Le proteste #EndBadGovernance sono andate in scena mentre il presidente Bola Tinubu promulgava la nuova legge sul salario minimo.
Abuja – Le proteste #EndBadGovernance erano previste a partire dal 1 agosto, ma i giovani nigeriani sono scesi in piazza già il 29 luglio, proprio mentre il presidente Bola Tinubu promulgava la nuova legge sul salario minimo, più che raddoppiandolo a 70mila naira mensili (circa 40 euro, meno di un terzo di quanto richiesto dai sindacati, 250mila naira). Il governo federale e i governi statali hanno continuato a lanciare appelli ai nigeriani a non protestare: dichiarazioni personali, dichiarazioni di organizzazioni e partiti, di enti statali, dichiarazioni ufficiali del capo della polizia, del presidente del Senato.
Le più alte istituzioni del Paese cercano di placare gli animi, di disinnescare una rabbia sociale che però ha radici profonde e che non riguardano solo l’amministrazione Tinubu, in carica da un anno, ma in generale la gestione del potere e dell’economia in Nigeria. La crisi economica non si può risolvere in una notte ma viene da lontano, da anni di prebende e politica populista, di corruzione e mala gestione della cosa pubblica che hanno esasperato il Paese più popoloso dell’Africa. I governatori, e la politica in generale, sta dimostrando ad ogni dichiarazione una distanza sempre più siderale tra l’amministrazione pubblica e i cittadini, i cui problemi sono spesso ignoti ai loro rappresentanti.
A dirlo sono stati proprio i governatori dei vari stati della Nigeria, che il mese scorso hanno esplicitamente detto in una nota stampa di “non comprendere” le ragioni della protesta. Il capo della polizia nigeriana, Kayode Egbetokun, ha messo in guardia la politica e il governo contro una possibile scia di proteste “in stile keniota” da parte dei cittadini nigeriani, afflitti dal costo della vita e dall’inflazione che sta erodendo la loro capacità di spesa. Ad esempio, ci sono scene delle lunghissime e interminabili code di auto ai distributori di benzina.
La Nnpc ha fatto sapere di avere problemi di approvvigionamento di carburante, problemi emersi in tutta la loro criticità in particolare a Lagos e Abuja, che insieme fanno circa 25 milioni di abitanti. Un problema che non riguarda solo la mobilità ma anche l’energia elettrica per le attività, le case, le aziende, le strade, i negozi: la Nigeria infatti non produce abbastanza energia elettrica per il proprio fabbisogno interno e i cittadini sono costretti, per evitare di restare senza corrente, a utilizzare generatori diesel per il proprio consumo. E poi c’è l’inflazione alimentare che in Nigeria a giugno 2024 è stata la più alta mai registrata nella storia del Paese (a luglio dovrebbe salire al 40,89%, dal 34,19% di giugno, il record precedente) e il tasso di crescita dei prezzi di beni e servizi nel Paese africano continua a crescere e a preoccupare governo e Parlamento.
Tanto che il governo starebbe lavorando per una sospensione di tasse e dazi su alcuni prodotti alimentari, opzione che già faceva parte delle misure volte a mitigare le ricadute delle riforme in corso. Molti nigeriani si trovano oggi costretti a saltare i pasti e rinunciare a beni come carne, uova e latte, mentre nel nord della Federazione la crisi economica costringe le persone a mangiare riso di scarsa qualità, utilizzato solitamente in itticoltura. I giovani nigeriani sembrano prendere ispirazione dalle proteste dei loro coetanei in Kenya e chiedono al governo di impegnarsi per l’istruzione gratuita, porre fine all’insicurezza alimentare e dichiarare lo stato di emergenza a causa dell’elevato tasso di inflazione.