Come due youtuber siciliani hanno trasformato l’infanzia in un mercato da 17 milioni di euro.
Il fenomeno digitale dei Me Contro Te, la coppia di youtuber siciliani Luigi Calagna e Sofia Scalia, è finito sotto la lente del giornalismo investigativo italiano. Salvo Sottile ha annunciato un’inchiesta che svela le contraddizioni di un sistema che trasforma l’infanzia nel business più redditizio del web.
Con oltre 7 milioni di iscritti su YouTube e quasi 11 miliardi di visualizzazioni complessive, i Me Contro Te sono diventati gli idoli indiscussi dei bambini italiani. Il loro pubblico è composto principalmente da minori tra i 5 e i 10 anni, attratti da colori accesi, giochi e canzoncine apparentemente innocue.
La società Me Contro Te Srl ha registrato ricavi per circa 6 milioni di euro nell’ultimo bilancio, con utili superiori a 2 milioni. Dal 2017 al 2023, l’accumulo totale avrebbe superato i 34 milioni di euro, grazie a un business diversificato che spazia tra video, film, merchandising, libri, album musicali e spettacoli.
La strategia controversa della classificazione
Il cuore dell’inchiesta riguarda una contraddizione nella strategia di monetizzazione del duo. Nonostante il pubblico sia composto quasi esclusivamente da bambini, non tutti i video risultano etichettati come “kids” su YouTube. Questa scelta tecnica ha conseguenze economiche significative.

La mancata classificazione permette di mantenere attive funzioni che dovrebbero essere disabilitate per i minori: pubblicità profilata, abbonamenti, sezione commenti e altre meccaniche di engagement. Secondo Sottile, questi strumenti “rendono dieci volte di più” rispetto ai contenuti ufficialmente destinati all’infanzia.
Gli investimenti immobiliari
Parte dei guadagni è stata investita strategicamente nel settore immobiliare milanese. I Me Contro Te possiedono 37 proprietà tra CityLife, Porta Garibaldi, corso Como e Gae Aulenti, per un valore stimato di 17 milioni di euro. Questi investimenti generano affitti per oltre 500 mila euro l’anno, consolidando un patrimonio che sfiora i 17 milioni complessivi.
Il vuoto normativo e le tutele insufficienti
La questione sollevata si inserisce nel contesto della normativa europea sulla protezione dei minori online. Il Digital Services Act, entrato in vigore nell’agosto 2023, stabilisce tutele precise: account con impostazioni private predefinite, limiti ai sistemi di raccomandazione e restrizioni sulle funzionalità che favoriscono un uso eccessivo delle piattaforme.

Tuttavia, il caso dei Me Contro Te evidenzia le “zone grigie” dell’economia digitale, dove esistono meccanismi poco trasparenti per i genitori. YouTube Kids offre filtri e limitazioni pubblicitarie ma molti contenuti vengono caricati su YouTube standard, sollevando dubbi sulle reali intenzioni di protezione dei minori.
L’evoluzione dei contenuti
Come osservato da Selvaggia Lucarelli, i Me Contro Te hanno recentemente avviato una “svolta passivo-aggressiva”, introducendo toni più maturi con il lancio di un podcast. Questa transizione riflette la sfida di molti creator che partono da un target infantile: mantenere rilevanza economica mentre il pubblico cresce e matura.
Il sistema che trasforma l’infanzia in business
Il problema, sottolinea Sottile nella sua inchiesta, non riguarda la legittimità dei guadagni individuali, ma un sistema normativo che consente di massimizzare i profitti attraverso meccanismi discutibili sul piano etico. I bambini trascorrono ore davanti a contenuti che appaiono innocui ma nascondono sofisticate strategie di monetizzazione.
Non si tratta di un fenomeno limitato ai Me Contro Te, ma di un problema sistemico dei contenuti digitali per minori. Le autorità europee stanno intensificando i controlli, con sanzioni fino al 6% del fatturato globale per chi viola il Digital Services Act.
Si tratta spesso di dinamiche invisibili ai genitori, che percepiscono questi contenuti come semplice intrattenimento mentre si sviluppano complesse strategie commerciali.
Il caso dei Me Contro Te diventa così emblematico del FarWest digitale contemporaneo, dove il successo commerciale si accompagna a pratiche che sollevano interrogativi etici fondamentali sulla protezione dell’infanzia nell’era digitale.