Il caso di Giacomo Passeri, lo spacciatore detenuto in Egitto che agita la sinistra

Interrogazione di Laura Boldrini. I parenti non riescono a parlare con il 31enne di Pescara, incarcerato per possesso di marijuana.

Roma – Il caso di Giacomo Passeri, l’italiano detenuto in Egitto, agita la sinistra. Il Pd e Avs vorrebbero la liberazione del trentunenne  e sparano a zero con il ministro Tajani. Giacomo Passeri non è in carcere per reati di opinione, come era successo a Zaki, liberato grazie al lavoro diplomatico di Giorgia Meloni, ma perché accusato di spaccio di stupefacenti. “Una piccola quantità di marijuana per uso personale”, sostiene Laura Boldrini relativamente al possesso di droga del ragazzo italiano detenuto a Il Cairo, ma è una bugia. Luigi Giacomo Passeri, 31 anni, originario della Sierra Leone, arrivato a Pescara nel ’97 e residente a Londra, è accusato di detenzione e traffico internazionale di stupefacenti.

Stando all’accusa il ragazzo sarebbe stato trovato con quattro tipi diversi di droga: poco dopo l’arresto, il 23 agosto 2023 in un hotel di Sharm el-Sheik, i medici avrebbero scoperto che in pancia aveva 60 ovuli di stupefacente. Finito in manette si sarebbe sentito male, quindi il trasporto d’urgenza in ospedale per un’operazione di appendicite, ma durante l’intervento il chirurgo avrebbero capito che i dolori erano dovuti a ben altro. Passeri a Londra faceva il pizzaiolo e l’intrattenitore. È il più piccolo di cinque fratelli, tutti nati in Africa, a Freetown, dove il padre, ingegnere di Pescara, si era trasferito per lavoro. Nel casellario giudiziale del 31enne ci sono una condanna per lesioni personali (reato commesso nel 2014), 9 mesi di reclusione (pena sospesa); e resistenza a pubblico ufficiale (2015), condanna a 6 mesi di carcere e anche in questo caso ha goduto della condizionale. Passeri non avrebbe contatti con la famiglia dal 28 agosto dell’anno scorso.

Ma i deputati della commissione Esteri del Pd attaccano il ministro Tajani, affermando che, “La Farnesina non ha ancora fornito dettagli utili nelle sedi parlamentari e oggi apprendiamo informazioni precise sulle ragioni dell’arresto di cui non eravamo a conoscenza e che possono provenire solo da fonti della Farnesina. Se questo fosse confermato, ci troveremmo di fronte a una grave violazione delle prerogative del Parlamento e di una deputata che ha legittimamente chiesto al governo di fare chiarezza sulle condizioni e sui diritti di un nostro connazionale detenuto all’estero, peraltro in un paese come l’Egitto non nuovo a gravi violazioni dei diritti umani, come dimostra il caso Regeni”, dicono gli esponenti dem riferendosi all’interrogazione di Laura Boldrini.

La sinistra strepita. Vuole montare un nuovo “caso Zaki”. ”Da agosto scorso non siamo mai  riusciti a vederlo e neppure a sentirlo. Eppure ci abbiamo provato, tramite l’Ambasciata italiana che si trova al Cairo, tramite un  costosissimo avvocato che abbiamo trovato da quelle parti e tramite  conoscenti”. Così Andrea Passeri, fratello di Giacomo ”detenuto – dice il fratello – dallo  scorso mese di agosto, nel carcere Badr 2. Speriamo che si riesca a riportarlo a casa al più presto, sano e salvo, è tutto quello che  vogliamo”.

Laura Boldrini

“Abbiamo avuto, sporadicamente e raramente, qualche stralcio di  lettera, che è riuscita a farci arrivare di nascosto. Circa un mese e mezzo fa l’altro fratello che sta Roma, Marco Antonio, tramite l’Ambasciata, ha fatto richiesta di andare a visitarlo, siamo in attesa  di risposta. Stiamo premendo anche per una videochiamata, perché non  conosciamo le sue reali condizioni e siamo preoccupati. Ogni tanto, tramite intercessioni, riusciamo a fargli avere qualche messaggio tramite whatsapp”.  Giacomo è stato arrestato perché deteneva droga: su quanta e di che tipo al momento non c’è chiarezza, ma familiari parlano di marijuana per uso personale.

”Al di là dei fatti e delle contestazioni che gli vengono mosse – continua Andrea Passeri – alla famiglia, per cui questa vicenda si trascina da quasi un anno ormai, preme sapere che stia bene e che venga curato in caso di necessità e trattato come un essere umano va trattato. Finora, su questa vicenda, abbiamo riscontrato disinteresse generalizzato. Ora speriamo che le istituzioni siano più presenti e si mobilitino”. Dai pochi documenti spediti solo in lingua araba emergerebbero, da parte della polizia egiziana, accuse ben più gravi: detenzione e traffico di stupefacenti oltre a quella di far parte di far parte di una piccola rete di spaccio sul mercato locale.   

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