LA BATTAGLIA DEI COGNOMI

Quale mettere prima al figlio? Il cognome del padre o quello della madre? Ma si tratta veramente di un problema?

Rassegniamoci. Assisteremo a vere e proprie “battaglie’’ in famiglia sulla questione dei nomi e dei cognomi.

Personalmente ho esperienze in merito. La mia primogenita, alla fine, il nome se lo scelse da sola; noi preparammo i bigliettini a mo’ di polizza, coi nomi papabili, e glieli mettemmo sotto la manina, così le restò impigliato il nome che porta, Valentina, e tutti fummo contenti. Ma fu una soluzione azzardata, un vero e proprio compromesso, che accettai come “male minore’’. Mi affidai al fato, alla fine.

Ma “prima?’’. La “questione nome’’, non è da sottovalutare, mai. So di separazioni al sesto mese. Non fu quasi mai una “passeggiata’’ trovare l’accordo tra i santi del calendario, senza sconfinare nelle varie soap opera che spopolavano negli anni ’70, ’80 e ’90. Stendiamo sette veli.

Ma ecco la sorpresa. E’ di poche settimane fa, la proposta della ministra dell’amministrazione pubblica, Fabiana Dadone, di permettere che il cognome materno possa essere anteposto a quello del marito/compagno (ricordiamoci che il doppio cognome è previsto già dal 2016, in presenza di accordo tra i coniugi).

E allora? Qual è la sorpresa, vi chiederete.  Beh, la novità è che qui si minano le dinastie, a detta di qualcuno; si “spogliano’’ interi “alberi’’ genealogici di nobiltà future, paventano altri.

Dunque ci aspetta una “nuova guerra nominale” tra uomini e donne, allargata, ahimè, anche alle famiglie di provenienza? Le sempre auspicabili “armi chimiche’’ degli abbracci e delle altre effusioni amor/sentimentali saranno probabilmente per un po’ sospese e, forse, ci si scambieranno segnali di tregue, fis(i)calmente necessarie per superare lo stress della gravidanza.

Naturalmente tutti d’accordo sulla giustezza di poter aggiungere, se lo si vuole, al cognome del papà, quello della mammina, in tanti già lo hanno fatto. Ma qui si paventa altro.

Perché, come se non bastasse la guerra fredda che molto spesso inizia nella coppia riguardo al nome proprio, appena archiviate le varie ecografie di routine, che ci rivelano il sesso del nascituro, ecco che si apriranno le “trattative’’ ad oltranza sul cognome, che andranno avanti per due/tre mesi circa, fino a sfociare in vere e proprie momentanee “rotture’’ di comunicazione.

Dunque, non soltanto per scegliere il nome da imporre ai nostri figli dovremo affilare le armi (non seduttive, sarebbe “nominally incorret’’), ma dovremo anche adoperare quelle più sottili, della persuasione amorevole e amorosa operata sul partner, in maniera tale da convincerlo sul perché, obiettivamente, sia meglio – o quanto meno foneticamente più accattivante – dotare i figli del cognome di un genitore in primis, piuttosto che di quello dell’altro: quello del padre o quello della madre (finchè ci è concessa la possibilità di non essere sostituiti da freddi numeri decimali).

we can do it

‘Querelle non da poco. Perché, diciamocelo, non sarà facile, dopo centinaia di anni, far accettare al compagno, all’uomo con il quale hai progettato il tuo futuro, la tua vita, che non debba interpretarla, questa richiesta di priorità, come un conflitto strumentale ad affermare la tua parità di sesso, dunque come una conseguenza di una rivendicazione femminile del “podio d’onore”. In altre parole, che non avrà, secondo quello che affermano esperti studiosi psicoterapeuti, ripercussioni sulla stabilità della coppia.

L’alternativa per evitare conflitti, rimostranze, rivendicazioni sessiste? Riflettere, donne e uomini, sul fatto che non è la posizione ‘’anteriore o posteriore’’ di un cognome che ci farà sentire donne o uomini capaci di realizzarsi, capaci di autostima, di proiettarsi con fiducia, senza conflitti, in sintonia con l’altro sesso e con l’universo.

Più semplicemente, non è delegando ad un’ordinaria posizione grafica il cognome che faremo la storia di un popolo. Preoccupiamoci, piuttosto, di mettere i nostri giovani in condizione di ‘’farli’’, questi figli, e di farli crescere in una società civile e non corrotta.

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