Cittadinanzattiva stila una mappa degli rincari sulle bollette: aumenti di 500 euro a famiglia. Frosinone la provincia più cara, bene Milano.
Roma – Si celebra oggi la Giornata mondiale dell’acqua, un bene molto prezioso da custodire e da non sprecare. Per l’occasione, il XX Rapporto sul servizio idrico integrato stilato dall’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, ha stilato una mappa dei rincari da Nord a Sud. Ebbene, lo scorso anno la bolletta dell’acqua ha registrato aumenti del 4%. Nel 2024 una famiglia tipo composta da tre persone e consumi di 182 metri cubi ha speso in media 500 euro, 19 in più rispetto a 12 mesi prima. Negli ultimi cinque anni le tariffe a livello nazionale hanno visto aumenti pari al 23%. Quest’anno il tema clou della Giornata è la conservazione dei ghiacciai. Ma a livello pratico e di impatto sulla quotidianità quello che preoccupa maggiormente i cittadini è l’aumento della bolletta. E anche la politica deve fare i conti con la situazione.
Il report mostra differenze sensibili tra i territori. La bolletta dell’acqua può registrare differenze significative di costo anche tra le province site nella stessa regione. Nel Lazio, tra Frosinone e Latina la forbice tocca i 547 euro a vantaggio del capoluogo pontino. Sbalzi analoghi sulle tariffe emergono in Sicilia, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Friuli-Venezia Giulia. Il Molise conferma il primato di regione dove la bolletta idrica pesa meno sul bilancio familiare: 234 euro, dato invariato rispetto al 2023. Mentre la Toscana registra la spesa più elevata con 748 euro, oltre 2 punti percentuali in più in un anno. Secondo l’Osservatorio, lo scorso anno i rincari maggiori sull’acqua si sono concentrati in Emilia-Romagna e in Abruzzo, entrambe con percentuali superiori all’8,5%. Per quanto riguarda le province più care, nel 2024 Frosinone conferma il primo posto in classifica: in Ciociaria la spesa annua per la bolletta dell’acqua sfiora i mille euro (917), oltre 5 punti e mezzo in più in un anno.

Al contrario Milano conquista il primato di capoluogo più economico: 185 euro. Un secondo capoluogo del Lazio registra invece il decremento più significativo: a Latina le tariffe sono costate in media il 37% in meno rispetto allo stesso periodo 2023. Salerno riporta i rincari maggiori, oltre il 16% in più, seguito da Novara, Verbania e Rovigo con percentuali che oscillano tra l’11 e il 13%. Limitando il campo ai soli capoluoghi di provincia, a Potenza la dispersione idrica ha toccato il 70%. Il dato negativo riguarda una regione, la Basilicata, che per mesi ha affrontato un’emergenza idrica con razionamenti delle forniture esacerbate da siccità prolungata e infrastrutture obsolete.
Ma il tema della dispersione idrica è nazionale: ad appesantire il costo in bolletta sono infatti anche i dati sugli sprechi dell’acqua. Stando ai dati Istat, nel 2022 la dispersione idrica a livello nazionale ha raggiunto il 42,4% con picchi al Sud e nelle Isole. In Basilicata, per esempio, oltre il 65% dei volumi d’acqua immessi in rete finiscono perduti, un dato analogo all’Abruzzo (62,5%). Rispetto al 2022 peggiora anche la Valle d’Aosta che disperde meno di un terzo d’acqua, 12 punti sotto la media nazionale. Per Tiziana Toto, responsabile nazionale delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva, l’Italia mostra segnali di affanno nel garantire un “accesso equo e sostenibile” all’acqua, tema strategico dell’Agenda Onu 2030. “Se da un lato è fondamentale che i cittadini adottino comportamenti di consumo più responsabili e consapevoli, altrettanto importante è una gestione più efficiente delle risorse da parte della governance del servizio idrico finalizzata a ridurre gli sprechi, migliorare le infrastrutture e favorire il riutilizzo delle acque”, afferma Toto.

