I consulenti scrivono: “Gli sono state curate con urgenza metastasi cerebrali che al momento della morte si è scoperto non esistere”.
Roma – Un’endocardite infettiva che si sarebbe potuta curare con una serie di antibiotici. Questo avrebbe ucciso il giornalista Andrea Purgatori morto il 19 luglio dello scorso anno. La novità su cosa abbia causato la morte del giornalista arriva dalla perizia della procura di Roma, anticipata oggi dal Corriere della Sera, il quotidiano per il quale Purgatori ha lavorato e condotto importanti inchieste giornalistiche. La malattia, scrivono in sostanza i periti, non è stata mai diagnosticata ma sarebbe stata possibile debellarla ‘con una
efficace cura antibiotica’, mettono nero su bianco i medici legali incaricati dai pm capitolini di capire le cause del decesso di Purgatori e se ci siano state negligenze e sviste da parte dei medici che lo hanno avuto in cura.
Lo scorso 21 marzo, proprio per appurare la verità sulla morte del conduttore della trasmissione Atlandide, il gip di Roma, nell’ambito dell’indagine avviata in Procura e che vede indagati quattro medici per omicidio colposo, aveva affidato la maxi perizia. Nell’ambito dell’incidente probatorio, che era stato sollecitato nei mesi scorsi dai pm, il giudice aveva chiesto inoltre agli specialisti incaricati di fare chiarezza sulla presenza di metastasi e di tentare di accertare come e quando fosse partita l’infezione cardiaca.
La perizia sembra quindi tracciare le prime risposte ai molti interrogativi che la morte di Purgatori aveva sollevato. Nel registro degli indagati sono iscritti il radiologo Gianfranco Gualdi, il suo assistente Claudio Di Biasi e la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo, entrambi appartenenti alla sua equipe, e il cardiologo Guido Laudani, che ebbe in cura Purgatori. L’atto istruttorio irripetibile era stato chiesto dalla Procura capitolina nelle scorse settimane alla luce di una consulenza che era stata disposta per cercare di chiarire il quadro clinico del giornalista deceduto a 70 anni.
Nell’atto di richiesta vengono citate le conclusioni della consulenza. “In estrema sintesi” l’accertamento “evidenzia che il giornalista, pur affetto da tumore polmonare in metastasi, è deceduto per le conseguenze di una endocardite infettiva che ha indotto nel paziente una diffusa embolizzazione sistemica. Una patologia – si legge – non individuata in tempo utile per poter avviare tempestivamente le cure idonee, e proprio in relazione alla sua omessa e comunque tardiva diagnosi” si è proceduto all’iscrizione del cardiologo. Nessun accertamento clinico, laboratoristico e strumentale alla diagnosi di endocardite infettiva. “Omissioni – è scritto nella consulenza – che risultano ascrivibili a imperizia e non rispondenti alle buone pratiche cliniche da noi individuate in letteratura”.
“Sarebbe stato certamente opportuno – annotano gli esperti nella perizia – eseguire un set di emocolture e richiedere una consulenza infettivologica. Gli accertamenti indicati avrebbero potuto intercettare il patogeno responsabile degli eventi febbrili e dell’endocardite infettiva con successiva richiesta di trasferimento in altra struttura”. La perizia ha escluso anche la presenza di metastasi cerebrali indicate dal professor Gualdi e aggredite con una radioterapia dagli effetti collaterali problematici. “Ad Andrea sono state diagnosticate e curate con urgenza metastasi cerebrali che al momento della morte si è scoperto non esistere. E questo ha portato a uno sviamento della corretta diagnosi e terapia”, l’amaro commento della famiglia Purgatori,
assistita dall’ avvocato Alessandro Gentiloni Silveri.