Il ddl sicurezza approda a Palazzo Madama: tensione sulla norma “anti-Gandhi”

Il testo approvato alla Camera a settembre passa in Senato che dovrà licenziarlo in via definitiva. Molte le critiche al provvedimento.

Roma – Giovedì 28 novembre si è concluso l’esame degli emendamenti al “disegno di legge per la Sicurezza”. Le Commissioni Giustizia e Affari Costituzionali del Senato cominceranno a votarli dalla prossima settimana. Sono state dichiarate inammissibili molte delle proposte di modifica delle opposizioni. Il ddl Sicurezza è già stato approvato alla Camera a settembre e ora tocca a Palazzo Madama che dovrà licenziarlo in via definitiva. Ma sul provvedimento piovono numerose critiche. In particolare sulla norma ribattezzata “anti-Gandhi”, che prevede fino a due anni di carcere per i blocchi stradali in occasione di manifestazioni.

Ma di cosa si tratta? Le opposizioni contestano la norma che prevede il carcere fino a un mese per chi da solo blocca una strada o una ferrovia e da sei mesi a due anni se il reato viene commesso da più persone riunite. Anche le associazioni studentesche sono scese in piazza. Contrastate aspramente le misure che prevedono un innalzamento delle pene per danneggiamenti durante le manifestazioni o l’aggravante per punire la violenza o la minaccia a un pubblico ufficiale se commessa per impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di una infrastruttura strategica (la cosiddetta misura anti-no Ponte e no-Tav). Le misure, trattandosi di un disegno di legge, non sono ancora in vigore visto che deve essere ancora approvato dal Senato dopo l’ok della Camera.

Un blocco stradale di Ultima Generazione

La “Rete a pieno regime – no ddl Sicurezza” in una nota ha lanciato una nuovo appuntamento di protesta per “il prossimo 14 dicembre a Roma, per una manifestazione nazionale contro il ddl Sicurezza del governo Meloni. Vogliamo fermare questo attacco alla democrazia. La nostra mobilitazione continuerà anche nei giorni in cui il ddl approderà in aula. Con pratiche diverse, faremo in modo che questo attacco ai diritti fondamentali non diventi legge”. Ma la norma “anti Gandhi” non è l’unica contestata. Frutto di un testo approvato dal governo e poi modificato, con l’aggiunta di diversi articoli durante l’esame in sede referente nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia di Montecitorio, il ddl prevede oltre una ventina tra nuove fattispecie di reato e aggravanti. Ecco le principali novità.

OCCUPAZIONI ABUSIVE: ribattezzata ‘norma anti Salis’, dal nome dell’europarlamentare eletta nelle liste di Avs. Si prevedono fino a 7 anni di carcere per le occupazioni abusive di immobili altrui o sue pertinenze. Si dispone lo sgombero in tempi rapidi qualora l’immobile occupato sia l’unica abitazione effettiva del denunciante. REATI IN STAZIONI E METRO: si introduce una nuova aggravante nel codice penale, che scatta se il reato è commesso nei pressi di una stazione ferroviaria o metropolitana. STRETTA SU PROTESTE PRO CLIMA: fino a 5 anni di carcere per i danneggiamenti di beni immobili. Viene prevista l’aggravante se il danneggiamento è commesso su beni mobili o immobili adibiti all’esercizio di funzioni pubbliche. È ad esempio il caso della protesta che alcuni attivisti misero in atto contro il Senato, imbrattando di vernice una parte della facciata principale.

NORMA ANTI PROTESTE CONTRO TAV E PONTE: viene introdotta una specifica aggravante “se la violenza o la minaccia è commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica”. STOP SIT IN SU BINARI E STRADE: i partecipanti ai sit-in che impediscono la circolazione su strada o ferrovia rischiano il carcere. Il ddl trasforma l’attuale sanzione amministrativa in una fattispecie penale punita con il carcere. Pena ancor più pesante se il fatto è commesso da più persone riunite. BODY CAM PER AGENTI: le Forze di polizia – senza previsione di un obbligo – possono essere dotate di dispositivi di video-sorveglianza indossabili, idonei a registrare l’attività operativa e il suo svolgimento.

Tempi duri anche per i protagonisti delle rivolte in carcere: il ddl introduce una nuova aggravante al reato (che già esiste) di istigazione a disobbedire alle leggi. Se il reato viene commesso dentro un penitenziario, oppure nei confronti di persone detenute, la pena può essere aumentata fino a un terzo. Oggi va da sei mesi a cinque anni. In più nasce il reato di rivolta in carcere, che include non solo gli atti violenti ma anche la “resistenza passiva” agli ordini, punita da uno a cinque anni. Stessa regola per i Cpr dove sono trattenuti i migranti in attesa di espulsione. Un’altra norma riguarda gli stranieri: a loro viene vietato l’acquisto di una sim telefonica, se non hanno un regolare permesso di soggiorno.

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