A Strasburgo, oggi, Ursula von der Leyen chiederà la fiducia per la sua Commissione “rinnovata”, con un mese di ritardo rispetto alla tabella di marcia. La maggioranza non dovrebbe essere in discussione, ma molti occhi sono puntati su Salvini.
Oggi, 27 novembre, è un giorno importante. A Strasburgo, Ursula von der Leyen chiederà la fiducia per la sua Commissione “rinnovata”, con un mese di ritardo rispetto alla tabella di marcia.
La Commissione avrebbe dovuto ricevere il via libera già ad ottobre, ma il Parlamento, all’epoca, bocciò i candidati di Romania e Ungheria, Rovana Plumb e Laszlo Trocsanyi, prima ancora di farli arrivare in audizione. Stessa sorte toccò poi a Sylvie Goulard, commissaria francese designata, scartata dopo due audizioni. Le trattative per individuare i sostituti sono andate per le lunghe e – aspetto più importante – mentre von der Leyen cercava disperatamente la quadra, quella che, il giorno dopo le europee, si presentava come una maggioranza inossidabile (popolari, socialisti e liberali) ha cominciato a scricchiolare e a litigare praticamente su tutto.
Sia chiaro: la maggioranza, oggi, per von der Leyen, non dovrebbe essere a repentaglio. Un conto però è vincere, altro è vincere e convincere: non si tratta solo di forma ma di ricevere un attestato di credibilità per il futuro della Commissione. Del resto, già ai tempi della sua elezione a Presidente in pectore, l’ex ministra tedesca la spuntò per il rotto della cuffia: 383 voti a favore, con la soglia minima a 374, appena 9 voti di scarto (furono decisivi i 14 assensi dei Cinquestelle) e, soprattutto, ben 75 franchi tiratori.
Al momento la situazione è la seguente. I popolari voteranno a favore, e non avrebbero motivo di fare altrimenti, dal momento che la presidente proviene da quello schieramento e che dal rimpasto successivo alle audizioni il PPE ha guadagnato due commissari in più, a discapito di socialdemocratici e liberali. I socialdemocratici dovrebbero unirsi al si, con la possibile eccezione della delegazione romena (10 voti), ancora scottata dalla bocciatura della propria esponente. Discorso simile per i liberali, a cui apparteneva Sylvie Goulard, commissaria francese designata e rispedita al mittente. Per il resto: i verdi hanno mantenuto una certa ambiguità sulle dichiarazioni di voto, i conservatori sono spaccati in due (contro Fratelli d’Italia, a favore la delegazione polacca), i Cinquestelle hanno confermato la fiducia poche ore fa. Contrari invece la sinistra-sinistra e la delegazione sovranista (ID). Tutta la delegazione sovranista: almeno così sembrerebbe.
Perché è proprio qui che si gioca la partita della giornata, almeno per quanto riguarda le dinamiche nostrane.
Salvini alle europee ha fatto il pieno di consensi e si è portato a casa 29 eurodeputati. E’ chiaro che, qualora la Lega, con una giravolta, votasse la fiducia, in antitesi con il proprio gruppo, von der Leyen ne uscirebbe blindata. E – va da sé – le cancellerie ringrazierebbero.
A volerli notare, segnali strani, nelle scorse settimane, si sono registrati su più fronti. Intanto sul lato media (con Repubblica stranamente conciliante con il segretario leghista). Poi, nell’atteggiamento di Salvini stesso, apparso alla ricerca di un’immagine più moderata, governativa; in determinate dichiarazioni e persino in certi abiti (di velluto!). Infine c’è il discorso PPE: non è un mistero che, negli scorsi mesi, siano intercorse lunghe trattative (con Berlusconi stesso nel ruolo di pontiere) per tentare di accreditare la Lega quantomeno al ruolo di fiancheggiatrice (se non proprio come “costola destra”) del corpaccione popolare (che comunque – è bene ricordarlo – annovera al suo interno anche Fidesz, il partito del non certo moderato Orban). Sino ad ora dalle parti del PPE non hanno voluto sentire ragioni, ma l’essere umano è volubile e davanti a un Salvini “modello responsabile”, taluni arroccamenti potrebbero anche ammorbidirsi.
La questione è semplice. A meno di cataclismi, prima o poi Salvini al Governo ci arriverà. Ma come si governa poi un Paese come l’Italia avendo tutti contro a Bruxelles? A Salvini potrebbe astrattamente anche convenire, nel breve periodo, restare sulla riva del fiume europeo a godersi i sospiri di von der Leyen, mentre tutto attorno popolari, socialisti e liberali si lanciano le stoviglie; ma nel lungo periodo quanto potrà mai durare un Governo guidato da un leader emarginato in Europa e sostanzialmente condannato all’irrilevanza in ogni partita che conta?
Certo: immaginare oggi un voto favorevole della Lega ad una Commissione guidata da una delle incarnazioni dell’europeismo (per giunta tedesco) appare ancora fantascienza e comporterebbe comunque, per Salvini, una piroetta difficile da spiegare a certe fasce del suo elettorato. D’altra parte: la stoffa di un vero leader si vede proprio in momenti come questo.