“Fa troppo caldo, si torni a scuola a ottobre”: la proposta dei docenti che fa infuriare i genitori

L’appello di sindacati e associazioni al ministro Valditara per “evitare malori”. Ma le famiglie, con tre mesi di vacanze da gestire tra lavoro e costi elevati dei centri estivi, sono sul piede di guerra.

Fa troppo caldo? La scuola può attendere. Alcuni sindacati e associazioni di docenti, visti i cambiamenti climatici in corso e le temperature sempre più alte che caratterizzano i mesi estivi, chiedono al Ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, di cambiare il calendario facendo slittare la data di inizio dell’anno scolastico. “Con questa afa è assurdo iniziare le lezioni entro metà settembre, meglio ottobre. Ci vuole buon senso e lungimiranza. Anche i cicli produttivi devono cambiare e la pubblica amministrazione deve avviare questi cambiamenti secondo il clima”, spiega Marcello Pacifico, il presidente dell’Anief.

Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani ha scritto al presidente della Società Italiana di Pediatria, Annamaria Staiano, al presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri, Antonio D’Avino e al presidente Associazione Nazionale Pedagogisti, Maria Angela Grassi, chiedendo di esprimere un parere scientifico sull’opportunità o meno di posticipare l’avvio dell’anno scolastico 2024/2025.

In precedenza il Coordinamento aveva chiesto al ministro Valditara e alle Regioni di valutare la possibilità di modificare il calendario scolastico “per evitare possibili malori sia per gli studenti fragili che per gli insegnanti, la cui età media, da statistica, è spesso elevata. Riteniamo necessario ritornare sull’argomento in modo da ipotizzare soluzioni adeguate e tempestive”, scrive il presidente Romano Pesavento.

Una proposta che però ha sollevato le proteste delle associazioni dei genitori, che sono sul piede di guerra e a loro volta rilanciano raccolte firme per ottenere, a loro volta, una revisione del calendario scolastico ma in senso diametralmente opposto. A pesare sono le difficoltà create dal lungo stop estivo alle lezioni – ben tre mesi, dai primi di giugno ai primi di settembre – con conseguente necessità, per le famiglie che lavorano, di ricorrere ai centri estivi. Opzioni non certo per tutti perché non sono presenti ovunque e quando lo sono, risultano costosissime. “La lunghissima pausa scolastica – si legge in una petizione che ha raccolto 60mila firme – moltiplica le disuguaglianze, favorisce la perdita di competenze cognitive e relazionali di bambine, bambini e adolescenti e scoraggia la conciliazione di vita-lavoro per tanti genitori costretti a destreggiarsi tra campi estivi costosissimi e mancanza di alternative a prezzi ridotti”.

La richiesta dei docenti stride apertamente anche con il decreto firmato proprio dallo stesso ministro l’11 aprile scorso, ovvero il decreto che stanzia 400 milioni di euro per finanziaria l’apertura delle scuole durante il periodo estivo. Fino a oggi, infatti, gli istituti scolastici rimanevano chiusi da giugno a settembre (con date leggermente differenti per le scuole dell’infanzia e in base ai calendari regionali). Con questo progetto si vogliono invogliare gli istituti a organizzare attività durante il periodo estivo in cui le lezioni sono sospese, momento critico per le centinaia di migliaia di famiglie lavoratrici per le quali avere a casa i figli non è solo un problema ma può comportare un autentico salasso.

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