Il Governo Meloni, attraverso il ministro della Giustizia Carlo Nordio, sta provvedendo a modificare l’utilizzo delle intercettazioni. Ciò ha generato diverse polemiche e tensioni.
Roma – La riforma della giustizia è una priorità, ma ogni volta che se ne parla le varie posizioni si attorcigliano, diventando un colabrodo di dichiarazioni a difesa di alcune prerogative intoccabili che fanno perdere di vista la tutela della collettività. Allora si paventano disposizioni bavaglio, limitazione dei poteri e del ruolo della Magistratura. L’avvocatura e i vari dipendenti dello Stato, quali sono i giudici, devono collaborare con il Governo, per far emergere ciò che è opportuno mettere in atto per migliorare il settore. In caso contrario diventa sempre più difficile muoversi e assumere iniziative.
L’Italia è un Paese in cui i depistaggi, le connivenze e l’omertà hanno da sempre permesso di falsificare eventi e news, coprendo fughe di notizie, latitanze infinite alla luce non tanto dell’interesse supremo della nazione, ma per semplici interessi privati e di categoria. La delegittimazione è così diventata la vera arma letale per coprire i veri fatti e distruggere la reputazione di un individuo-indagato, ancor prima che iniziasse un processo, o che ci fossero i presupposti per indagare. Molto spesso fare immaginare che vi possano essere comportamenti opachi nella vita di una persona, costituisce il presupposto per legittimare curiosità investigative.
Per esempio, una trattativa tra esponenti dello Stato e criminali non è reato, ma bisognerebbe capire il vero motivo e quale scambio legittimerebbe tale intervento. Il discorso, certamente, dovrebbe approfondirsi e non è questo che si vuole soltanto focalizzare, ma la responsabilità di chi diffonde certe notizie, frutto delle intercettazioni e la relativa sanzione non solo edittale ma reale, con tanto di diffusione della condotta illegittima. Chi viola il segreto istruttorio sbaglia. Dunque, il problema non sono le intercettazioni, ma la diffusione delle notizie non pertinenti alle indagini. Soprattutto le notizie familiari e personali che magari sollecitano pruriti e interesse per la vita privata dell’intercettato.
Così, distorcendo ogni focus di approfondimento, si preferisce far passare l’idea che si vuole modificare la disciplina delle intercettazioni solo per depotenziarle, anziché migliorarle e disciplinarle alla luce del “gossip” che generano aldilà di ogni interesse processuale. D’altronde la tutela della privacy è garantita o no…? Certamente è presente ma, a quanto pare, a luce alternata e a seconda degli interessi. Alcuni ritengono che si sia in presenza di una pericolosa operazione di propaganda che mira ad allontanare il dibattito dalla verità e che rischia di generare impunità per gravi reati, senza in alcun modo aumentare le garanzie per i cittadini.
Ma anche questa è una chiave di lettura mistificatoria e strumentale che getta la palla in tribuna. In ogni caso, senza volere calpestare la professionalità degli “addetti ai lavori”, le inchieste devono servire per scoprire eventuali ipotesi di reità senza, però, ledere la dignità e la libertà dei cittadini. Insomma, la libertà, la privacy e, comunque, l’intimità di chiunque non può essere violata con facilità pubblicando conversazioni che nulla hanno a che fare con l’indagine. Le intercettazioni sono state ritenute, da tutti, fondamentali in alcuni ambiti e, soprattutto, per i reati di mafia, terrorismo e corruzione.
Quindi, per determinate attività di indagine non possono essere sostituite con altri sistemi, pertanto si comprende come sia pretestuoso affermare il contrario. Peraltro, chi lo afferma senza dubbio vuole spostare il problema per non affrontarlo, oppure sovvertendo i fattori si cerca di intorbidire la questione. In ogni caso, una migliore regolamentazione delle intercettazioni, sempre basate su reali presupposti di indagine, è garanzia per tutti, senza per questo volere silenziare o coprire qualcuno.