Una giovane madre, due vite spezzate e una comunità incredula. I nuovi dettagli che emergono dal processo di Parma riaprono le ferite di un dramma avvolto dal silenzio.
Parma – Una fossa in giardino, nel silenzio della campagna emiliana. È da questa immagine che parte la vicenda di Chiara Petrolini, la ventiduenne di Vignale d’Enza accusata di aver ucciso i suoi due figli appena nati e di averne occultato i corpi nel terreno dietro casa. Era il 7 agosto 2024, un giorno che la provincia di Reggio Emilia ricorderà a lungo.
Nei verbali degli interrogatori, acquisiti al processo in corso a Parma, emergono particolari che aggiungono contorni drammatici a una storia già segnata dall’incredulità. Come riporta la Gazzetta di Parma, i genitori della giovane, ascoltati dagli inquirenti, hanno raccontato: “Ci ha detto che inizialmente aveva tentato di fare una buca nel giardino, ma non ci è riuscita, poi ha visto la buca fatta dai cani e l’ha messo dentro”.
Un dettaglio che, pur nella sua crudezza, rivela l’isolamento e la disperazione in cui si muoveva la ragazza. Alla domanda se fossero al corrente della prima gravidanza, il padre ha risposto: “Purtroppo no”, spiegando che “se lo avessimo saputo, oggi non saremmo qui”. Parole che pesano come una resa, una consapevolezza arrivata troppo tardi.
I genitori descrivono una figlia apparentemente normale, serena, immersa nella routine quotidiana. “Usciva la mattina intorno alle sette, rientrava la sera e poi usciva con le amiche”, avrebbe raccontato il padre. “Portava sempre gli stessi vestiti, la taglia era sempre quella”. Anche la madre, durante l’interrogatorio, ha spiegato di non essersi mai accorta di nulla: “Pensavamo stesse coprendo qualcuno. Quando ci ha detto che il bambino era suo, siamo caduti dal cielo”.
Secondo gli atti, riportati dalla stessa testata, la giovane avrebbe confessato ai genitori che il padre biologico del bambino era “Samuel” e che non aveva mai fatto alcun test di gravidanza, né parlato con nessuno della sua condizione. “Quando ha detto ‘è mio’, mi sono infuriato”, ha raccontato il padre. “Le chiesi quando era successo e lei mi rispose che era quel giorno in cui ero andato giù per la questione delle macchie di sangue”.
Alla domanda se il neonato fosse nato vivo, Chiara avrebbe risposto che “era fermo”, aggiungendo poi “che avrebbe voluto tenerlo”. “Tutti siamo rimasti scioccati”, ha detto ancora il padre.
L’inchiesta, condotta dai carabinieri e coordinata dalla procura di Parma, ha ricostruito le ultime settimane prima della tragedia e i giorni successivi, quando il silenzio della casa di Vignale si è trasformato in sospetto. La giovane madre è ora imputata per duplice omicidio premeditato e soppressione di cadavere. I genitori, dopo avere reso le loro dichiarazioni agli inquirenti, non compariranno in aula: la difesa ha rinunciato alla loro testimonianza, lasciando ai verbali il compito di raccontare quanto accaduto.
Ma al di là dei fatti giudiziari, resta una domanda più profonda: come è possibile che due gravidanze siano passate inosservate, anche sotto lo stesso tetto?
A Vignale, oggi, il giardino dei Petrolini è solo un fazzoletto di terra chiuso da una rete metallica. Un luogo dove il tempo sembra essersi fermato. Qualcuno, ogni tanto, lascia un fiore sul cancello. Nella quiete di un paese che non trova le parole, resta solo il rumore del vento tra gli alberi e il peso di una domanda che non smette di tornare indietro come un boomerang: come può una vita intera restare invisibile fino al giorno in cui diventa una tragedia?