PER TAPPARGLI LA BOCCA HANNO USATO IL TSO. LA PROCURA INDAGA.

Dario stava girando in macchina per le vie di Ravanusa, in provincia di Agrigento, invitando i concittadini a togliere le mascherine ed aprire le attività commerciali. Una forma di protesta pacifica contro le restrizioni imposte dal Governo per la pandemia. Il giovane è stato fermato dai carabinieri e finisce sotto trattamento sanitario obbligatorio. Tutto lecito? Il Tso è stato effettuato alla presenza di medici psichiatri che ne hanno rilevato l'assoluta necessità?

La Procura di Agrigento ha aperto un fascicolo per fare piena luce sul caso di Dario Musso, il 33enne sottoposto a Trattamento sanitario obbligatorio il 2 maggio scorso a Ravanusa, in provincia di Agrigento. Dario stava girando in macchina per le vie del paese siciliano invitando i concittadini a togliere le mascherine e ad aprire le attività commerciali. Una forma di protesta pacifica contro le restrizioni imposte dal Governo da quando è iniziata l’emergenza sanitaria. Quando viene fermato dai carabinieri Dario riprende la scena con il suo telefonino e, durante riprese, il giovane appare lucido e determinato a spiegare le proprie ragioni. In un attimo, però, accade il peggio: Dario viene tirato a forza fuori dall’auto e sottoposto a Tso. In un video che ritrae la scena dall’alto si vedono i militari e tre operatori sanitari con i camici bianchi (fra i quali non si sa se è o meno presente uno specialista in psichiatria, obbligatorio per legge) Dario Musso viene scaraventato per terra mentre uno degli operatori cerca in tutti i modi di fargli una puntura. Il 33enne viene sedato e portato nel reparto di Psichiatria dell’ospedale di Canicattì.  L’ordinanza di Tso è stata firmata dal sindaco Carmelo D’Angelo su proposta della dottoressa Maria Grazia Migliore, medico di base di Dario, che descrive il caso clinico come “scompenso psichico con agitazione psico-motoria“. La proposta del Tso viene poi convalidata dalla dottoressa Chiara Duminuco:

“…Né la dottoressa Migliore né la dottoressa Duminuco – dice l’avvocato Lillo Massimiliano Musso, fratello di Dario – hanno visitato mio fratello, non erano presenti al momento del Tso e, inoltre, Dario non è mai andato dalla dottoressa Migliore. Si può dire che nemmeno lo conosce…”.

Il momento del fermo

Dal momento in cui Dario viene ricoverato in ospedale, per la sua famiglia inizia un vero e proprio calvario. Le notizie arrivano con il contagocce, quasi nessuno risponde al telefono e chi alza la cornetta dagli uffici dell’ospedale di Canicattì gioca al rimpiattino addossando la colpa ad altri. Lillo Massimiliano Musso, nella qualità di fratello e di legale di Dario, documenta tutti i tentativi di mettersi in contatto con il reparto di Psichiatria del nosocomio siciliano ma prima di riuscire a mettersi in contatto con il fratello ci sono voluti ben 4 giorni. E dopo reiterate minacce di denunce e chiamate alle forze dell’ordine. L’avvocato e i genitori chiedono risposte che non arrivano: “…Ho chiesto di conoscere una diagnosi che non c’è – aggiunge l’avvocato Musso – ho chiesto inutilmente di sapere se Dario fosse sedato, ho pure sospettato che fosse morto…”. Insomma bocche cucite mentre la patata bollente rimbalza di mano in mano alla ricerca del capro espiatorio. Pare che tra l’avvocato Musso e l’attuale sindaco di Ravanusa, non corra buon sangue.

