Il marito bombarolo e la moglie morta in un rogo sospetto

Ciro Caliendo, l’imprenditore di San Severo indagato per l’omicidio di Lucia Salcone, è finito in manette per un attentato dinamitardo, fallito, ad un ufficiale della Finanza.

SAN SEVERO (Foggia) – C’è un legame fra l’attentato incendiario al maggiore della Guardia di Finanza Gabriele Agostini, 35 anni, avvenuto a Bellavista di Bacoli, in provincia di Napoli, il 23 marzo 2023, e l’auto carbonizzata in cui è morta Lucia Salcone, 47 anni, di San Severo, il 27 settembre scorso. In entrambe le inchieste compare il nome di Ciro Caliendo, 46 anni, imprenditore vitivinicolo di San Severo, marito della Salcone e indagato per l’omicidio volontario della donna. Lo stesso imprenditore avrebbe fabbricato il telecomando e la bomba utilizzata per il tentato omicidio dell’ufficiale delle Fiamme Gialle. Per quest’ultima accusa Caliendo è stato arrestato e posto ai domiciliari.

Ciro Caliendo con la moglie Lucia Salcone

Nei mesi scorsi erano stati arrestati dai carabinieri di Napoli il presunto esecutore materiale dell’attentato, Franco di Pierno, 51 anni, di San Severo, mentre una decina di giorni fa sono scattate le manette per Viviana Pagliarone, avvocato di 39 anni, moglie dell’ufficiale sopravvissuto per puro miracolo, sospettata di essere la mandante dell’attentato dinamitardo, e per Giovanni Di Stefano di 32 anni, genero di Di Pierno, posto ai domiciliari. Secondo la tesi dell’accusa, Caliendo sarebbe il realizzatore materiale dell’ordigno e fornitore del telecomando utilizzato per azionare il detonatore.

Infatti, per gli inquirenti partenopei, l’imprenditore agricolo, dietro richiesta del suo amico Di Pierno, avrebbe fabbricato e detenuto un ordigno esplosivo improvvisato del tipo non convenzionale, non classificato e quindi non catalogato secondo la normativa vigente, allestito verosimilmente mediante un miscuglio contenente perclorati, potassio, alluminio, nitrati, ammonio e zolfo, costituenti una miscela esplosiva a effetto detonante del tipo flash powder. L’autobomba esplose nella scivola del garage di casa, ma il finanziere riuscì a salvarsi gettandosi dal finestrino lato passeggero mentre l’auto veniva divorata dalle fiamme.

L’attentato fallito all’ufficiale delle Fiamme gialle

L’ordigno, sempre secondo la tesi accusatoria, sarebbe stato attivato tramite radiocomando azionato da Di Pierno, ma Caliendo sarebbe stato all’oscuro di tutto, ovvero non avrebbe mai saputo nulla della destinazione della bomba, men che meno del suo utilizzo. Il movente dell’attentato al finanziere riguarderebbe questioni legate all’affidamento dell’unico figlio della coppia. La moglie dell’ufficiale pare avesse un rapporto assai difficile e turbolento con l’uomo dal quale si stava separando. La professionista avrebbe negato all’ex coniuge di vedere il bimbo di 2 anni che, probabilmente, voleva le fosse affidato in maniera esclusiva. Da qui, probabilmente, l’intenzione di eliminare il padre.

Il 16 ottobre scorso, presso il tribunale di Napoli, si è tenuta l’udienza che ha visto alla sbarra l’esecutore materiale del tentato omicidio del finanziere, per il quale il Pm Maurizio De Marco ha chiesto una condanna a 10 anni di carcere. La notizia dell’arresto degli altri complici dell’attentato, mandante compresa, è stata appresa durante il corso del dibattimento, che è comunque proseguito senza intoppi.

La Lancia del finanziere avvolta dalle fiamme

Secondo le notizie trapelate dall’inchiesta, Caliendo sarebbe capace di costruire bombe radiocollegate e avrebbe maturato una discreta esperienza in questo settore molto pericoloso. Gli investigatori, infatti, intendono approfondire questo aspetto anche in relazione all’incendio dell’auto in cui ha trovato la morte Lucia Salcone. Dalla ricostruzione degli inquirenti relativa alla morte della donna appare accertato che alle 20:15 del 27 settembre scorso, dopo la lezione di ballo, come accadeva di solito il venerdì e il sabato, Ciro Caliendo andava a prendere la moglie per portarla a cena in pizzeria, assieme ad altri iscritti alla scuola di danza.

La Fiat 500 distrutta dalle fiamme dove ha trovato la morte Lucia Salcone

Alle 22 la coppia lasciava la pizzeria. Subito dopo, stavolta a detta dell’indagato per l’omicidio del coniuge, Ciro e Lucia si sarebbero diretti in direzione di alcuni terreni di proprietà dell’uomo, dove ignoti ladri, settimane prima, avevano rubato una cospicua quantità di uva. Sulla Provinciale 13 per Castelnuovo della Daunia, nel tentativo di evitare un’auto proveniente in senso opposto, che avrebbe occupato la corsia di marcia della Fiat 500 della coppia, Caliendo avrebbe sterzato, finendo contro un ulivo. Immediatamente dopo l’impatto, l’auto avrebbe preso fuoco, mentre l’indagato avrebbe perso i sensi per poi riaversi giusto in tempo prima che l’auto fosse del tutto avvolta dalle fiamme. Lucia Salcone, invece, ci rimetteva la vita.

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