L’ex insegnante si era battuto come un leone affiche Serena Mollicone ottenesse giustizia. Poi si era ammalato e le sue condizioni sono poi precipitate sino alla morte. La famiglia non mollerà sino all’esito del processo che vedrà alla sbarra i presunti responsabili di un omicidio tanto odioso quanto vigliaccamente consumato contro una ragazzina inerme
ARCE – Si è spento “Papà Coraggio” dopo cinque mesi di coma dovuti ad un ictus cerebrale. Guglielmo Mollicone, 72 anni, non ce l’ha fatta a superare la grave patologia che l’aveva colpito nel novembre scorso. E’ spirato un giorno prima dell’anniversario della morte della figlia Serena, uccisa il 1 giugno del 2001.
L’uomo si era battuto come un leone per giungere alla verità sull’omicidio della ragazza che, stante alle risultanze investigative, sarebbe avvenuto all’interno della caserma dei carabinieri di Arce ad opera proprio di militari e loro congiunti. A fine mese, infatti, riprenderà il processo a carico di Franco Mottola, ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, della moglie Annamaria, del figlio Marco, del sottufficiale Vincenzo Quatrale e del carabiniere Francesco Suprano, a vario titolo accusati di omicidio volontario, occultamento di cadavere, favoreggiamento e depistaggio.
Accuse gravissime che se varranno portate in aula con la forza di prove porterebbero i responsabili dell’omicidio di Serena, trucidata all’interno dello stabile e poi abbandonata in un bosco, verso l’ergastolo. Grazie all’ennesima verifica di tutti gli atti investigativi svolti dalla stessa Arma, comando provinciale di Frosinone, alla rivisitazione approfondita e sistematica di tutti gli atti, alla riesumazione del cadavere e all’applicazione di tecniche all’avanguardia e con la preziosa collaborazione della professoressa Cristina Cattaneo, del Labanof dell’Istituto di medicina legale di Milano e del Ris dei carabinieri di Roma, la Procura di Cassino avrebbe in mano le prove necessarie per attestare che Serena è stata uccisa in caserma.
La giovane, infatti, si era decisa a denunciare un vasto giro di droga che avrebbe visto coinvolto anche il figlio del maresciallo comandante Mottola che, per evitare lo scandalo e forse altre responsabilità, avrebbe aiutato il congiunto a sopprimere Serena e a disfarsi del suo cadavere per poi depistare le indagini sin dall’inizio. Appena avuta notizia della richiesta di rinvio a giudizio dei cinque indagati, Guglielmo Mollicone aveva esultato di gioia per il risultato raggiunto dopo anni di dolore rinnovato e di archiviazioni:
”… Giusto sapere la verità dopo 18 anni – disse l’anno scorso Mollicone prima del ricovero in ospedale – Sono 18 anni che Serena è stata uccisa, è giusto finalmente sapere la verità. Sono fiducioso che, a questo punto, la verità verrà fuori totalmente e chi ha sbagliato deve pagare. Con indagini ben fatte è stato constatato che è successo quello che io, già allora, sostenevo. Serena non aveva nemici, né io avevo nemici così crudeli da ucciderla…”.
Il maestro-eroe di Arce adesso non c’è più ma ai suoi funerali c’era tutta la cittadina frusinate. Anche i concittadini che non hanno mai aiutato Guglielmo e quelli che gli sono stati sempre accanto. C’era anche una rappresentanza dell’Arma dei carabinieri, per altro costituitasi parte civile nell’instaurando procedimento penale. C’era un plotone della guardia di Finanza e il primo cittadino Luigi Germani che ha proclamato il lutto cittadino.
Una prova di stima e affetto come un’altra a riprova del valore e della determinazione di un uomo che ha sfidato le istituzioni pur di ottenere giustizia per un omicidio assurdo quanto vigliaccamente consumato in più persone contro una ragazzina inerme eppure tanto coraggiosa. Striscioni e applausi all’entrata e all’uscita del feretro dalla chiesa dei Santissimi Pietro e Paolo nel rispetto delle norme anti-assembramento. Adesso a combattere la battaglia per la giustizia di Serena rimane la sorella Consuelo che assieme ai parenti paterni seguiranno le diverse fasi giudiziarie sino alla sentenza. Fra i partecipanti alla cerimonia funebre c’era anche il colonnello dei carabinieri Fabio Imbratta. L’ufficiale era amico di Guglielmo Mollicone e lo aveva aiutato dando nuova linfa alle indagini e, in pratica, riaprendo il fascicolo sulla morte di Serena:
”… Ho lottato per lenire il tuo dolore di padre, ho lottato affinché la tua anima si potesse dissetare alla fonte della giustizia degli uomini, abbiamo scardinato un sistema di paura e omertà affinché una comunità potesse ritrovare la certezza della verità e la fiducia nello Stato che deve proteggerla…”.