L’avv. Lillo Musso

Questo per motivi politici, ovviamente, ma arrivare ad un Tso come dispetto o per rispondere di un torto subito, magari in campagna elettorale, come malignano alcuni cittadini sembrerebbe davvero assurdo. Ma per il fratello di Dario, dietro il grave provvedimento sanitario, ci sarebbe la volontà politica di colpire proprio l’avvocato, storico avversario politico del primo cittadino. Da quel momento il legale avrebbe spostato la sua battaglia sui social, pubblicando atti, registrazioni audio o video, e parlando apertamente della sua famiglia, cercando così di anticipare le mosse di chi, nel tentativo di trovare una giustificazione a quanto accaduto, potesse iniziare a rendere pubblici gli scheletri nell’armadio di Dario Musso:

“…Mio fratello – continua l’avvocato Musso – ha piccoli precedenti per aver fatto uso di spinelli e, una volta, è stato arrestato e posto ai domiciliari per aver coperto un amico che aveva rubato una cuffia del valore di 13 euro, soldi subito restituiti al supermercato. È certamente un ribelle, fuori dalle righe ma non ha mai dato segni di squilibrio mentale, nessun medico ha mai riscontrato disagio psicologico o malattie psichiatriche…”.

https://www.youtube.com/watch?v=y2dAifsH_gs

Dario Musso proviene da quella che si può definire una famiglia stimata da tutti: il padre è un maresciallo dei carabinieri congedatosi anzitempo per via di un brutto incidente, la madre è insegnante come pure la sorella e poi c’è Lillo Massimiliano che ha aperto a Ravanusa uno studio legale che gode di ottima reputazione. Per il fratello di Dario non vi sono dubbi:

“…Siamo di fronte ad un’aberrante violazione della libertà individuale di una persona colpevole di aver manifestato pubblicamente il suo pensiero, per quanto espresso illecitamente con l’utilizzo del megafono. Il TSO è stato disposto in violazione dell’articolo 21 della Costituzione per cui tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione…”.

Nel ricorso presentato al tribunale di Agrigento, l’avvocato Musso sottolinea che la documentazione relativa al Tso sarebbe carente ed evidenzia non un’alterazione psicologica patologica bensì uno scompenso psichico con una specifica «agitazione psico-motoria». Insomma per il fratello del povero Dario non c’erano i presupposti per poter effettuare un Tso ritenuto del tutto illegittimo.

Carmelo D’Angelo

A questo punto i presunti reati contestati andrebbero dall’abuso di atti di ufficio al falso in atti e, di conseguenza, al sequestro di persona e violazione dei diritti umani. “…Mio fratello – conclude l’avvocato Musso – è stato trattenuto con la forza, sedato e costretto a letto, qualcuno dovrà pagare per questo…”. Il sindaco del Comune agrigentino tirato in ballo ha diramato un comunicato stampa spiegando la propria posizione:

“…Una opinione e financo un reato d’opinionescrive il sindaco Carmelo D’Angelo – non innescano un trattamento sanitario obbligatorio. L’ordinanza per il Tso di un paziente è un atto adottato in esecuzione di proposta proveniente dai medici il cui giudizio scientifico sfugge dalla competenza di chi non ha quella professionalità. La proposta di intervento sanitario è disposta dal medico curante, viene successivamente convalidata da un medico del dipartimento di Salute mentale dell’Asp infine il sindaco la dispone. Tutto il procedimento viene convalidato dal giudice Tutelare competente. Cosa che è realmente accaduta nella vicenda in esame. Il sindaco agisce in qualità di autorità Amministrativa e Sanitaria, nonché di tutore dell’ordine pubblico cittadino che si avvale di operatori sanitari nell’espletamento delle sue competenze. Il personale sanitario e le forze dell’ordine hanno agito secondo protocollo nel rispetto delle norme. Auguro buona salute al ragazzo oggetto del provvedimento sperando in un suo totale e tempestivo recupero. Invito quanti stanno pesantemente strumentalizzando la vicenda ad abbassare i toni nell’interesse di tutti. L’Amministrazione, in ogni caso, darà mandato ad un legale per porre in essere tutte quelle iniziative giudiziarie per tutelare l’onore e la reputazione dei cittadini di Ravanusa, dell’Istituzione “Comune di Ravanusa” ed infine del sindaco…”.

La vicenda avrà un seguito nelle aule di giustizia. 

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