Ex agente del Sismi, protagonista controverso degli anni di piombo, si è spento a 79 anni a Sarzana. Un uomo al centro di tutti i grandi enigmi della Repubblica: dalla P2 al caso Orlandi, dal Banco Ambrosiano alla strage di Bologna.
Sarzana – Sabato 21 giugno, all’ospedale di Sarzana (La Spezia), si è spenta una delle figure più controverse e misteriose della storia italiana recente. Francesco Pazienza, ex agente del Sismi e faccendiere, è morto all’età di 79 anni, portando con sé i segreti di una vita vissuta al crocevia dei più oscuri episodi della nostra Repubblica.
La sua morte segna la fine di un’epoca, quella degli anni di piombo e dei servizi deviati, quando uomini come lui si muovevano nell’ombra tra politica, massoneria e servizi segreti, intessendo trame che ancora oggi faticano a trovare una verità definitiva.
Dal Tarantino al Golfo dei Poeti: una vita tra luci e ombre
Nato a Monteparano, in provincia di Taranto, il 17 marzo 1946, Francesco Pazienza aveva costruito la sua esistenza su una serie di identità multiple: medico chirurgo laureato alla Sapienza di Roma, consulente finanziario, agente segreto, massone e, come lui stesso rivendicava, “faccendiere”, un termine che sosteneva essere stato coniato appositamente per lui da Eugenio Scalfari.

Negli ultimi anni aveva scelto una vita più riservata, ritirandosi in una villa a Lerici, nel Golfo dei Poeti, dove ha trascorso i suoi ultimi giorni lontano dai riflettori che lo avevano accompagnato per decenni. Una location simbolica per un uomo che aveva sempre amato muoversi tra realtà e finzione, tra verità dichiarate e segreti celati.
L’ingresso nei servizi segreti e il primo scandalo
La carriera di Pazienza come figura di primo piano delle trame italiane inizia negli anni ’70 in Francia, dove lavora come consulente finanziario. Ma è alla fine del decennio che entra nel Sismi, il Servizio informazioni e sicurezza militare, dove rimane solo due anni prima di essere travolto dai primi scandali.

Il suo coinvolgimento nella strage di Bologna del 2 agosto 1980 e nello scandalo della loggia massonica segreta P2 di Licio Gelli lo costringono ad abbandonare i servizi segreti. Fu coinvolto in numerosi misteri italiani: dalla strage di Bologna al Banco Ambrosiano, diventando un protagonista suo malgrado della stagione più buia della Repubblica.
Il depistaggio di Bologna: una condanna definitiva
Uno degli episodi più gravi che lo vedono protagonista riguarda proprio la strage di Bologna. Mentre le indagini si orientavano verso l’eversione neofascista, Pazienza, insieme ai generali Musumeci e Belmonte, orchestrò un clamoroso depistaggio: fece collocare una valigia esplosiva su un treno diretto a Taranto per alimentare la falsa pista dei terroristi palestinesi.
Per questo crimine fu condannato nel 1988 per aver tentato di depistare le indagini sulla strage di Bologna, sistemando lo stesso tipo di esplosivo in un treno Milano-Taranto nel 1981. Nel 1990, la sua condanna fu ribaltata in appello ma un nuovo processo terminò con una condanna definitiva nel 1995.
Una condanna che Pazienza non ha mai accettato, continuando fino all’ultimo a professarsi innocente. “Non ho bisogno di discolparmi”, scriveva nel suo libro autobiografico “La versione di Pazienza”, “però alcune cose voglio raccontarvele”. E di storie da raccontare ne aveva certamente molte.
Il Super-Sismi: una struttura nell’ombra
Tra gli episodi più oscuri che lo vedono coinvolto c’è quello del cosiddetto “Super-Sismi”, una presunta struttura deviata all’interno dei servizi segreti militari. Questa organizzazione parallela sarebbe stata attiva nei depistaggi sulla strage di Bologna, nella trattativa con i camorristi per la liberazione di Ciro Cirillo ma anche in operazioni di influenza sulla politica americana, diffondendo notizie sui rapporti con la Libia del fratello di Jimmy Carter durante la campagna elettorale contro Ronald Reagan.

Alcuni documenti del SISDE lo indicano come membro di una loggia “coperta” chiamata Giustizia e Libertà, collegata alla massoneria di Piazza del Gesù. Sebbene la Corte d’Appello di Roma abbia smentito l’esistenza formale del Super-Sismi, i giudici hanno riconosciuto le attività concrete di Pazienza e di altri personaggi legati a questa presunta struttura, confermando il suo ruolo di primo piano nelle trame più controverse dell’epoca.
Il caso Cirillo: la trattativa con la camorra
Nel 1981, quando l’assessore democristiano della Regione Campania Ciro Cirillo viene rapito dalle Brigate Rosse, è proprio Francesco Pazienza a gestire i rapporti con la camorra di Raffaele Cutolo per ottenerne la liberazione. Un episodio che dimostra il suo peculiare ruolo di mediatore tra mondi apparentemente inconciliabili: servizi segreti, politica e criminalità organizzata.
La vicenda Cirillo rappresenta uno dei casi più emblematici della cosiddetta “trattativa Stato-camorra” e il coinvolgimento di Pazienza conferma il suo ruolo di figura chiave nelle zone grigie del potere italiano.
Ali Ağca e l’attentato al Papa: un mistero mai risolto
Nel 1981 il nome di Pazienza appare anche collegato all’attentato a Papa Giovanni Paolo II. Ali Ağca, il terrorista turco che sparò a Wojtyla in Piazza San Pietro, sostenne di aver ricevuto una visita del faccendiere mentre era detenuto nel carcere di Ascoli Piceno. Una circostanza che Pazienza ha sempre smentito categoricamente ma che ha contribuito ad alimentare le speculazioni sul suo ruolo in uno dei misteri più grandi del Novecento.

