Il Senato ha approvato in via definitiva il pacchetto di interventi urgenti. Maggioranza: “Un passo verso processi più veloci”. Opposizioni critiche: “Solo toppe provvisorie”.
Roma – Il Senato ha dato il via libera definitivo al decreto giustizia, approvato per alzata di mano dopo il passaggio alla Camera che aveva registrato 130 voti favorevoli contro 84 contrari. Il provvedimento introduce una serie di misure straordinarie per permettere all’Italia di centrare gli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza entro il 30 giugno 2026, con particolare attenzione alla riduzione dei tempi processuali e allo smaltimento dell’arretrato.
Il decreto si articola su tre assi principali: potenziamento delle risorse umane negli uffici giudiziari, snellimento delle procedure processuali civili e ottimizzazione delle riforme già in corso. Tra le novità più significative, viene ampliata la possibilità di utilizzare in modo più flessibile i magistrati della Cassazione e si consente di impiegare i giudici onorari di pace anche per coprire le carenze di organico dei magistrati professionali, una deroga temporanea ma considerata necessaria dalla maggioranza.
Per incentivare i trasferimenti verso le corti d’appello che non hanno ancora raggiunto i target richiesti, il decreto prevede indennità economiche e la possibilità di derogare ai tempi minimi di permanenza nelle sedi. Viene inoltre introdotto un piano straordinario per consentire ai magistrati di lavorare da remoto nella definizione dei procedimenti civili, una misura che l’opposizione ha criticato come contraddittoria rispetto alle posizioni precedenti dell’esecutivo sul processo telematico.
I capi degli uffici giudiziari ottengono poteri straordinari per riorganizzare il lavoro interno, potendo rivedere i criteri di assegnazione dei fascicoli e redistribuire i carichi in caso di squilibri o ritardi individuali. Per i nuovi magistrati del concorso bandito nel 2023 viene modificato il percorso di tirocinio, con i primi sei mesi da svolgere obbligatoriamente presso le corti d’appello occupandosi di materia civile.
Sul fronte penitenziario, il decreto stanzia 30 milioni di euro per verificare il funzionamento dei braccialetti elettronici e rafforza la magistratura di sorveglianza, aumentandone l’organico. Vengono inoltre modificate le norme sulla legge Pinto che regola gli indennizzi per l’eccessiva durata dei processi, permettendo di presentare domanda anche quando il giudizio è ancora in corso.
Il senatore Sergio Rastrelli di Fratelli d’Italia ha difeso il provvedimento sottolineando come l’obiettivo sia “restituire all’Italia un processo agile e moderno”, puntando al 90% di riduzione dei procedimenti civili pendenti e all’abbattimento del 40% dei tempi medi di definizione. Le opposizioni hanno invece bocciato senza appello l’intervento.
La senatrice Ilaria Cucchi di Alleanza Verdi e Sinistra ha definito il decreto “un provvedimento cerotto che non affronta le carenze strutturali”, mentre Alfredo Bazoli del Pd ha accusato il governo di voler “mettere una bandierina sul PNRR” senza preoccuparsi dei danni al sistema giudiziario.
Il decreto, entrato in vigore il 9 agosto scorso, doveva essere convertito entro il 7 ottobre. Con l’approvazione, le misure straordinarie diventano definitive, almeno fino alla scadenza prevista di giugno 2026, quando si verificherà se gli obiettivi europei siano stati effettivamente raggiunti.