Interessante è la ricetta elaborata da Erica Mazzetti, deputata di Forza Italia e responsabile nazionale dipartimento Lavori pubblici di FI, snocciolata nel corso di un convegno al Cnel sul Piano nazionale investimenti infrastrutture per la sicurezza del settore idrico, promosso da Utilitalia e Utilitatis. Trattenere la risorsa idrica, migliorare l’efficienza della rete di distribuzione, ridurre drasticamente le dispersioni, oggi stimate addirittura al 40%: a queste sfide non si deve rispondere solo sull’onda dell’emergenza, ma in modo strutturale con un’idonea pianificazione, mettendo tutto a sistema”, ha detto sottolineando che sono “obiettivi contemplati nel Piano nazionale investimenti infrastrutture per la sicurezza del settore idrico all’interno del Pnrr, uno strumento cui dare implementazione con una strategia nuova, soprattutto dal punto di vista gestionale”.
Ci sono già stati “importanti interventi in materia, – ha fatto notare Mazzetti – come il decreto Siccità e l’insediamento di una Cabina di regia con un commissario straordinario: ciò ha rappresentato una prima forte semplificazione, come il nuovo codice appalti”. Il Pnrr, inoltre, ha stanziato ingenti somme per efficientare il settore idrico, partendo dai progetti per la riduzione delle perdite e delle difformità tra Nord e Sud. Sono fondi importanti, nonostante la scadenza ravvicinata crei notevoli problemi”. La deputata di Forza Italia fa notare che “ci sono, infatti, dei progetti in stato avanzato da portare a conclusione entro il 2026, anche se molto spesso questi rappresentano solo una prima risposta al problema e occorreranno nuove risorse e capacità di progettazione moderna e flessibile”.

“Partire – ha sottolineato la deputata azzurra – dal fare una mappatura della scarsità idrica su tutto il territorio nazionale, stabilendo le priorità zona per zona, e, con analisi precise, progettare le opere necessarie e, nell’era dell’intelligenza artificiale è più semplice, anche grazie alla tecnologia e la professionalità, stabilire il fabbisogno e, dunque, capire quali infrastrutture sono necessarie e quali da migliorare e integrare in un sistema pianificato, anche con il riuso sia nelle acque reflue industriali sia residenziali, senza dimenticare il continuo monitoraggio”. “Bisogna essere consapevoli che andrà implementato un intervento pubblico-privato sostenibile, consapevoli che l’acqua è vita”, ha concluso Mazzetti. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin intende “andare
avanti in modo deciso per arrivare a un centinaio di gestori e anche meno”. Perché, per investire su un sistema idrico inefficiente come quello italiano in cui ci sono ancora troppi sprechi, occorrono “spalle robuste per fare gli investimenti”. Lo ha sottolineato lo stesso Pichetto intervenuto alla Camera all’evento “Acqua, cura della risorsa e accesso universale”.
Il ministro ha rilevato come vi siano ancora nel sistema idrico italiano “il 42% di perdite rispetto agli acquedotti. La sfida che abbiamo sul sistema idrico è superare i 2.400 gestori, erano 2.391 ultima volta che ho letto lo stato dell’arte. Stiamo andando avanti perché dobbiamo avere gestori più robusti per fare investimenti e rinnovare gli acquedotti”. “Voglio andare avanti in modo deciso e determinato – ha detto
Pichetto – per arrivare a 100 gestori e anche meno per spalle robuste per fare grandi investimenti che dobbiamo avere sui bacini e sulle dighe che servono per raccogliere acqua e regolarla, sono la garanzia idrica e irrigua”.

Come evidenzia il rapporto di Cittadinanzattiva, i risparmi in bolletta sono possibili a partire dalla riduzione dei consumi d’acqua. Ipotizzando una soglia di 150 metri cubi all’anno, la spesa scenderebbe a 394 euro, 106 in meno rispetto al valore medio preso in esame. Mentre per i nuclei di 3 persone con Isee fino a 9.530 euro beneficiari del bonus sociale idrico, Cittadinanzattiva calcola per quest’anno risparmi intorno ai 110 euro.
Secondo il report, al Sud e nelle Isole si concentra la quota maggiore di utenti che esprime diffidenza nei confronti dell’acqua che sgorga dal rubinetto. In Sicilia e in Sardegna oltre il 53% dichiara di non fidarsi a berla, a fronte di una media nazionale che sfiora il 29%. Di contro, l’Italia si afferma come il Paese che in Europa consuma più acqua in bottiglia con una media annua di 208 litri pro capite. A livello globale, al primo posto si piazza il Messico con una media che supera i 244 litri pro capite.

