Gli effetti economici della pandemia iniziano a farsi vedere. Secondo l’analisi dell'Organizzazione mondiale del lavoro più di un ragazzo su sei ha smesso di lavorare
Roma – Gli effetti economici della pandemia iniziano a farsi vedere. Secondo l’analisi dell’Ilo (l’Organizzazione mondiale del lavoro) divulgata in questi giorni, più di un ragazzo su sei ha smesso di lavorare a causa del Covid. Non solo, chi è riuscito a salvare la propria occupazione ha visto comunque una riduzione del 23% circa del monte ore totale. Complessivamente l’emergenza sanitaria sta portando ad una perdita stimata del 10,7% delle ore occupazionali nel mondo. Se confrontiamo il secondo trimestre 2020 con quello dell’anno precedente, ci accorgiamo di una riduzione pari a 305 milioni di posti di lavoro a tempo pieno.
La quasi totalità dei lavoratori (94%) vive in un Paese con qualche tipo di misura restrittiva sui luoghi di lavoro per il contenimento dei contagi. I giovani sono le persone più esposte a questa crisi. Questo fattore risente della tipologia di attività che svolgono: il 77% rientra nell’economia informale (la media per gli over 25 è di circa il 60%) e in oltre 4 casi su dieci opera nei settori più colpiti, che attualmente vede impegnati 178 milioni di ragazzi. Inoltre, già prima della crisi, c’erano 267 milioni di giovani che non studiavano né lavoravano, i cosiddetti Neet, (not in employment, education or training).
L’emergenza sanitaria ha reso la vita più difficile anche molti studenti. Metà di loro si aspetta di completare i propri studi in ritardo, mentre il 10% dubita di poterli completare del tutto. Che lavorino o no, dall’inizio della pandemia la maggioranza dei giovani intervistati dall’Ilo racconta di essere diventato suscettibile ad attacchi di ansia e depressione.
Dall’Ilo arriva quindi un appello a una risposta politica “…Urgente e su larga scala per evitare danni a lungo termine ai giovani in termini di formazione e prospettive nel mercato del lavoro…”. Insomma, la richiesta dell’organizzazione è quella di pensare alla ripartenza partendo dal lavoro.
In particolare, sottolinea ancora l’Ilo, sarebbe importante inserire i più giovani all’interno di una cornice di politiche del lavoro inclusive e lungimiranti e collegata ai piani di rilancio. Il supporto andrebbe incanalato “…In quei settori in grado di creare lavoro decente e produttivo…”, che possono portare a dimezzare le ore di lavoro perdute.