L’ex procuratore De Raho vede un senso nel pentimento di Schiavone, ma si rincorrono i dubbi sulla reale collaborazione con gli inquirenti.
Roma – L’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho che iniziò a indagare sui casalesi all’inizio degli anni ’90, all’indomani della cattura di Francesco Schiavone, si è detto convinto che una collaborazione con Sandokan possa ancora avere senso: è colui che conosce i segreti del clan, da quando operava con Antonio Bardellino (il fondatore della cosca sparito nel nulla e, secondo le sentenze, assassinato in Brasile nel 1988, ndr) e poi in tutti gli anni a seguire. Conosce i nomi di chi ha fatto parte della rete di imprenditori che hanno stretto accordi e affari e sa dove è nascosta la cassaforte del clan che non è mai stata trovata”.
Inoltre, De Raho è convinto che “oggi Schiavone potrebbe lanciare un messaggio potente: potrebbe dire a tutti che far parte della camorra non paga, ma anzi determina un allontanamento dagli affetti, dalla famiglia e da tutto ciò che è davvero importante nella vita di un uomo”. Ma Sandokan ha dei segreti che non rivelerà mai nonostante il pentimento? Lo scrittore Roberto Saviano ha riferito che il boss fosse davanti a un bivio. Quello in cui doveva scegliere tra conservare la sua leadership attraverso il silenzio, come gli irriducibili Francesco Bidognetti e Michele Zagaria. Oppure perderla parlando ma con la possibilità di poter uscire dal carcere dopo 26 anni di detenzione. Oggi potrebbe svelare gli autori di alcuni omicidi ancora irrisolti. E la natura dell’improvvisa ricchezza di alcuni imprenditori.
Potrebbe, ma lo farà? La risposta è affidata all’incertezza. Più sicuro appare il fatto che invece non abbia intenzione di svelare dove si trovano i tesori dei clan, né le coperture politiche che hanno consentito di accumularlo. La scelta di Schiavone è fresca: risale ad appena un mese fa, con il trasferimento dal carcere di Parma a quello de L’Aquila, quando lo Stato ha dato l’ok alla possibilità di collaborare. Circolava voce che il boss dei Casalesi fosse malato di tumore ma quando i risultati sono stati negativi gli investigatori non hanno smentito per tenere riservata la collaborazione.
Il primo ad ascoltarlo è stato il capo della Direzione Nazionale Antimafia Giovanni Melillo. Oggi può aprire la cassa di un immenso tesoro, dice l’ex magistrato Franco Roberti. E sulla morte del fondatore del suo clan Antonio Bardellino. A conoscere molti dei segreti di Sandokan – ipotesi che si fa sempre più certezza – è Guido Longo, il poliziotto che lo scovò dopo una indagine lunga e vincente e un blitz infinito, che ha detto: “Ci sono ancora parecchi misteri da chiarire sulla storia criminale del clan dei Casalesi: Schiavone quei segreti li deve per forza conoscere…”.
Spero che “Sandokan” possa “parlare dei suoi rapporti con la politica e l’imprenditoria” della provincia di Caserta “in riferimento anche alla Terra dei fuochi”, auspica Raffaele Cantone, attuale capo della Procura di Perugia, che in passato da pubblico ministero si è occupato di alcune importanti inchieste contro il clan dei Casalesi che, a processo, hanno portato a condanne in via definitiva all’ergastolo proprio per l’ormai ex boss pentito. Adesso la speranza è che Schiavone possa rendere dichiarazioni che permettano agli inquirenti di far luce su episodi che, ancora oggi, restano oscuri”.