E infine ci sono i dati diffusi l’estate scorsa dalla Cgia di Mestre: in Italia ogni 100 litri di acqua immessi in rete per usi civili ne arrivano all’utente poco meno di 58. Gli altri 42 si perdono lungo le infrastrutture idriche, per un valore complessivo di 3,4 miliardi di metri cubi dispersi. Le differenze territoriali sono evidenti. Si va da punte del 70% circa di acqua sprecata a Potenza, Chieti e L’Aquila fino a più o meno il 9% di Pavia e Como, le città più virtuose. “In un periodo in cui nel Mezzogiorno non piove dallo scorso inverno e le temperature in questi mesi estivi hanno raggiunto livelli spaventosamente elevati, – affermava il dossier – avere in questa ripartizione geografica una dispersione superiore al 50% dell’acqua potenzialmente utilizzabile è un vero e proprio delitto”.
Secondo la Cgia, ogni giorno in Italia per uso civile consumiamo 25 milioni di metri cubi d’acqua. La dispersione è riconducibile a più fattori: “Alle rotture presenti nelle condotte, all’età avanzata degli impianti, ad aspetti amministrativi dovuti a errori di misurazione dei contatori e agli usi non autorizzati (allacci abusivi)”. Inoltre, “la presenza di fontanili nei centri urbani, soprattutto nelle zone di montagna, può dar luogo a erogazioni considerevoli e di conseguenza a elevate perdite. Nella campagna romana e abruzzese inoltre, i fontanili sono degli abbeveratoi in muratura utilizzati dagli agricoltori e dagli allevatori nelle tenute e nei recinti per il bestiame”. La maggior parte delle riserve va proprio all’agricoltura (41%), seguita dagli usi civili (24%), il 20% per l’industria e il 15 per l’energia elettrica. Sia in agricoltura che nell’industria siamo il Paese che registra i consumi idrici più elevati in Ue.

Le crisi idriche minacciano la pace nel mondo: oggi ci sono 2,2 miliardi di persone che vivono ancora senza accesso all’acqua potabile gestita in modo sicuro mentre 3,5 miliardi non hanno accesso a servizi igienico-sanitari sicuri. Lo rileva, nella Giornata mondiale dell’acqua che si celebra ogni 22 marzo, il nuovo rapporto pubblicato dall’Unesco, per conto dell’Un-Water, organismo dell’Onu che coordina il lavoro sull’accesso all’acqua. L’obiettivo delle Nazioni Unite di garantire questo accesso per tutti entro il 2030 è lontano dall’essere raggiunto. C’è motivo di temere che tali disuguaglianze possano continuare ad aumentare. Tra il 2002 e il 2021 la siccità ha colpito più di 1,4 miliardi di persone, ricorda l’Unesco aggiungendo che “a partire dal 2022, circa la metà della popolazione mondiale ha sperimentato una grave scarsità d’acqua per almeno una parte dell’anno, mentre un quarto ha dovuto affrontare livelli ‘estremamente elevati’ di stress idrico, utilizzando oltre l’80% della fornitura annuale di acqua dolce rinnovabile. Si stima che il cambiamento climatico aumenterà la frequenza e la gravità di questi fenomeni, con forti rischi per la stabilità sociale.
Anche il Wwf rilancia l’allarme: “L’Europa (e l’Italia) non sono preparate al rischio climatico e l’acqua è tra i principali protagonisti (in negativo) di questo rischio. Dopo il VI rapporto Ipcc e i numerosi studi, anche italiani, la Valutazione del Rischio Climatico dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, pubblicata pochi giorni fa, conferma che le ondate di calore e le siccità prolungate sono in aumento in Europa con il cambiamento climatico, particolarmente nei Paesi del Mediterraneo”. La riduzione degli sprechi – conclude la ong – deve avvenire attraverso la diffusione dei metodi più efficienti di irrigazione in agricoltura, l’ammodernamento della rete di distribuzione idrica per usi civili che ad oggi registra perdite fin oltre il 50% (una perdita “fisiologica” non dovrebbe superare il 12/15%). Inoltre, prima di pensare a realizzare nuovi invasi, è indispensabile recuperare la capacità di quelli esistenti, che è gigantesca (oltre 8 miliardi di metri cubi), garantendone, innanzitutto, la corretta manutenzione fino ad ora mancata”.