La guerra Ue contro gli Lgbtq: le polemiche. Il Papa: “Chiesa benedice tutti, non le unioni”

La sinistra sul piede di guerra per la mancata firma a Bruxelles del documento sui diritti omosessuali. Roccella: “Assomigliava a legge Zan”.

Roma – La guerra sulla questione Lgbtq non è solo italiana, varca i confini dell’Europa e investe anche il Vaticano, che benedice tutti ma non le unioni. C’è un gruppo di Stati a Bruxelles, tra cui l’Italia, che non ha firmato il documento che impegna i Paesi Ue a sostenere strategie nazionali per le persone Lgbtq+ e a sostenere la nomina di un commissario per l’uguaglianza. Il primo a insorgere nel Belpaese è il deputato del Pd Alessandro Zan, protagonista del ddl naufragato in Parlamento sulla questione, che attacca: in Ue c’è “un asse di stampo nazionalista con l’obiettivo di indebolire l’Europa e il rafforzamento del processo di integrazione”.

L’Unione europea “deve avere una sola voce in politica estera, un fisco comune ed essere vicina a tutte le cittadine e ai cittadini, come durante la pandemia. È un gruppo di Stati – insorge Zan – che vuole portarci indietro non solo sui diritti Lgbtq+, ma anche su quelli del lavoro, dell’ambiente, della cittadinanza”. E infatti, neanche a farlo apposta, il documento dell’Ue, ha sostenuto la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, assomigliava alla legge Zan: “Questa affermazione dimostra l’ignoranza di chi parla – replica il deputato dem – La Zan è una legge contro i crimini d’odio. Il documento dell’Ue – precisa – vuole abbattere ogni forma di discriminazione e le disparità di trattamento, ma attraverso la parità dei diritti e la piena inclusione di tutte le persone nella società. Anche perché i diritti riconosciuti ad alcune persone non tolgono niente a tutte le altre”. 

Alessandro Zan

Come spiegato da fonti del ministero della Famiglia però, il documento partiva dal giusto presupposto della lotta alle discriminazioni per favorire un approccio in realtà ideologico, sbilanciato cioè sui temi dell’identità di genere. Così, l’Italia, come sostiene Roccella, ha scelto di firmare l’istanza assieme a Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Secondo quanto previsto dal testo, gli Stati firmatari si impegnano “ad attuare strategie nazionali per le persone Lgbtiq+ e a sostenere la nomina di un nuovo commissario per l’uguaglianza quando sarà formata la prossima Commissione“. Inoltre, chiedono alla Commissione di perseguire e attuare una nuova strategia per migliorare i diritti delle persone Lgbtiq durante la prossima legislatura, stanziando risorse sufficienti e collaborando con la società civile“. Proponimenti che sembrano più che un tentativo di indirizzamento delle future politiche Ue, quale che sia la nuova maggioranza espressa dagli elettori del Vecchio Continente.

A confermare questo indirizzo è stata anche la premier Giorgia Meloni. “È nostro compito tenere alta L’attenzione della comunità internazionale sulle persecuzioni e sugli abusi che in molte nazioni del mondo, vengono ancora perpetrati in base all’orientamento sessuale“, ha affermato il presidente del Consiglio, lanciando un chiaro messaggio contro le discriminazioni. Ma alla sinistra non è bastato. La notizia della negata firma dell’Italia al documento belga ha fatto indignare oltremodo i progressisti, che subito hanno attaccato l’esecutivo. “Che rabbia e che vergogna questo governo che decide di non firmare una dichiarazione per le politiche europee a favore delle persone Lgbtq+. Non è accettabile”, ha affermato la segretaria del Pd Elly Schlein, accusando l’esecutivo di “fare campagna sulla pelle delle persone discriminate”.

La ministra Eugenia Roccella

Netta la replica di Eugenia Roccella: “Ancora una volta la sinistra non ha il coraggio delle proprie posizioni e preferisce nascondersi dietro le solite bugie. Il governo italiano è in prima linea contro ogni discriminazione in tutto il mondo, da qualsiasi parte provenga, mentre la sinistra usa la sacrosanta lotta – ha dichiarato l’esponente del governo – contro le discriminazioni legate all’orientamento sessuale come foglia di fico per nascondere il suo vero obiettivo, e cioè il gender“.

Sulla vicenda interviene anche l’ex leghista Flavio Tosi, oggi candidato alle europee con Forza Italia: “Il problema è che quella questione è legata ad alcuni principi. Come Fi difendiamo gli orientamenti religiosi e scelti. Ma l’approccio di quel documento era di promuovere il gender. Bisogna leggerlo per capire perché non abbiamo firmato”, spiega. E risponde a Zan: “No, non c’è un nuovo asse europeo tra i Paesi dell’Est ex comunisti e l’Italia. Roma rimane uno dei quattro grandi Paesi che costituiscono l’asse portante dell’Unione Europea insieme a Germania, Francia e Spagna”. Secondo Tosi “non ha vinto la linea Vannacci. Combattere
contro le discriminazioni è nel Dna di questo governo e di Forza Italia. Il generale non è nel governo. Al massimo è un problema di Salvini”.

Papa Francesco

Per l’esponente di FI “i diritti inviolabili guai a chi li tocca. Ognuno deve avere la sua libertà e questo è un
principio inviolabile. Ma in alcuni Paesi europei si promuove l’ideologia gender, sbagliando. Anche il laicismo francese non aiuta l’Europa. Abbiamo un problema di natalità e quella dovrebbe essere la principale preoccupazione dell’Ue. In Italia i diritti Lgbtq+ sono tutelati e difesi”. A chiudere la questione è il Papa: “La Chiesa benedice tutte le persone, non le unioni omosessuali”, ha ribadito Bergoglio in una intervista
alla Cbs diffusa integralmente oggi. Il Papa ha osservato che l’omosessualità è una “condizione umana”.

“Quello che ho permesso – ha detto Papa Francesco – non era di benedire l’unione. Questo non può essere fatto perché quello non è il sacramento. Non posso. Il Signore ha fatto così. Ma benedire ogni persona, sì. La benedizione è per tutti. Per tutti. Benedire un’unione di tipo omosessuale, però, va contro il diritto dato, contro la legge della Chiesa. Ma per benedire ogni persona, perché no? La benedizione è per tutti. Qualcuno ne è rimasto scandalizzato. Ma perché? Tutti! Tutti!”.

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