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“Io un operaio, lui un politico”. L’eterno ritorno della casta.

Capodanno con la pistola: il ferito querela dopo quattro giorni e la spiegazione sul ritardo odora di Ancien Régime.

Luca Campana, 31 anni, elettricista, la notte di Capodanno si è beccato nella gamba sinistra la pallottola esplosa dalla pistola del deputato di Fdi Emanuele Pozzolo, nel corso dell’ormai celeberrima festa organizzata nei locali della Pro Loco di Rosazza (Biella), suggestivo paesino dell’Alta Valle Cervo. Medicato sul momento dalla suocera infermiera – il giovane è il compagno di Valentina, figlia del caposcorta di Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia di Fdi, presente anch’egli alla festa – Luca è stato poi curato in ospedale e dimesso con 10 giorni di prognosi.

L’altro ieri. aiutandosi con le stampelle e accompagnato dal suo legale, si è presentato in procura a Biella per sporgere querela. In qualità di persona offesa è stato sentito dagli inquirenti, di fronte ai quali ha negato di aver maneggiato la pistola nel momento in cui è partito lo sparo come lasciato intendere da Pozzolo. Poi all’uscita ai giornalisti che gli chiedevano conto del ritardo della denuncia ha spiegato con tutto il candore del mondo che “io sono un operaio e lui un politico”.

Sulle eventuali responsabilità del deputato Emanuele Pozzolo, indagato per lesioni, valuterà la magistratura, sull’affermazione dell’operaio Luca Campana, invece, dovrebbe interrogarsi e di corsa la politica tutta, a meno che la nostra classe dirigente non voglia, tacendo, acconsentire nel merito, assecondando una percezione di sé come casta, un ritorno al passato, a quando il Marchese del Grillo poteva affermare, rivolto al popolino, e senza tema di smentita “che io sò io e voi nun siete un cazzo!”

Ritorna la percezione dei politici come una casta

Specularmente nel “io sono un operaio e lui un politico” di Luca Campana si riflette la percezione radicata e ampiamente condivisa in chi vive lontano dai palazzi del potere, in base alla quale ai suoi privilegiati inquilini non si debba pestare i calli, che per censo, influenza e amicizie, la battaglia non possa che presentarsi impari. Che addirittura possano esistere un magistrato, un carabiniere o un agente disposti a prestare un occhio di riguardo al potente, evitando così di rovinarsi la carriera.

Se l’operaio ferito ha ragione, allora che nessuno poi faccia finta di indignarsi se l’antipolitica e l’astensionismo al seggio raggiungono livelli patologici. La casta non ha colori soltanto privilegi, a che pro prendersi il disturbo di eleggerla. In caso contrario, che si alzi qualcuno dagli scranni del governo e dell’opposizione per assicurare all’operaio in questione che avrebbe potuto e dovuto denunciare subito, senza prendersi del tempo per valutare il da farsi, che la legge, all’alba del 2024, in Italia, è uguale per tutti, come scritto a caratteri cubitali nelle aule di giustizia.

Certo non aiuta la disinvoltura con la quale il sottosegretario Delmastro sembra aver disposto della scorta, secondo Renzi come di una falange privata. E ancora: se al sottosegretario sono stati assegnati degli agenti di protezione è perché evidentemente si ritiene possa essere un obiettivo sensibile, un target per eventuali malintenzionati, terroristi, oppositori politici, che senso ha farlo accomodare vicino ai parenti degli agenti di scorta?

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