Il caso dell’attentato al Papa rimane uno degli episodi più controversi della biografia di Pazienza, a conferma del fatto che il suo nome sia sempre stato associato ai grandi enigmi della storia italiana, spesso senza prove definitive ma sempre con un alone di mistero.
Il crack del Banco Ambrosiano: denaro e potere
Forse il capitolo più significativo della vita di Pazienza riguarda il fallimento del Banco Ambrosiano e la morte di Roberto Calvi, il banchiere trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra nel 1982. Secondo le ricostruzioni giudiziarie, Calvi si era rivolto a Pazienza per ottenere aiuto nelle sue difficoltà economiche e il faccendiere aveva ottenuto del denaro in cambio della sua mediazione con gli ambienti finanziari internazionali.

Per questo coinvolgimento, Pazienza fu condannato per associazione a delinquere pur continuando sempre a sostenere la sua versione dei fatti: “Il Banco Ambrosiano non fallì, fu fagocitato da diversi parassiti. È giunta l’ora di ristabilire la verità”, scriveva nel suo libro autobiografico.
Il caso Orlandi: un’ombra che persiste
Il nome di Francesco Pazienza è stato associato anche alla scomparsa di Emanuela Orlandi, la quindicenne, cittadina vaticana, sparita nel nulla il 22 giugno 1983. Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha commentato la morte di Pazienza ribadendo: “Il mio pensiero è lo stesso di ieri, di oggi e lo stesso sarà anche domani”, lasciando intendere come la morte del faccendiere non cambi nulla nella ricerca della verità sulla sorella.
Il coinvolgimento di Pazienza nel caso Orlandi è sempre rimasto nel campo delle ipotesi e delle speculazioni ma nel labirinto di questo mistero il suo nome è stato spesso fatto circolare in relazione ai possibili collegamenti tra la scomparsa della ragazza e le trame dei servizi segreti.
Gli anni dell’esilio e il ritorno in Italia
Dopo lo scandalo P2 e il coinvolgimento nelle varie inchieste, Pazienza si rifugia negli Stati Uniti, dove viene arrestato nel 1985 a New York, con passaporti falsi e carte compromettenti, avendo in tasca la verità su uno dei più grandi scandali finanziari della storia repubblicana.
Dal 1984 inizia il suo calvario: accusato di aver avuto un ruolo centrale nel crack dell’Ambrosiano e di aver contribuito al depistaggio sulle indagini per la Strage di Bologna, viene arrestato a New York. Estradato con modalità ben poco ortodosse, passerà nelle patrie galere circa tredici anni.
Nel 2007, dopo aver scontato le sue condanne, viene rimesso in libertà vigilata. Negli ultimi anni aveva scelto una vita più appartata, dedicandosi alla scrittura e cercando di ricostruire la sua versione dei fatti in quello che considerava il processo di revisione storica della sua figura. Un tentativo di riscatto che, però, non è mai riuscito a cancellare completamente l’alone di mistero che lo circondava.
La massoneria e i collegamenti occulti
Pazienza ha sempre ammesso di essere stato vicino agli ambienti massonici, dichiarando di essere stato accolto “all’orecchio del Gran Maestro” della massoneria. È stato ritenuto da molti un membro della loggia massonica P2 pur avendo sempre negato di averne fatto parte, ammettendo invece di essere stato affiliato in qualche forma all’organizzazione massonica Grande Oriente d’Italia.
Questa ambiguità sui suoi rapporti con la massoneria riflette perfettamente il suo modo di muoversi sempre nelle zone grigie del potere, mantenendo contatti e influenze senza mai apparire completamente compromesso.
L’eredità di un’epoca
La morte di Francesco Pazienza chiude simbolicamente un capitolo della storia italiana, quello degli anni di piombo e delle trame segrete che hanno segnato la Prima Repubblica. Un’epoca in cui uomini come lui si muovevano in un mondo parallelo fatto di servizi deviati, logge massoniche segrete, rapporti con la criminalità organizzata e interferenze straniere.
La sua figura rappresenta tutte le contraddizioni di quegli anni: un uomo colto e raffinato, medico e intellettuale ma anche protagonista di alcune delle pagine più oscure della nostra storia. Un personaggio che ha sempre rivendicato la propria innocenza, sostenendo di essere stato utilizzato come capro espiatorio per coprire responsabilità più grandi.
La verità che se ne va
Con la morte di Francesco Pazienza, se ne va un pezzo importante della memoria di quegli anni bui. Un uomo che ha portato con sé molti segreti, molte verità mai dette, molte connessioni mai completamente chiarite. La sua scomparsa lascia inevitabilmente delle domande aperte sui grandi misteri della Repubblica: cosa sapeva realmente? Quali verità avrebbe potuto ancora rivelare?

Il “faccendiere”, come amava definirsi citando Scalfari, è stato fino all’ultimo fedele al suo personaggio: un uomo che si è sempre mosso nel grigio, tra verità e menzogna, tra servizio allo Stato e interessi personali, tra fedeltà e tradimento. La sua morte segna la fine di un’epoca e, probabilmente, la perdita definitiva di alcuni tasselli fondamentali per comprendere completamente i misteri italiani del Novecento.
Con Francesco Pazienza scompare non solo un uomo ma un intero mondo fatto di segreti, complicità e verità nascoste che hanno segnato la storia del nostro Paese. Un mondo che, forse, ora potrà essere giudicato con maggiore serenità storica ma che avrà per sempre alcune zone d’ombra su cui, soltanto Pazienza avrebbe potuto fare luce.