Il leader del Carroccio risponde alle critiche del Senatùr e tenta di smorzare le polemiche di chi vorrebbe un suo passo indietro: “Avanti tutta, il bello deve ancora venire”.
Varese – “Io non c’ero 40 anni fa, sono del 1973 e ho fatto la prima tessera nel ’90. Ringrazio colui che tutto ha cominciato. Senza Umberto Bossi non saremmo qui e milioni di italiani non parlerebbero di libertà”. È un Matteo Salvini in veste di pompiere quello che celebra oggi a Varese, insieme ai fedelissimi di partito, i primi 40 anni del Carroccio.
Un’avventura iniziata proprio nella città-giardino il 12 aprile 1984, quando Umberto Bossi fondò – quel giorno c’erano anche Manuela Marrone, Giuseppe Leoni, Pierangelo Brivio, Marino Moroni ed Emilio Benito Rodolfo Sogliaghi – la Lega Autonomista Lombarda. A ricordare il percorso del movimento, poi diventato “Lega Lombarda” – con il simbolo di Alberto da Giussano – e poi Lega Nord, la festa di oggi, con la grande torta per festeggiare il compleanno del Carroccio e una risottata. Presenti in grande spolvero oltre a Salvini anche ministri, amministratori locali e altri esponenti della Lega, mentre negli stand allestiti in piazza del Podestà i militanti hanno esposto i cimeli storici del partito, risalenti addirittura ai primi anni di Umberto Bossi. Il tutto sotto lo striscione, affisso sul balcone della storica sede di piazza del Podestà, che recita “Capo, Bobo, Matteo, una storia ci Lega”: Bossi, Maroni e Salvini, rispettivamente coloro che hanno iniziato, continuato e oggi ereditato cerca – almeno sulla carta – il medesimo progetto politico.
Ma in questo momento storico c’è chi, questa linea di continuità, proprio non la vede. Ieri diversi esponenti storici del Carroccio, a cominciare da Roberto Castelli e Paolo Grimoldi, hanno preferito festeggiare il compleanno un giorno prima a Gemonio, a casa di Bossi. Non risparmiando a Salvini critiche e inviti a farsi da parte. E disertando – Senatùr in testa, che pure era stato invitato – la celebrazione di oggi. “Bossi lo avevo invitato oggi – ha detto Salvini in risposta a chi glielo ha chiesto – ha fatto altre scelte, ma va bene così. Bossi può dire quello che vuole, sono in Lega da 30 anni e sono abituato alle sue telefonate notturne e diurne di insulto e di polemica”.
Già, le polemiche. Proprio ieri Bossi incalzato dai giornalisti non è stato tenero con Salvini, anche se non ha affondato il colpo. “Salvini ha preso la sua strada – ha proseguito – ciascuno prende la sua strada, ci vuole un po’ di testa”, ha detto il Senatùr. E oggi? “Oggi serve un’altra spallata per cambiare le cose, la Lega deve essere uno sprone”, ha detto Bossi. Molto più diretto Roberto Castelli, che ieri ha sottolineato la trasformazione della Lega salviniana “da partito federalista, autonomista e con venature indipendentiste” in “un partito centralista” e “meridionalista”, invitando Salvini a “prendere atto che la sua stagione ormai è finita” e a passare la mano. Sulla stessa linea Paolo Grimoldi, che si augura che Salvini “faccia il ministro”, faccia “un passo di lato” lasciando “la battaglia autonomista a chi ci crede ancora, ai tanti movimenti autonomisti che stanno nascendo”.
Critiche che, almeno in apparenza, non sembrano scalfire più di tanto Salvini, che rilancia: “Io faccio il meglio delle mie possibilità da 10 anni, con anima, tempo e cuore e rischiando anche nel privato pur di portare avanti i nostri ideali”. E rivendica il fatto “di aver fatto crescere un partito che stamani ha al lavoro 500 sindaci in tutta Italia”. Un’azione, la sua, pienamente supportata tanto dai “pretoriani” di partito quanto dagli esponenti della Lega per Salvini al governo. “La Lega deve andare avanti con Matteo Salvini, che nel 2013 ha avuto la grande intuizione di portare la rivoluzione del federalismo e della libertà in tutta Italia”, ha detto il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, sottolineando come “la direzione di Salvini è quella giusta”.
Supporto pieno anche da parte del capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, il quale ha ribadito la bontà della posizione di Salvini anche nei toni di risposta a Bossi e ha “consacrato” la “troika” che in questi primi quarant’anni ha guidato il Carroccio. “Salvini ha detto bene: Bossi è abituato a esprimere critiche, però penso che così come siamo riconoscenti a Bossi per aver fondato la Lega, a Maroni per averla salvata in un momento difficile, a maggior ragione lo dobbiamo essere a Salvini per quello che ha fatto e sta facendo”.
Il leader della Lega, quindi, tira dritto, si gode il bagno di folla contornato dai fedelissimi – in prima fila Giancarlo Giorgetti, Attilio Fontana, Roberto Calderoli, Fabrizio Cecchetti, Matteo Luigi Bianchi -, e taglia la torta schivando le graffiate del Senatùr, che ancora oggi può vantare ancora l’affetto di non pochi seguaci e nostalgici. “Ringrazio colui grazie a cui tutto è cominciato: senza Bossi non saremmo qui e milioni di italiani non parlerebbero di libertà”, dice riferendosi a Bossi. Ma poi gli manda una piccola frecciata, ricordando come Roberto Maroni abbia “preso il testimone e ha guidato la Lega nei mesi più complicati”, quelli cioè, nei quali lo stesso Bossi era travolto dall’inchiesta giudiziaria sull’ex tesoriere Francesco Belsito e che mise in evidenza la ormai celebre frode dei 49 milioni di euro di soldi pubblici per i rimborsi elettorali, secondo la magistratura usati dalla Lega in maniera illegittima.
Contornato dai suoi, Salvini respinge al mittente le accuse di “centralismo” e “meridionalismo” e rilancia: “Dopo 40 anni l’Autonomia arriva al passaggio finale. Era l’anelito solo di alcuni territori ma ora può essere occasione di riscatto per tante regioni”. Poi suona la carica per le Europee, promettendo di lavorare per la pace in un momento storico in cui soffiano sempre più forti i venti di guerra: “Chi sceglierà la Lega sceglierà chi lavora per la pace”, promette. E guarda con tranquillità al futuro: “Per quello che mi riguarda – aggiunge Salvini – per la Lega e per l’Italia il bello deve ancora venire. Se andiamo avanti insieme, non ce n’è per nessuno”.
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