LA SPENSIERATA VILLEGGIATURA DI UN PERICOLOSO NARCOTRAFFICANTE ITALO-COLOMBIANO E DI UN EX COLONNELLO ITALO-ARGENTINO DELLA DITTATURA DI VIDELA ACCUSATI DI CRIMINI CONTRO L’UMANITA’ CHE VIVONO NEL BEL PAESE COME INNOCUI PENSIONATI
Domenico Antonio Mancusi Hoyos e Carlos Luis Malatto, entrambi sudamericani ma con sangue italiano nelle vene, vivono tranquillamente nel nostro Paese da diversi anni. Cosa hanno in comune? Sono latitanti e ricercati nei loro Stati di origine, rispettivamente la Colombia e l’Argentina, per crimini contro l’umanità. Eppure nel Bel Paese hanno trovato l’El Dorado dei reati impuniti. Approfondiamo nei dettagli le loro storie.
Mancusi Hoyos, nato a Montería, Colombia, ma originario della provincia di Salerno, è il ricercato numero uno dal governo colombiano in Italia per avere avuto un ruolo di spicco nelle Auc, Autodefensas Unidas de Colombia, attive tra il 1997 e il 2008. Si tratta di una formazione paramilitare guidata dal cugino Salvatore Mancuso Gómez, dichiaratamente nata per difendere la popolazione dalle Farc ma, nella realtà, divenuta solo un altro dei movimenti sanguinari interessati a raggiungere l’egemonia. Gli scontri si sono ben presto trasformati in una mattanza per la contesa delle zone del narcotraffico. Migliaia i civili uccisi e quelli che hanno dovuto abbandonare le proprie case.
Hoyos fu la mente dietro i massacri della regione di Catatumbo. Oggi la guerra è finita, molti criminali hanno deposto le armi in cambio della libertà, altri sono finiti in carcere. Ed è proprio dal carcere che partirebbe l’accusa da parte di suo cugino Salvatore che, nel 2012, sotto giuramento, ha confessato che Antonio era il contatto diretto con militari e polizia per coordinare l’ingresso delle Auc nella regione. Nel frattempo il narcotrafficante, che possiede anche la cittadinanza italiana, se l’è data a gambe, arrivando in Italia nel 2012. La giustizia colombiana ha subito emesso un ordine di estradizione in Colombia nei confronti dell’ex boss delle Auc, che è stato arrestato dal Gico ad Imperia nel 2014, luogo dove non è estranea l’attività delle famiglie ‘ndranghetiste di Colombia, mentre si trovava in compagnia del figlio di Salvatore.
Omicidio aggravato di oltre 150 vittime, associazione a delinquere aggravata, banda armata, riduzione in schiavitù, crimini contro l’umanità: queste le accuse contro l’italo-colombiano che, dopo un anno di reclusione, su disposizione del Tribunale, è stato scarcerato. La motivazione è stata che, incredibilmente, non esiste, tra Italia e Colombia, un trattato per l’estradizione dei ricercati verso i rispettivi Paesi, benché un documento sia stato firmato nel 2016, ma non ancora convalidato dal Parlamento.
La trasmissione “Le iene” è riuscita a scovare Hoyos in una villetta abbandonata ad Ascea Marina, in provincia di Salerno. Durante l’intervista, il latitante ha negato tutte le accuse, dichiarandosi innocente e vittima delle accuse del cugino, a causa del quale ha dovuto affrontare numerosi processi in Colombia che si sono conclusi con la sua assoluzione. Sarebbe stato il suo avvocato a consigliargli di andarsene. Dopo il clamore mediatico suscitato, ovviamente, si sono perse le tracce del coordinatore delle Auc.
Non da meno sono le gesta di Carlos Luis Malatto, il colonnello italo-argentino accusato di violazione di domicilio, sequestro di persona, tortura, violenza sessuale, omicidio e sparizione di almeno 33 persone e crimini contro l’umanità, durante la dittatura di Jorge Rafael Videla, negli anni settanta. Parliamo di una delle dittature più violente della storia, caratterizzata da 30.000 desaparecidos, cioè scomparsi, perché i loro corpi venivano fatti letteralmente sparire; questo oltre alle 3.000 persone gettate dagli aerei nell’Oceano o nel Rio de La Plata con i cosiddetti “voli della morte”.
Sulla sua testa pende una taglia di 500.000 pesos, che il governo argentino ha promesso a coloro che forniranno informazioni utili. La sua squadra, nota come “rim 22”, agiva nella provincia di San Juan con una Ford Falcon verde, dotata di un grande bagagliaio in cui caricare i giovani dissidenti. Malatto e i suoi “compagni” sono accusati di avere sequestrato e ucciso, tra gli altri, la modella franco-argentina Marie Anne Erize Tisseau, colpevole di essersi innamorata di un giovane studente aderente al movimento peronista Montoneros. Catturata nel 1976 e finita nel centro di detenzione clandestino “La Marquesita”, la ragazza sparì nel nulla. La stessa sorte toccò al rettore dell’Università di San Juan, Juan Carlos Cámpora, al militare Jorge Alberto Bonil e a José Alberto Carbajal, vicino ai peronisti.
L’ex militare, fuggì prima in Cile e poi, in virtù del doppio passaporto (il nonno era di Sestri Levante), in Liguria, accolto in una parrocchia. Nonostante tre ordini di cattura emessi in Argentina dal tribunale numero due della provincia di San Juan, la domanda di estradizione del 2012 e la sentenza dell’aprile del 2013 della Corte di Appello de L’Aquila (che qualificò i reati a lui ascritti come crimini contro l’umanità, accogliendo così la domanda di estradizione), il colonnello e il suo difensore Licio Gelli assistettero ad un colpo di scena: la Cassazione, nel luglio 2014, dichiarò non sussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione. Nel 2015 la svolta: l’ex ministro della giustizia Andrea Orlando ha autorizzato la Procura di Roma a procedere nei confronti di Carlos Luis Malatto per i fatti commessi in Argentina tra il 1975 e il 1977. Nel 2016, la sua squadra è stata condannata in Argentina con pene che vanno dai 25 anni di carcere all’ergastolo. Un gruppo di parenti delle vittime della dittatura, la scorsa estate, denunce alla mano, è stato ricevuto dal console italiano a Mendoza e ha chiesto che le autorità italiane procedessero nei confronti del settantenne che vive come cittadino libero in Italia. Ultimamente, sempre “Le iene” lo hanno localizzato a Porto Rosa, un esclusivo comprensorio turistico in provincia di Messina: non risponde ad alcuna domanda, ma “il beato pensionato” sorride sornione. Chissà che non la faccia ancora franca? In fondo in Italia, come abbiamo visto, tutto è lecito.