La Procura indaga su presunti appalti truccati: coinvolti l’ex governatore e l’ex ministro con altre 16 persone. Ipotesi di associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta.
Palermo – Salvatore Cuffaro si trova nuovamente nel mirino della giustizia. L’ex presidente della Regione Sicilia, che oggi guida la “ri-nata” Democrazia Cristiana, è tra le diciotto persone raggiunte da una richiesta di misure cautelari da parte della magistratura palermitana. Al centro dell’indagine ci sono gli appalti nel settore sanitario regionale.
Nell’elenco degli indagati compare anche Saverio Romano, che ha ricoperto l’incarico di ministro per le Politiche agricole nel governo guidato da Silvio Berlusconi e siede ora tra i banchi di Montecitorio come coordinatore di Noi Moderati. L’inchiesta condotta dal procuratore Maurizio de Lucia ipotizza un sistema che avrebbe visto intrecciarsi potere politico e interessi economici nella gestione della sanità siciliana.
I carabinieri del Ros hanno eseguito perquisizioni in diverse abitazioni, compresa quella dell’ex governatore. Tra le persone coinvolte figurano Vito Raso, da sempre vicino a Cuffaro, il parlamentare regionale democristiano Carmelo Pace e Roberto Colletti, che ha diretto l’ospedale Villa Sofia.
Seguendo quanto previsto dalla normativa voluta dall’ex Guardasigilli Nordio, gli indagati hanno ricevuto comunicazione formale della richiesta cautelare avanzata dai pubblici ministeri. A breve saranno convocati per essere ascoltati dal giudice. Nel caso in cui il magistrato dovesse accogliere la richiesta per Romano, sarà necessario ottenere il via libera dalla Camera.
Nato nel 1958, Cuffaro ha già vissuto l’esperienza del carcere scontando una condanna a sette anni di reclusione per aver aiutato organizzazioni mafiose e divulgato informazioni coperte da segreto. Riacquistò la libertà nel dicembre 2015, annunciando in quell’occasione l’intenzione di lasciare definitivamente l’attività politica per impegnarsi nel sociale. Tuttavia, ha invece ripreso un ruolo da protagonista nella politica isolana rilanciando il partito dello scudocrociato. Due anni fa il tribunale preposto alla sorveglianza ha cancellato le restrizioni che gli impedivano di ricoprire incarichi pubblici, consentendogli di ricandidarsi.
Nel processo che lo vide condannato con l’accusa di aver fatto trapelare informazioni riservate ai clan mafiosi, i magistrati evidenziarono come altre fonti di fuga di notizie fossero rimaste non identificate a causa del suo silenzio. In particolare venne citata l’esistenza di un canale informativo collegato alla Capitale.
Anche Romano ha conosciuto vicende giudiziarie. All’inizio degli anni Duemila venne coinvolto in un procedimento con l’accusa di aver sostenuto dall’esterno un’organizzazione criminale di stampo mafioso. Fu prosciolto da ogni addebito. Più recentemente, la magistratura capitolina aprì un fascicolo nei suoi confronti ipotizzando l’uso improprio di relazioni influenti in merito a forniture sanitarie durante l’emergenza Covid. Anche quel procedimento venne chiuso senza strascichi giudiziari.
La Procura di Palermo ha motivato le perquisizioni con la necessità di preservare gli elementi probatori dopo che gli indagati sono stati informati delle contestazioni mosse nei loro confronti. Questa nuova indagine si aggiunge a una serie di inchieste che negli ultimi tempi hanno portato alla luce presunti intrecci tra sfera politica e gestione degli interessi economici in Sicilia, toccando anche esponenti delle istituzioni regionali.