La premier: “Dossieraggi intollerabili, si profila eversione”. Si studia stretta su spioni

Crosetto si chiede se c’è un filo rosso tra le inchieste in corso. La Russa insorge: “Disgustato che miei figli debbano pagare per cognome”.

Roma – Sul fenomeno dei dossieraggi sotto la lente dei magistrati di Milano, la premier Giorgia Meloni arriva a pronunciare la parola “eversione”: “Nella migliore delle ipotesi c’è un sistema di ricatto ed estorsione, ma nella peggiore siamo davanti al reato di eversione”. La presidente del Consiglio non ha scordato l’inchiesta della procura di Bari sull’accesso ai conti bancari di persone note e il caso del conto spiato di sua sorella: “Credo che si accaniscano su Arianna perché non ha le tutele che posso avere io, ma colpire lei – avverte – è come colpire me”.

La premier nell’ultimo libro di Bruno Vespa afferma che “inchieste dicono che il dossieraggio su di me è cominciato già alla fine del governo Draghi quando si capiva che sarei potuta andare al governo. Sulla vicenda dei dossieraggi mi aspetto che la magistratura vada fino in fondo, perché, nella migliore delle ipotesi, alla base di questo lavoro c’era un sistema di ricatto ed estorsione, ma nella peggiore siamo davanti al reato di eversione. Nessuno Stato di diritto può tollerare una cosa del genere”.

Ma ci sarà un collegamento tra le varie inchieste sui dossieraggi in corso? Se lo chiede il ministro della Difesa Guido Crosetto. Sui dossieraggi “sarebbe importante sapere se esiste un filo rosso”, dice. “Da quando ho lanciato l’allarme sui poteri affidati dallo Stato per la sicurezza e la giustizia ed utilizzati da alcuni, molti, per scopi illeciti, illegali ed illegittimi, si è aperto – osserva Crosetto – un vaso di Pandora. Ora in tanti stanno capendo ed ammettono, i più – osserva ancora – tacciono e quelli che continuano a sminuire lo fanno evidentemente in autotutela”.

Insorge anche il presidente del Senato Ignazio La Russa, che con il figlio Geronimo e l’ex premier Matteo Renzi è nel mirino del dossieraggio con i dati rubati alle banche dati. “Ora l’unica cosa che mi premerebbe sapere – ha sottolineato – è chi possa aver commissionato il dossieraggio contro lamia famiglia”. E non usa mezzi termini: “Sono disgustato dal fatto che ancora una volta i miei figli, Geronimo e Leonardo, debbano pagare la ‘colpa’ di chiamarsi La Russa, se risulterà confermato che anche loro sono stati spiati”.

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa

A destare l’allarme di inquirenti e investigatori è un dialogo intercettato che fa temere che la rete sotto inchiesta sia arrivata in qualche modo al Quirinale. Uno degli arrestati avrebbe parlato dell’invio a “venti persone, più tre mail, una mail intestata a Mattarella, con nome e cognome che se vanno a vedere l’account è intestato al Presidente della Repubblica”. Si tratta di una sola intercettazione in mano al pm Francesco De Tommasi, che coordina l’indagine con l’aggiunto Alessandra Dolci e il procuratore Marcello Viola, su cui verranno fatti i riscontri con una maxi consulenza tecnica che riguarderà tutto il materiale sequestrato due giorni fa. A ciò si aggiungono anche i dossier su Carlo Sangalli, attuale presidente di Confcommercio-Imprese per l’Italia, della Camera di commercio Milano Monza Brianza Lodi e di Confcommercio Milano tra i tanti e addirittura sull’avvocato siciliano Piero Amara,

Nella maggioranza si punta a una stretta sugli ‘spioni’. Il partito di Matteo Salvini annuncia una proposta in Parlamento per “punire ancora più severamente chi viola la privacy per ricattare e condizionare”. Anche il Guardasigilli Carlo Nordio ha parlato di allineare le norme: “I malintenzionati sono sempre più avanti rispetto agli stessi Stati, sono riusciti ad hackerare persino il Cremlino, – dice il ministro della Giustizia – dobbiamo attivare gli sforzi per allineare la normativa vigente ma anche lavorare di fantasia perché dobbiamo prevedere quello che i malintenzionati potranno fare”. “La storia dei dossier è inaccettabile, una minaccia alla democrazia”, dice il vicepremier e segretario di FI, Antonio Tajani, “Non è escluso peraltro che questi dati siano utilizzati anche da chi è nostro nemico dal punto di vista geostrategico, non è escluso che li utilizzino anche la Russia e i Paesi che non sono certamente nostri amici”. Il responsabile sicurezza Pd, Matteo Mauri, accusa invece il governo del fatto che “sono ormai due anni che è in carica e che continua a pontificare sulla cybersicurezza. Ma in realtà in questo periodo tutti i dati ci dicono che la situazione è molto peggiorata”.

Matteo Piantedosi

Intanto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha dato mandato al capo della polizia, Vittorio Pisani, di acquisire dall’autorità giudiziaria gli atti di indagine utili per avviare verifiche “su ipotizzati accessi abusivi alle banche dati del ministero o sull’utilizzo illecito delle stesse”. Su questo fronte peraltro, viene aggiunto, “sta operando al Viminale una commissione di specialisti già in precedenza istituita dal ministro anche per definire eventuali ulteriori misure e procedure a protezione delle strutture informatiche interforze”.

Anche la commissione Antimafia discuterà dell’inchiesta sui dati rubati della Procura di Milano. Domani l’ufficio di presidenza della commissione si riunirà e deciderà se acquisire gli atti dell’inchiesta. I magistrati hanno rilevato che la banda di spie, che ha carpito una mole impressionante di informazioni da banche dati nazionali compresi file classificati, gode “di appoggi di alto livello, in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e quello dei servizi segreti, pure stranieri”.

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