Expo 2030, una Caporetto diplomatica da cui non si salva nessuno

La vittoria di Riad nella corsa ad aggiudicarsi l’Esposizione non è mai stata in discussione, ma il terzo posto di Roma è un colpo d’immagine pesantissimo.

La grande bruttezza. Come ampiamente previsto lo strapotere finanziario messo in campo dall’Arabia Saudita non ha lasciato scampo alle concorrenti, quantunque una di queste si chiamasse Roma e avesse dalla sua il fascino della Città Eterna. Evidentemente non è bastato ad arginare il fascino moderno dei petrodollari. Ma tra le pieghe di una sconfitta annunciata ci sono veleni difficili da smaltire.

La capitale dell’Arabia Saudita Riad, ospiterà Expo 2030. La votazione decisiva è avvenuta a Parigi, nella sede del Bureau International des Expositions (BIE), l’organizzazione intergovernativa che gestisce le Esposizioni universali, e che assegna le varie edizioni attraverso un voto in cui ciascuno Stato esprime una preferenza tramite un suo delegato. A Riad sono andati 119 dei 182 voti disponibili, la città sudcoreana di Busan è arrivata invece seconda con 29 voti. Roma è arrivata terza, ottenendo appena 17 voti.Il

Per il sindaco Gualtieri una dura battuta d’arresto

Nelle ultime settimane era diventato chiaro che Riad avrebbe vinto agevolmente, ma Roma e i responsabili della candidatura designati dal governo erano convinti di poter fare affidamento su una base minima di 50 voti, e quindi di poter raggiungere almeno il secondo posto. Non è andata così, i presunti amici si sono sfilati in dirittura d’arrivo e hanno obbligato l’Italia ad una figuraccia storica, una disfatta diplomatica dalla quale davvero non si salva nessuno.

Il sindaco della Capitale Gualtieri si è esposto in prima persona ed è giusto che diventi oggi la faccia principale di questa sconfitta. Agli annosi mali di Roma non ha saputo mettere riparo – chissà se mai qualcuno ci riuscirà… – e il fascino eterno dell’Urbe evidentemente da solo non basta più a convincere una nutrita platea internazionale che di Roma continua ad essere innamorata, ma che ai suoi languidi tramonti, parlando di Esposizioni internazionali, preferisce il prosaico business.

Ma non spetta però ad un sindaco il compito di convincere la diplomazia internazionale della bontà di un progetto. Per questo dalla sconfitta di Roma esce male anche il governo nazionale, che si scopre internazionalmente isolato più di quanto non paventasse. Meloni ha fatto pochino, spendendosi con parsimonia pubblicamente ed evidentemente ancor meno, o con poco costrutto, negli incontri privati. I presunti amici fidati dl Belpaese, dall’Albania ai paesi africani coinvolti dal piano Mattei, quasi tutti hanno voltato le spalle, per non parlare dell’Europa dove pochi hanno scelto Roma. La puzza di scoppole si sentiva lontano un miglio e infatti la premier si è tenuta lontano da Parigi dove ha spedito a rappresentare l’esecutivo il ministro dello Sport Abodi.

La grande bellezza non è bastata

Un’ultima annotazione per l’ex sindaca Raggi, che la candidatura per l’Expo l’ha proposta quando era a caccia del bis in Campidoglio, forse più per togliersi di dosso l’onta del no alle Olimpiadi, che per genuina convinzione. La sconfitta brucia per le proporzioni e il modo in cui è maturata, ma se Roma piange l’Italia certo non ride.

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