La battaglia contro il “velo islamico”: il caso Monfalcone e le mozioni lombarde e venete

I Garanti per l’infanzia e i diritti col ministro dell’Istruzione intervengono sulle studentesse che indossano il niqab in classe.

Venezia – Si allarga la “battaglia” della Lega contro l’uso del burqa in pubblico, dopo la mozione approvata l’altro ieri al Consiglio regionale della Lombardia. Da Milano arriva a Venezia. L’ultima iniziativa leghista in ordine di tempo è nella città lagunare, dove il gruppo consiliare del Comune ha annunciato la presentazione di una mozione per vietare l’utilizzo del burqa o del niqab per coprire il volto, arrivando a prospettare anche l’adozione del Daspo urbano per chi li indossa in pubblico. Primo firmatario dell’istanza è il capogruppo Alex Bazzaro assieme ai consiglieri Riccardo Brunello, Giovanni Giusto (che è delegato del sindaco alle ‘tradizioni veneziane’), Paolo Tagliapietra e Nicola Gervasutti.

Gli esponenti leghisti che hanno depositato la mozione hanno spiegato che, nella loro opinione, daspo e sanzioni andrebbero estese anche agli uomini, qualora obbligassero le donne a indossare il velo, e ai genitori in caso di minori a volto coperto. “Chiediamo al sindaco di prendere posizione come atto politico: il niqab è una violazione dei diritti della donna”, ha dichiarato Bazzaro. “Non conosco altre confessioni religiose che impongano di celare il volto. Siamo, comunque, aperti al dialogo e a qualsiasi ragionamento sul tema e porteremo la mozione in Consiglio comunale” ha aggiunto.

Ragazze con il velo islamico a scuola

Sul punto l’assessore Michele Zuin, di Forza Italia, ha definito la mozione “un po’ tranchant”, che “sicuramente siamo contrari al Daspo”, auspicando una norma nazionale e non a Venezia”. Ovviamente contrarie le reazioni delle opposizioni di centrosinistra: il verde Gianfranco Bettin sottolinea che “nell’ansia di lanciare l’ennesima crociata ideologico-propagandistica la Lega attacca il (proprio) Ministro dell’Interno, che non farebbe rispettare le leggi vigenti sull’abbigliamento in pubblico”. Favorevole solo la Lista Brugnaro: “La mozione è generata da una sensibilità condivisa anche in termini di pubblica sicurezza e merita un approfondimento giuridico sulle tipologie di provvedimento che si possono prendere e la loro efficacia, che dovrebbe essere non limitata alla singola sensibilità locale, bensì a livello nazionale”, ha dichiarato il capogruppo Alessio De Rossi.

Nei giorni scorsi, la mozione approvata l’altro ieri dal Consiglio regionale lombardo contro il velo islamico negli edifici pubblici. Nella votazione è passato un emendamento di Fi che elimina la dicitura “velo islamico” per quella più generica di “indumenti che coprono il volto”. Bocciato invece quello di Fdi, che invitava il governo a valutare l’estensione del divieto del velo a scuola. In fibrillazione anche la Lega del Friuli Venezia Giulia, il cui segretario regionale Marco Dreosto ha annunciato una mozione e un progetto di legge regionale dello stesso tenore, prospettando addirittura che il divieto diventi “un indirizzo comunitario” a livello Europeo. Il caso delle studentesse di Monfalcone che indossano il velo islamico integrale a scuola, in effetti ha fatto molto discutere.

“Una offesa alla nostra cultura e alla nostra identità”. Così il garante regionale dei diritti della persona Enrico Sbriglia sul caso delle studentesse di Monfalcone. “Preoccupante, paradossale e inaccettabile che accada in una scuola che dovrebbe essere luogo di libertà”- afferma Sbriglia esprimendo indignazione. Il garante si chiede poi quale sia il messaggio pedagogico che si rimanda agli studenti e si augura che non sia una provocazione in risposta alle polemiche dei mesi scorsi “giocata anche in questo caso sul corpo delle donne”. A suo avviso non sono comunque “questioni negoziabili”, “non si può assecondare questa visione oscurantista, né restare indifferenti perché sarebbe come esserne complici” – tuona il Garante. “Le donne devono essere rispettate nella libertà di mostrarsi come vogliono e dove lo vogliano e non subire imposizioni e umiliazioni a sfondo religioso in un contesto che mette in grossa difficoltà le persone ospitanti” – rimarca Sbriglia.

Al momento fa sapere di non aver ricevuto alcuna segnalazione sul caso Monfalcone, ma se venisse formalizzata si dice pronto a intervenire nelle sedi opportune per verificare che non ci sia stata una violenza psicologica nei confronti delle minori, ipotesi che se accertata potrebbe avere anche rilevanza penale – aggiunge. Sbriglia plaude e si unisce alla presa di posizione espressa a livello nazionale dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Marina Terragni. Il niqab a scuola ostacola lo sviluppo della personalità – afferma Terragni con l’auspicio – condiviso da Sbriglia – che sul caso Monfalcone e su ogni caso analogo il Ministero dell’Istruzione ponga la massima attenzione: “Nel rispetto delle culture e delle tradizioni di tutti che devono dialogare, e su questo non c’è alcun dubbio, non si può però questo rispetto giocare sulla vita di singole ragazze e bambine che hanno diritto a sviluppare armoniosamente la loro personalità a interagire con le loro coetanee e con i loro coetanei e quindi a integrarsi realmente senza la frapposizione di un velo integrale fra loro e il resto del mondo” – ha affermato la Terragni.

Il ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara fa sapere con una nota che condivide il messaggio della neo Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Marina Terragni. Valditara aggiunge che “Non si deve tuttavia caricare la scuola di responsabilità che non le competono. Senza una legge che riveda la normativa vigente non si può chiedere a dirigenti scolastici e docenti più di quanto ha fatto la preside della scuola di Monfalcone”.

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