Qualcuno che conosceva i “mostri Interiori” della donna l’avrebbe prima intimidita con simboli demoniaci per poi ammazzarla e tentare di bruciarne il cadavere. Le indagini continuano tra mille difficoltà.
UDINE – Chi ha ucciso Rosetta Quaiattini? La risposta a questa domanda tarda ad arrivare nonostante le indagini dei carabinieri proseguano tra mille difficoltà. L’ausiliaria sanitaria in pensione di 71 anni, sgozzata e bruciata nella sua abitazione di via Emilia 125 a Beivars, frazione di Udine, viveva da sola e in maniera assai riservata ma qualcuno, certamente, ha avuto interesse nell’ammazzarla in maniera brutale per poi cospargere la casa di liquido infiammabile per dare fuoco al cadavere. Il 26 gennaio del 2018 il corpo senza vita della donna era stato ritrovato dopo che i vigili del Fuoco avevano domato l’incendio nella villetta.
L’assassino, introdottosi nell’abitazione della donna senza forzare la porta d’ingresso e grazie anche al sistema di allarme stranamente disattivato, aveva ucciso a coltellate la donna per poi attizzare il fuoco in tutto l’appartamento.
Nell’abitazione non era stato sottratto nulla di valore e ogni effetto personale della vittima risultava al suo posto. Nel passato la donna, che aveva litigato con i vicini, si era lamentata con un’amica per via di una persona, forse un uomo, che da qualche mese aveva incominciato a seguirla ed a spiarla nei suoi rari spostamenti.
L’ex infermiera, nel 2012, aveva denunciato alla polizia il ritrovamento, nel giardino di casa, di conigli sgozzati, sale, mozziconi di sigarette e croci di legno abbandonati da ignoti con l’evidente intento di spaventarla. Rosetta dunque aveva paura di qualcuno tanto da fare installare in casa un sofisticato sistema di sicurezza e protezioni di ferro a porte e finestre esterne oltre a diverse telecamere di videosorveglianza. Insomma la donna non si sentiva tranquilla ma sia l’allarme che le telecamere, nella notte fra il 25 ed il 26 gennaio dell’anno scorso, sarebbero rimasti disattivati per tutto il tempo nel quale l’assassino era rimasto in casa della vittima. Va da sé che le ipotesi erano e rimangono due: l’omicida aveva la combinazione del sistema di sicurezza o Rosetta gli aveva aperto la porta perché lo conosceva?
Il telefono di casa sarebbe stato ritrovato con la cornetta poggiata sul tavolino come se Rosetta avesse tentato di fare una telefonata di soccorso. Una telefonata che, come sembra dalle verifiche, non sarebbe mai partita da quella linea residenziale poiché subito dopo la donna sarebbe stata sgozzata e bruciata. Anche il suo cellulare non è stato mai ritrovato, il che ha alimentato ancora di più il mistero su questa inchiesta che rischia di diventare un caso irrisolto. Rosetta credeva nel demonio e nella magia nera e più volte si era rivolta a sacerdoti per farsi indicare un buon esorcista.
Dai colloqui effettuati con i prelati l’ex infermiera appariva in forte tensione come se temesse di essere vittima di chissà quale malefico sortilegio. La donna soffriva, probabilmente, di un marcato disagio psichico dovuto alla sua annosa solitudine su cui qualcuno avrebbe speculato ingigantendo gli strani eventi accaduti ai fini di terrorizzare quella donna già duramente provata dalla vita. Rosetta, anni prima, al culmine di un violento diverbio col fratello Renato, aveva accoltellato il congiunto colpendolo di striscio con un fendente.
Alla base dei continui litigi c’erano alcune denunce che la pensionata aveva sporto contro il fratello per via della sua attività artigianale e per la spartizione della casa colonica di via Emilia dove i due fratelli avevano abitato con i loro genitori prima che morissero.
Insomma uno straccio di movente l’avrebbe avuto più di una persona ma scoprire chi è diventato un vero e proprio rebus:
“…L’indagine pur non avendo portato a una soluzione non si è mai arrestata – ha detto Antonio De Nicolo, procuratore capo di Udine – pur senza nascondere le oggettive difficoltà, non lo consideriamo un cold-case. Le investigazioni proseguono con impegno, pur se devo ammettere che l’assoluta mancanza di telecamere in zona ha impedito di orientarci sin dall’inizio verso una pista ben determinata…L’azione del fuoco prima e l’acqua poi hanno disperso gli elementi nella casa della vittima che sarebbero stati molto probabilmente utili nelle indagini…”.