Nascite in calo per l’undicesimo anno consecutivo. La media è 1,2 figli per donna. E si partorisce sempre più tardi: 32,5 anni.
Roma – Più che di calo ormai si può parlare di crollo. Secondo i dati provvisori forniti dall’Istat nel report “Indicatori demografici anno 2023”, i nati residenti lo scorso anno in Italia erano 379mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (era 6,7 per mille nel 2022). La diminuzione delle nascite rispetto al 2022 è di 14mila unità (-3,6%). Dal 2008, ultimo anno in cui si è assistito in Italia a un aumento delle nascite, il calo è stato di ben 197mila unità (-34,2%). Una riduzione della natalità che riguarda tutti, sia i nati di cittadinanza italiana che quelli stranieri. Questi ultimi, pari al 13,3% del totale dei neonati, sono 50mila, 3mila in meno rispetto al 2022. In calo anche i decessi: 11 per 1.000 abitanti. La popolazione resta quasi stabile grazie alle immigrazioni dall’estero: gli stranieri in Italia sono 5 milioni e 308mila al 1° gennaio 2024, +166mila rispetto all’anno precedente.
La diminuzione del numero dei nati residenti del 2023 è determinata sia da una importante contrazione della fecondità, sia dal calo della popolazione femminile nelle età convenzionalmente riproduttive (15-49 anni), scesa a 11,5 milioni al 1° gennaio 2024, da 13,4 milioni che era nel 2014 e 13,8 milioni nel 2004. Anche la popolazione maschile di pari età, tra l’altro, subisce lo stesso destino nel medesimo termine temporale, passando da 13,9 milioni nel 2004 a 13,5 milioni nel 2014, fino agli odierni 12 milioni di individui. Il numero medio di figli per donna scende così da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023, avvicinandosi di molto al minimo storico di 1,19 figli registrato nel lontano 1995.
La contrazione del numero medio di figli per donna interessa tutto il territorio nazionale. Nel nord diminuisce da 1,26 figli per donna nel 2022 a 1,21 nel 2023, nel centro da 1,15 a 1,12. Il mezzogiorno, con un tasso di fecondità totale pari a 1,24, il più alto tra le ripartizioni territoriali, registra una flessione inferiore rispetto all’1,26 del 2022. Il Trentino-Alto Adige, con un numero medio di figli per donna pari a 1,42, continua a detenere il primato della fecondità più elevata del Paese, sebbene sia tra le regioni con la variazione negativa maggiore rispetto al 2022 (1,51). Seguono Sicilia e Campania, con un numero medio di figli per donna rispettivamente pari a 1,32 e 1,29 (contro 1,35 e 1,33 nel 2022). In queste tre regioni le neo-madri risultano mediamente più giovani che nel resto del Paese: 31,7 anni l’età media al parto in Sicilia; 32,2 anni in Trentino-Alto Adige e Campania. Maglia nera invece per la Sardegna, che continua a essere la regione con la fecondità più bassa. Stabilmente collocata sotto il livello di un figlio per donna per il quarto anno consecutivo, nel 2023 si posiziona a 0,91 figli (0,95 nel 2022).
In tale contesto, riparte la posticipazione delle nascite, fenomeno di significativo impatto sulla riduzione generale della fecondità, dal momento che più si ritardano le scelte di maternità più si riduce l’arco temporale disponibile per le potenziali madri. Dopo un biennio di sostanziale stabilità, nel 2023 l’età media al parto si porta a 32,5 anni (+0,1 sul 2022). Tale indicatore, in aumento in tutte le ripartizioni, continua a registrare valori nel nord e nel centro (32,6 e 32,9 anni) superiori rispetto al mezzogiorno (32,2), dove però si osserva l’aumento maggiore sul 2022 (era 32,0).
Finita la pandemia, a cui si devono attribuire parte delle irregolari variazioni congiunturali rilevate, la discesa della fecondità sembra riprendere ovunque, accompagnata da una rinnovata spinta alla posticipazione. Nord e mezzogiorno, dopo aver registrato lo stesso livello di fecondità nel 2022, si discostano nuovamente. Il mezzogiorno, dopo vent’anni, torna ad avere una fecondità superiore a quella del centro-nord. Non è nemmeno di supporto alla natalità, almeno non più come un tempo, l’andamento dei matrimoni, 183mila nel 2023 (-6mila sul 2022). Tra questi risultano in forte riduzione quelli celebrati con rito religioso (-8mila) mentre aumentano quelli celebrati con rito civile (+2mila). Complessivamente, nel 2023 il tasso di nuzialità continua lievemente a scendere, portandosi al 3,1 per mille dal 3,2 del 2022. Il mezzogiorno continua a essere la ripartizione con il tasso più alto, 3,5 per mille contro 2,9 per mille di nord e centro. Allo stesso tempo è però l’area in cui la contrazione sul 2022 risulta maggiore.
Altri dati di interesse emersi dal report Istat riguardano il saldo migratorio netto tra immigrati (di più rispetto al 2022) ed emigrati (di meno): risultato +274mila nel 2023 (nel 2022 il dato era +261mila).
Il calo demografico più sensibile si registra nei Comuni delle Aree interne del Mezzogiorno, con una variazione di circa il 5 per mille in meno sull’anno precedente e la riduzione della popolazione in quattro comuni su cinque.
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