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Il sindaco contadino che sfidò la mafia siciliana

Una vita dedicata alla giustizia sociale, una morte senza colpevoli. Il 13 agosto 1955 cadeva a Cattolica Eraclea uno dei simboli più limpidi della rinascita democratica siciliana.

Cattolica Eraclea – Il 19 marzo 1946 segna una data storica per Cattolica Eraclea, piccolo centro in provincia di Agrigento: si svolgono le prime elezioni amministrative del dopoguerra, cariche di speranze per una Sicilia che cerca di rinascere dalle macerie della guerra e del fascismo. Giuseppe Spagnolo è diventato il simbolo di quella rinascita democratica.

Quando lo scrutinio si conclude, Giuseppe Spagnolo conquista 1841 voti, un consenso straordinario che attraversa tutti i ceti sociali. La sua elezione rappresenta molto più di una semplice vittoria politica: è il trionfo di un uomo del popolo che ha dedicato la sua vita alla lotta per i diritti dei più deboli.

Le radici della lotta sociale

La storia di Spagnolo affonda le radici nella Sicilia del primo Novecento. Figlio di Liborio Spagnolo e Maria Russo, comincia sin da ragazzino a lavorare in campagna con il padre. Per far fronte alla crisi causata dalla Prima Guerra Mondiale, lavora anche a “jurnata”. Partecip anel biennio rosso alle manifestazioni contadine contro la mafia del feudo costituita dall’aristocrazia terriera e dai campieri e gabellotti. Sotto il regime fascista viene condannato per associazione a delinquere e sconta quattro anni di confino.

Nel 1945, insieme all’allora studente universitario Francesco Renda, fonda la cooperativa La Proletaria che diventa uno strumento fondamentale per la riforma agraria. La cooperativa associa ben 2000 contadini ed è una delle maggiori della provincia, gestendo le terre incolte dei nobili latifondisti dopo averle conquistate attraverso le celebri occupazioni delle terre.

La triade rivoluzionaria

Insieme a Francesco Renda, giovane intellettuale comunista del paese, e ad Aurelio Bentivegna, Giuseppe Spagnolo forma a Cattolica Eraclea una “triade temutissima dagli agrari”. Francesco Renda, laureatosi nel 1945 in filosofia all’Università di Palermo, sarà il primo segretario cittadino del Partito Comunista Italiano.

Francesco Renda

Spagnolo organizza l’attività sindacale dei braccianti e guida le famose cavalcate che attraversano i paesi per prendere possesso delle terre incolte. Con la bandiera rossa in pugno, conduce la riscossa dei contadini poveri ottenendo risultati eccellenti: i feudi di San Giorgio e Monte Sara vengono occupati e divisi in lotti tra i contadini, garantendo la terra a decine di famiglie.

Il “sindaco buono” e la sua breve stagione

Divenuto primo cittadino, il primo obiettivo di Spagnolo è l’aumento degli stipendi ai lavoratori del Comune, provvedimento che attua pochi giorni dopo il suo insediamento. Tuttavia, la sua esperienza amministrativa si rivela travagliata: difficoltà e incomprensioni emergono all’interno della sua giunta, sei assessori lo abbandonano e lui si dimette.

Nonostante l’interruzione del mandato sindacale, Spagnolo continua senza sosta la sua lotta politica e il suo impegno politico, conservando fino al 1954 la carica di presidente della cooperativa “La Proletaria”.

Gli anni del terrore mafioso

La Sicilia del dopoguerra vive un periodo di estrema violenza. Negli anni ’45 e ’46 cadono numerosi sindacalisti e amministratori locali: Nunzio Passafiume, Agostino D’Alessandro, Giuseppe Scalia, Nicolò Azoti, i sindaci socialisti Gaetano Guarino e Pino Camilleri, i contadini Giovanni Castiglione, Girolamo Scaccia, Giuseppe Biondo, i fratelli Giovanni, Vincenzo e Giuseppe Santangelo, Paolo Farina. Molti di loro, come i sindaci Gaetano Guarino e Giuseppe Scalia, appartengono alla stessa provincia di Giuseppe Spagnolo.

Tritolo

La controffensiva agrario-mafiosa si avvale di bande come quella di Giuliano e usa il tritolo persino contro le forze dell’ordine. In questa escalation di violenza, anche Spagnolo diventa bersaglio di intimidazioni: viene più volte danneggiata la sua campagna, viene minacciato e picchiato.

L’omicidio e la memoria

L’escalation di violenza culmina con l’omicidio di Giuseppe Spagnolo, ucciso con sette colpi di lupara sparati da distanza ravvicinata da tre o quattro sicari della mafia locale, in contrada Bissana, tra Cattolica Eraclea e Cianciana, la notte tra il 13 e 14 agosto 1955. Il “sindaco buono”, come verrà ricordato, muore mentre dorme nel suo vigneto, ucciso a 55 anni da coloro che volevano fermare la sua battaglia per la giustizia sociale.

Ai funerali di Spagnolo, svoltisi il 15 agosto 1955, partecipa l’intera popolazione di Cattolica Eraclea. Non si svolge la funzione religiosa perché la vittima era comunista e l’arciprete Cuffaro non acconsente a celebrarla. La vicinanza di tutta la provincia è straordinaria e particolarmente sentita.

La figlia maggiore del sindaco viene successivamente eletta in consiglio comunale, continuando in qualche modo l’eredità politica del padre.

Il busto dedicato a Giuseppe Spagnolo

Nel 2005, cinquanta anni dopo la sua scomparsa, nella villetta comunale del paese è stato collocato un busto bronzeo in sua memoria, anche se negli anni il monumento ha subito svariati atti vandalici.

Un delitto rimasto impunito

La storia di Giuseppe Spagnolo si chiude con l’amara constatazione che i suoi assassini l’abbiano fatta franca. Per il delitto, nei tre gradi di giudizio, furono condannati in contumacia alla pena dell’ergastolo tre appartenenti alla locale cosca mafiosa, tutti fuggiti in Canada. Come molti altri omicidi di mafia di quel periodo, il delitto non ha mai trovato giustizia, lasciando una ferita aperta nella memoria collettiva di una comunità che ha pagato un prezzo altissimo per la conquista dei diritti democratici.

La figura di Giuseppe Spagnolo rimane un esempio luminoso di coraggio civile e dedizione alla causa dei più deboli, un simbolo di quella Sicilia che ha saputo opporsi alla mafia pagando spesso il prezzo più alto: la vita stessa.

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