Nicola Turetta: “Mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Gli ho detto tante fesserie, avevo paura che la facesse finita”
Verona – “Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Gli ho detto solo tante fesserie. Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso”. Ha parlato così Nicola Turetta, il padre di Filippo, dopo le polemiche suscitate dalla pubblicazione delle frasi che l’uomo avrebbe pronunciato durante un colloquio con il figlio, reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin.
Era il 3 dicembre scorso quando lui e la moglie Elisabetta Martin avevano incontrato per la prima volta, dopo l’omicidio e la fuga in Germania, il figlio nella saletta del carcere di Montorio Veronese. “Eh va beh, hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza…Quello è! Non sei un terrorista, voglio dire… Devi farti forza. Non sei l’unico… Ci sono stati parecchi altri… Però ti devi laureare”, avrebbe detto Nicola a Filippo, parole intercettate e poi inserite all’interno del fascicolo processuale per l’efferato delitto commesso a novembre, vittima l’ex fidanzata 22enne.
“Temevo che Filippo si suicidasse – confida l’uomo al Corriere della Sera – . C’erano stati tre suicidi a Montorio in quei giorni. Ci avevano appena riferito che anche nostro figlio era a rischio. Quegli instanti per noi erano devastanti. Non sapevamo come gestirli. Vi prego, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi”.
Al giornalista del Corriere che lo ha intervistato, Nicola Turetta ha confessato di non essere riuscito più a dormire, dopo le polemiche che lo hanno investito a seguito della pubblicazione delle sciagurate frasi. Ha raccontato che lui e la moglie erano da poco riusciti a tornare al lavoro e di avere anche un altro figlio a cui pensare. E di quanto fosse penoso e difficile cercare di tornare, almeno all’apparenza, a svolgere una vita “normale”. Un percorso a ostacoli reso ora ancora più arduo da questa improvvisa “gogna mediatica”.
La stessa Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, è intervenuta sui social, dopo aver letto le frasi incriminate, ribadendo il problema della “normalizzazione” dei femminicidi che avviene nei contesti patriarcali. “Non credo di aver molto da aggiungere alle parole che ho detto a novembre. Di mostri non ce ne sono, c’è però una normalizzazione sistematica della violenza, e in quanto sistematica dipende dalla nostra società, dipende da tutti”, ha scritto su Instagram, ribadendo la necessità di “rifiutare ogni giustificazione, perché non c’è mai una giustificazione per l’oppressione“.
“Quei titoloni mi dipingono come un mostro”, dice Nicola Turetta riferendosi ai giornali che hanno diffuso la notizia. “Ero solo un padre disperato. Chiedo scusa, certe cose non si dicono nemmeno per scherzo, lo so. Ma in quegli istanti ho solo cercato di evitare che Filippo si suicidasse”.
Quanto all’esortazione a laurearsi, Turetta spiega che si trattava solo di un tentativo di distrarre il figlio da possibili pensieri suicidi: “Gli ho detto ‘ti devi laureare’, non perché mi interessasse, o perché sperassi in un futuro fuori dal carcere per lui, ma solamente per tenerlo impegnato e non fargli pensare al suicidio. È logico che non se ne farà niente di quella laurea, dovrà giustamente scontare la sua pena per quello che ha fatto“. Filippo, dice Nicola Turetta, “si rende conto di quello che ha fatto. Siamo riusciti infatti ad affrontare l’argomento. Vuole scontare la sua pena. Non ha nessuna speranza o intenzione di sottrarsi alle sue responsabilità”. E chiede ancora scusa: “Non pronuncerei più quelle parole, ma era un tentativo disperato di evitare un gesto inconsueto. Mi dispiace davvero tanto. Provo vergogna per quelle frasi, non le ho mai pensate”.