito il numero di telefono del magazziniere. Ma a quel punto si sono interrotte le comunicazioni con Consip. Inoltre il nostro assistito ha chiarito che la merce sarebbe stata pagata al fornitore solo una volta arrivata in Italia e a seguito dei controlli sulla qualità dei materiali… In questa vicenda è passata una immagine di Ieffi che non corrisponde al vero…”. L’imprenditore dovrà spiegare tante altre cose ai magistrati romani.