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Fatto di coca e alcol, bastona a morte il padre che voleva salvarlo

E’ morto così Giovanni Fresi, apprezzato orafo di Arzachena, nell’ultimo disperato tentativo di tirare fuori dai guai quel figlio ormai in preda al delirio.

ARZACHENA (Sassari) – Voleva evitare, come altre volte, che il figlio si mettesse nei guai ma il giovane l’ha ripagato con una bastonata in testa. Cosi è morto Giovanni Fresi, noto orafo di 58 anni, colpito a morte da un colpo di mazza sferrato sul cranio con estrema violenza dal figlio Michele, 27 anni, in evidente stato di alienazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti e alcol. La tragedia si è consumata lo scorso 28 dicembre quando quindici minuti dopo la mezzanotte arrivava al 112 una prima segnalazione che riguardava un giovane in stato confusionale che si aggirava per le vie di Arzachena recando fastidio ai passanti. Il personale del 118 accorreva prontamente in un locale di viale Costa Smeralda dove individuava Michele Fresi che, avvicinato dai paramedici, rifiutava il sostegno sanitario.

A sinistra Michele Fresi a torso nudo dentro il locale mentre spaventa gli avventori

Sul luogo arrivava anche il padre Giovanni, artigiano assai noto nella cittadina, che prendeva in consegna il figlio. Anche i carabinieri della locale Stazione raggiungevano viale Costa Smeralda a seguito di una seconda segnalazione da parte di una donna che si diceva vittima di aggressione all’esterno di un pub. I militari identificavano una ragazza di 24 anni che presentava evidenti ecchimosi al volto provocate, a suo dire, da un giovane di 27 anni dopo che entrambi avevano fatto uso di cocaina. La ragazza, subito dopo, sarebbe stata trasportata dai sanitari del 118 presso l’ospedale Giovanni Paolo II di Olbia per le cure del caso. A questo punto i militari si mettevano alla ricerca di Michele Fresi che incontravano nei dintorni della grande arteria cittadina mentre roteava in aria un grosso bastone di legno minacciando gli occupanti delle auto in transito.

I carabinieri immobilizzano Michele Fresi all’uscita del locale

I carabinieri tentavano di disarmarlo ma il giovane, scalzo e a petto nudo, reagiva con forza tanto da ingaggiare una colluttazione con i pubblici ufficiali che venivano brutalmente colpiti al volto e agli arti. Grazie al provvidenziale arrivo dell’equipaggio di una radiomobile i carabinieri riuscivano ad immobilizzare il giovane con il Taser e successivamente lo traevano in arresto trasferendolo in caserma a disposizione dell’autorità giudiziaria. La centrale operativa del soccorso pubblico riceveva una terza segnalazione ad opera di cittadini che avevano notato il corpo di un individuo, disteso sull’asfalto di piazza Risorgimento, che non dava più segni di vita. L’uomo veniva identificato come Giovanni Fresi, padre di Michele, che veniva trasportato d’urgenza presso il nosocomio di Olbia ma due ore dopo, a causa di una profonda ferita al capo, spirava senza riprendere conoscenza.

Immediatamente scattavano le indagini, coordinate dalla Procura di Tempio Pausania, per accertare le responsabilità della morte del gioielliere ma i carabinieri, in poco tempo, riuscivano ad identificare nel figlio della vittima il presunto responsabile della morte del povero genitore. Orafo, filigranista e gioielliere apprezzato, Giovanni Fresi, nella sua bottega di via Lamarmora, disegnava e realizzava gioielli di grande pregio artistico che tutti i suoi clienti gli riconoscevano. L’uomo aveva un unico cruccio: il figlio. Quel giovane, dal carattere difficile, era vissuto senza madre e negli anni aveva maturato un grande disagio psichico reso ancora più grave dall’utilizzo di droghe. Nel passato Michele Fresi si era reso responsabile di risse e scazzottate ed era diventato un volto noto alle locali Forze di polizia.

Michele Fresi, il presunto patricida

Il padre, pazientemente, l’aveva sempre perdonato ed era intervenuto per evitargli guai più grossi. Il giovane, già in età scolare, pare fosse in cura in un centro per patologie psichiatriche ma in età più avanzata pare fosse assai peggiorato nonostante il padre tentasse di fare l’impossibile per circondarlo di attenzioni e indurlo ad una vita più tranquilla. Sino a quella maledetta notte quando nessuno poteva pensare che il rapporto tra padre e figlio finisse in tragedia:

”Sono veramente incredulo di fronte a quanto avvenuto – ha detto Roberto Ragnedda, sindaco di Arzachena – Sono sconvolto, così come lo è l’intera comunità, che si è svegliata con la tragica notizia della violenta morte di un compaesano, un amico. Possiamo solo manifestare la nostra vicinanza alla famiglia ed esprimere tutto il nostro cordoglio, proclamando il lutto cittadino nella giornata che le autorità stabiliranno per i funerali, così che tutti gli arzachenesi abbiano la possibilità di stare accanto ai familiari…”.

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