Il Colle avrebbe mandato un avviso alle Camere in queste ore. Contrarietà del Capo dello Stato che non darebbe il via libera.
Roma – Stop del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla modifica inserita nel decreto legge fiscale del meccanismo che permette ai contribuenti di destinare al finanziamento dei partiti il due per mille, in particolare in riferimento alla ripartizione dei fondi così ottenuti. Fonti del Quirinale confermano la contrarietà del Capo dello Stato, che non darebbe il via libera ad una norma del genere per vari motivi. Innanzi tutto la mancanza di omogeneità rispetto alla materie contenute nel provvedimento in discussione al Senato. Il Colle avrebbe mandato un avviso alle Camere in queste ore. Difficilmente quindi potrebbe passare il vaglio degli uffici del Quirinale.
Inoltre una riforma del genere richiederebbe un provvedimento ad hoc e non una semplice disposizione contenuta in un emendamento ad un decreto legge che ha delle caratteristiche particolari, in primis i requisiti di necessità ed urgenza. Infine il cambiamento proposto avrebbe un impatto notevole sulle finanze pubbliche e su fondi che derivano dalle scelte dei cittadini. Modificare la disciplina del 2 per mille ai partiti, cioè la quota della propria Irpef che i contribuenti decidono di girare al finanziamento della politica.
Questo il contenuto, attualmente al vaglio della Commissione Bilancio del Senato, proposto dal Partito Democratico e riformulato dal governo, che prevede da un lato di abbassare la quota dell’imposta sul reddito da destinare alla politica dal 2 allo 0,2 per mille, ma dall’altro di estendere la platea a tutti i contribuenti attraverso un meccanismo di ripartizione generalizzata tra le forze politiche, aumentando la dotazione ai partiti a 42,3 milioni.
Secondo il testo infatti nel caso in cui il contribuente non esprima una scelta sul partito a cui indirizzare questa quota, allora “la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse”. Di fatto quindi quello 0,2 per mille sarà ‘versato’ da ogni contribuente italiano, ripartendo le quote di chi non ha indicato una forza politica specifica sulla base delle preferenze espresse da chi invece lo ha fatto, privilegiando quindi di volta in volta i partiti più ‘gettonati’. Gli oneri calcolati per questo nuovo meccanismo – si legge nell’emendamento – sono pari a 42,3 milioni di euro dal 2025 a cui, secondo il provvedimento (quasi raddoppiato rispetto al precedente tetto di 25 milioni).
Partecipano alla destinazione del 2 per mille solo i partiti il cui statuto è stato valutato dalla Commissione di garanzia degli statuti per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici in regola con le disposizione previste dall’art.3 della già citata legge di riferimento. Per la ripartizione della somma tra le forze politiche entrano in gioco le scelte dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi. Il contribuente può indicare sulla scheda un solo partito politico cui destinare lo 0,2 per mille. In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse. In sostanza, per i partiti politici si applica lo stesso meccanismo dell’8 per mille.
“È inaccettabile l’aumento dei fondi, non è più l’opzione dei cittadini ma un finanziamento pubblico ai partiti”, ha commentato il capogruppo del M5S in Senato, Stefano Patuanelli, in merito alla possibile modifica, con un emendamento al dl Fiscale riformulato dal governo, del meccanismo del 2 per mille ai partiti. Anche Avs è contraria. Lo si apprende da fonti parlamentari, che sottolineano che la riformulazione non verrà accettata e nel caso verrà ritirata la firma dalla proposta. Nella formulazione originaria l’emendamento, viene spiegato, prevedeva un aumento di fondi di 3 milioni per dare copertura effettiva alla scelta dei contribuenti che in dichiarazione dei redditi hanno destinato il 2 mille a un partito, in eccedenza rispetto allo stanziamento iniziale previsto di 25 milioni.