Nessuna notizia dei due presunti naufraghi a due anni dal loro incidente in mare o, per lo meno, di quello che sia presume sia stato un sinistro fra il loro veliero e un cargo battente bandiera di Hong Kong? Ma è andata proprio cosi?
La Spezia – Da due anni nessuna notizia di Aldo Revello e Antonio Voinea, i due velisti scomparsi nell’Oceano Atlantico il 2 maggio del 2018. Morti ammazzati dopo un tentativo di arrembaggio da parte di pirati o deceduti a seguito di uno speronamento? Dalle istituzioni italiane silenzio fitto e anche l’inquietante vicenda di alcune foto false passate alla stampa per dimostrare l’affondamento dello yacht di 14,5 metri dov’erano imbarcati i due skipper, lascia davvero basite soprattutto le famiglie dei due scomparsi che invocano verità e giustizia.
Revello e Voinea, rispettivamente di 54 e 33 anni, esperti di viaggi in alto mare, da La Spezia avrebbero dovuto raggiungere la Martinica, nei Caraibi, per poi ritornare in Italia a bordo della loro barca a vela, la Beneteau Oceanis Clipper 473, targata Olbia, di cui sono stati ritrovati in mare alcuni resti oltre a giubbotti di salvataggio, cibo in scatola e contenitori di carburante. Mentre i due stavano navigando, secondo una prima ricostruzione dei fatti, in condizioni meteo buone a circa 330 miglia nautiche a est di Sao Miguel, nell’arcipelago delle Azzorre, dall’Epirb (acronimo di Emergency position indicating Radio beacons, trasmettitore radio che indica la posizione d’emergenza), partiva un solo segnale di grave allarme. Poi il silenzio assoluto.
Un evento già di per sé inusuale e strano perchè quando si attivano i segnali di emergenza questi vengono vengono ripetuti diverse volte:”…Alle 13.30 di quel 2 maggio dell’anno scorso veniva emesso quell’unico segnale di Sos – racconta Rosa Cilano, 39 anni, moglie di Aldo Revello – ma non sappiamo se sia stato azionato manualmente o se sia partito a contatto con l’acqua. È la prima volta che succedeva: mio marito è un marinaio esperto, naviga da 20 anni per mestiere ma la sua passione per il mare l’aveva coltivata da quando ne aveva 18. Voglio sapere che cosa è accaduto veramente…”.
Le ricerche dei due presunti naufraghi venivano avviate con imbarcazioni militari e civili (l’Italia ha contribuito con un aereo C-295 dell’Aeronautica, una corvetta della Marina, due mercantili e un peschereccio) ma dei due amici skipper nessuna traccia. Revello e Voinea avevano trascritto nel diario di bordo che le condizioni meteo erano perfette e che nulla avrebbe potuto turbare quel viaggio durante il quale, scrivevano i due velisti, si cucinava, si dormiva e si guidava la barca alternandosi al timone. Insomma tutto procedeva per il meglio dunque che cosa può essere accaduto subito dopo? Poi la storia delle foto farlocche e del testimone fasullo che a tutti i costi volevano far credere ad una collisione gettano un’ulteriore manto di mistero sulla sparizione, fin troppo repentina, dei due uomini. Un tentativo di depistaggio? Perché?
La Procura di Roma apriva un’inchiesta sia sul teste, che in un primo momento sembrava attendibile, sia sulle foto ma sino ad oggi le indagini pare non abbiamo portato a nulla. Un dato certo però rimane: le cinque miglia di distanza fra le coordinate dall’allarme-lampo lanciato dal trasmettitore Epirb in dotazione allo yacht di Revello e Voinea alle 14,38 del 2 maggio 2018 (37° 34’ N – 18° 04’, 03 W) e la rotta del sedicente cargo autore della presunta collisione, rilevata dal satellite, corrisponderebbero esattamente alla verità.
Dunque quel mercantile, che batteva bandiera di Hong Kong, di proprietà di una società belga, pare avesse partecipato sul serio alle ricerche dei due naufraghi, su ordine della Guardia Costiera Portoghese, dopo il Mayday raccolto dalla stazione di Delgada tramite il sistema radio satellitare Cospas Sarsat:”…Ma quell’Epirb era datato, capace di produrre errori di localizzazione anche importanti – aveva dichiarato a suo tempo Rosa Cilano – ma questo non esclude lo speronamento…”.
Se lo scontro con il cargo avesse avuto quale effetto l’affondamento immediato dello yacht i due naufraghi, che avrebbero assistito all’avvicinarsi minaccioso della grossa imbarcazione, potevano comunque mettersi in salvo gettandosi per tempo dal veliero. Se invece fossero stati aggrediti da qualcuno, in alto mare, e per chissà quale scopo sarà difficile avere notizie di loro. Nell’attesa snervante le famiglie sperano molto nelle indagini della Procura romana.