Le holding vaticane in via di dismissione per colpa della crisi pandemica. Il Vaticano soffre con i proventi turistici diminuiti del 25%. Disinvestimenti o c’è qualcos’altro?
Qualcosa si muove intorno al Vaticano e i contorni della vicenda sembrano estremamente tortuosi. Pochi giorni fa la Santa Sede ha annunciato lo smantellamento repentino delle aziende svizzere ideate a seguito dei Patti Lateranensi del 1929. La velocità dell’operazione ha destato alcuni dubbi soprattutto perché il valore di mercato della rete finanziaria si aggirerebbe intorno a svariati milioni di euro. In particolare a chiudere i battenti sarebbero state nove società di cui la maggior parte operanti nel comparto immobiliare.
Secondo quanto riportano le autorità vaticane le dismissioni sarebbero state necessarie per far fronte alla crisi economica che avrebbe colpito anche la Città Santa. Infatti, la paralisi del turismo ha avuto dei risvolti drastici sulle finanze della Santa Sede tanto da portare verso la metà d’aprile il Cardinale Giuseppe Bertello e il vescovo Fernando Vérgez Alzaga ad emanare una direttiva nella quale si sollecitava, ove possibile, la sospensione dei contratti a tempo determinato, il blocco delle promozioni, delle nuove assunzioni e la cessazione di prestazioni di lavoro straordinario, salvo imprescindibili motivi istituzionali. Insomma dalle conseguenze malefiche del Covid-19 non sarebbe immune neanche il Santo Padre, e non potrebbe specie nella veste di capo di Stato.
Come abbiamo detto la questione degli investimenti svizzeri del Vaticano ha radici antiche e profonde. I 750 milioni di vecchie lire e il miliardo di buoni del Tesoro vennero forniti al Sacro Soglio come indennizzo per i territori perduti a seguito della breccia di Porta Pia e la conseguenziale annessione al Regno d’Italia. L’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica) da quel momento si è evoluta tessendo una rete di rapporti ben ramificata che ha portato alla costruzione dell’attuale struttura, composta principalmente dalle holding Profima (Svizzera), la British Grolux Investments (Gran Bretagna) e Sopridex (Francia).
Al momento gli analisti stimano il valore del patrimonio vaticano, costruito da immobili, terreni e investimenti liquidi, intorno ai 44 milioni di euro, ma sottolineano che la cifra potrebbe essere anche più alta. Soprattutto la società inglese avrebbe fornito alle casse vaticane un bel po’ di quattrini. Infatti già in tempi non sospetti il giornale inglese The Guardian si era interessato alla faccenda. Tramite un attento studio negli archivi di Stato d’oltremanica, sarebbe venuto fuori che il locale che ospitava la gioielleria
e l’intero edificio dell’Altium Capital facevano parte dell’impero della la British Grolux Investment Ltd ovvero della rete commerciale vaticana. Un giro d’affari che avrebbe fruttato circa 650 milioni l’anno dalla sola Inghilterra. Ma allora se gli investimenti vaticani riscontrano tali successi, che necessità c’è di smantellare la struttura svizzera e di spostare il patrimonio sotto la direzione della Profima? Certo da una parte potrebbe rientrare all’interno di quella politica detta della “razionalizzazione” voluta da Papa Bergoglio fin dal suo insediamento, dall’altra potrebbe essere motivata dalla crisi attuale che secondo le stime divulgate dal gesuita padre Juan Antonio Guerrero Alves comporterebbe una diminuzione delle entrate intorno al 25%.
Ma potrebbe sorgere anche una terza opzione, ben più sconveniente alla Città del Vaticano. Ovvero un uso diciamo spregiudicato, usando un eufemismo, delle finanze pontificie. Infatti nella terra del cioccolato potrebbe scatenarsi l’ennesimo scandalo finanziario che potrebbe coinvolgere, stavolta direttamente, anche la Chiesa. Secondo quanto riporta il politico Raphael Frei qualcosa che non va ci sarebbe: “…Con una nota diplomatica datata 30 aprile 2020, l’Ufficio federale ha inviato al Vaticano una prima parte dei documenti richiesti…”. Poi non ha aggiunto altro. Sembrerebbe, però, che la giustizia della Santa Sede stia indagando su presunte irregolarità connesse all’acquisto da parte della Segreteria di Stato di un palazzo di Chelsea a Londra. Inoltre, anche l’autorità finanziaria vaticana sembrerebbe esser sospettata di non aver agito regolarmente. Secondo alcune indiscrezioni i fondi dell’Obolo di San Pietro potrebbero aver subito un utilizzo improprio.
Razionalizzazione? Un depistaggio? Una fuga? Cosa succede a Roma?