Il giallo di Ortona: la moglie strangolata e il marito che torna a casa due volte

Andrea Cieri ha spiegato di aver trovato la donna agonizzante sul divano. L’uomo è indagato per omicidio. Si professa innocente ma un video potrebbe incastrarlo.

ORTONA (Chieti) – Continuano senza soste le indagini per la morte di Lorena Paolini, 51 anni, mamma di due ragazzine, morta ammazzata in casa lo scorso 18 agosto nella tarda mattinata. Indagato a piede libero per omicidio volontario aggravato il marito Andrea Cieri, 55 anni, imprenditore di pompe funebri, che si dichiara innocente e del tutto estraneo ai fatti. L’autopsia, eseguita dal medico legale Cristian D’Ovidio, ha confermato che la vittima non è morta per un malore piuttosto per soffocamento.

La villetta trifamiliare dove si è consumato l’omicidio

Dunque la casalinga sarebbe stata aggredita e strangolata alle spalle, forse con una cintura od un legaccio ancora non rinvenuto, mentre si trovava seduta sul divano del salotto di casa dove stava riposando dopo aver stirato la biancheria. Alle 12.30 circa sarebbe rientrato nella sua casa di contrada Casone il marito Andrea Cieri, di ritorno da un funerale. L’uomo, che avrebbe lasciato la moglie intenta a stirare indumenti, l’avrebbe ritrovata agonizzante. A questo punto e senza perdere tempo l’imprenditore avrebbe telefonato al 112 e alla cognata:

”Fra mia sorella e Andrea c’era stata una discussione – ha raccontato Silvana Paolini, sorella della vittima – e Lorenza mi avrebbe riferito di quanto accaduto quando ci saremmo incontrate per andare al mare. Quando ha suonato il telefono ho pensato che fosse lei e che volesse dirmi che non voleva più andare al mare, invece era mio cognato che mi chiedeva di raggiungerlo subito a casa”.

Lorena Paolini con il marito Andrea Cieri

Stante ad alcune indiscrezioni pare che Andrea Cieri, a bordo del suo furgone bianco, sarebbe tornato a casa per due volte nella mattinata del 18 agosto ed una telecamera stradale l’avrebbe ripreso. Il particolare però non sarebbe stato riferito agli investigatori dell’Arma, coordinati dal Pm Giuseppe Falasca, che hanno interrogato per ore l’odierno indagato, difeso dall’avvocato Maddalena De Gregorio. Dunque messaggi, telefonate e chat del telefonino della vittima e tutte le registrazioni di telecamere pubbliche e private sono stati passati al setaccio dai tecnici dei carabinieri che stanno ricostruendo le ultime ore di vita della casalinga e la sua rete di contatti.

C’è grande attesa per i risultati della Sezione Investigazioni scientifiche di Chieti:

” La notizia che mio cognato è indagato mi ha sconvolta – ha aggiunto Silvana Paolini durante un’intervista – Mia sorella amava il marito. Non aveva nessun motivo per pensare male. Adesso io non voglio dire nulla. Voglio solo la verità: devo sapere che cosa è successo e come. Qualcosa è accaduto in quella casa. Quella stessa casa è diventata la tomba di Lorena. E io non lo posso accettare…Lorena era serena, non mi ha parlato di problemi. Era una casalinga e madre perfetta. Lei era il mio tutto, eravamo molto legate. Ora voglio sapere la verità”.

I due, qualche anno fa, pare si fossero allontanati per una sorta di pausa di riflessione ma poi, sembra per amore delle figlie, erano tornati insieme: ”Cieri ha risposto alle domande, il contenuto non lo posso dire ma è stato collaborativo – ha detto il Pm Falasca – le indagini proseguono”. La sorella della vittima, in veste di persona offesa, ha nominato un legale di parte, l’avvocato Francesca Di Muzio, per le tutele del caso:

Silvana Paolini, sorella della vittima

”No Lorena non era preoccupata – continua Silvana Paolini – non diceva mai che era stanca anche se andava a fare le notti alla suocera ricoverata in ospedale. Erano molto legate, lei l’adorava. L’anziana è morta alcuni giorni prima della tragedia. Da quando Lorena e Andrea si erano rimessi insieme sembrava andasse tutto bene, almeno apparentemente. Non mi ha mai parlato male di suo marito. Era tranquilla, non so che cosa sia potuto accadere…”.

Andrea Cieri è stato ascoltato due volte come persona informata sui fatti e una volta come indagato. In tutte e tre le occasioni l’imprenditore avrebbe respinto tutte le accuse contestategli dunque l’avviso di garanzia che gli è stato notificato rappresenta un atto a tutela della stessa persona: ”Vi ripeto che non l’ho uccisa io – ha ripetuto più volte al Pm – l’ho trovata sul divano morente e ho chiamato i soccorsi”.

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