Secondo la CGIA di Mestre, le imprese più strutturate sono responsabili del 64% del debito fiscale. Lombardia, Lazio e Campania guidano la classifica regionale.
Un’impressionante voragine da 1.279,8 miliardi di euro: è il totale delle tasse, contributi, imposte, bollette e multe non riscosse in Italia tra il 2000 e il 31 gennaio 2025, secondo uno studio della CGIA di Mestre basato sui dati dell’Agenzia delle Entrate. Una cifra che potrebbe coprire quasi la metà del debito pubblico nazionale, fermo a 2.980,5 miliardi. A evadere di più non sono i piccoli contribuenti, ma le grandi imprese, responsabili di 822,7 miliardi di debito fiscale. Mentre si intensificano gli appelli per una lotta più efficace all’evasione, emergono frodi IVA, crediti inesistenti e residenze fiscali fittizie come i principali punti critici.
Lo studio della CGIA di Mestre dipinge un quadro chiaro: su 1.279,8 miliardi di euro di mancati pagamenti, il 64,3% (822,7 miliardi) è imputabile a società di capitali come Spa, Srl, consorzi e cooperative. I lavoratori dipendenti, pensionati e altri percettori di reddito contribuiscono con 300,4 miliardi (23,5%), mentre artigiani, commercianti e liberi professionisti si fermano a 156,7 miliardi (12,2%). Dei 22,26 milioni di contribuenti con debiti fiscali, solo il 12,8% (2,86 milioni) sono lavoratori autonomi con partita IVA, il 15,6% (3,47 milioni) sono società di capitali e il 71,6% (15,93 milioni) sono persone fisiche, soprattutto dipendenti e pensionati.
Questi dati sfatano il mito che vede i piccoli contribuenti come i principali evasori. Sebbene le grandi imprese siano numericamente inferiori, il loro impatto sul debito fiscale è schiacciante, con oltre 800 miliardi di euro non versati. “Solo 13 evasori su 100 hanno una partita IVA”, sottolinea la CGIA, evidenziando come il problema risieda altrove.
Le pratiche più diffuse di evasione fiscale riguardano fenomeni complessi, spesso orchestrati da grandi contribuenti. Tra questi le frodi IVA, che sfruttano meccanismi come le “frodi carosello” per eludere il pagamento dell’imposta; l’uso improprio di crediti inesistenti o aiuti economici non dovuti, che drenano risorse pubbliche; le residenze fiscali fittizie all’estero, dichiarate per sfuggire al fisco italiano; l’occultamento di patrimoni oltre confine, che impedisce il recupero delle somme dovute.
Queste strategie, tipiche di realtà strutturate come multinazionali e grandi gruppi, richiedono controlli mirati e un uso avanzato dei dati in possesso dell’Amministrazione fiscale, come suggerito dall’Agenzia delle Entrate. Tecnologie come l’intelligenza artificiale e l’analisi dei big data potrebbero ottimizzare le verifiche, riducendo il “tax gap” stimato tra 80 e 100 miliardi annui.
A livello regionale, la Lombardia detiene il primato negativo con 259,3 miliardi di euro di debiti fiscali, seguita dal Lazio (226,7 miliardi), dalla Campania (152,5 miliardi) e dall’Emilia-Romagna (87,9 miliardi). Tuttavia, la CGIA precisa che l’elevato debito di Lombardia e Lazio non riflette una maggiore propensione all’evasione, ma la concentrazione di grandi imprese, multinazionali e Big Tech in queste aree. In termini pro capite, il Lazio guida con 39.673 euro di debito fiscale per abitante, seguito da Campania (27.264 euro) e Lombardia (25.904 euro).
L’evasione fiscale rappresenta una zavorra per l’Italia. I 1.280 miliardi non riscossi in 25 anni avrebbero potuto finanziare stipendi più alti, maggiori investimenti nella scuola, nella sanità e nel welfare. La CGIA di Mestre insiste sulla necessità di un fisco più efficiente, capace di sfruttare i dati disponibili per colpire le grandi frodi senza gravare sui piccoli contribuenti. Iniziative come il cashback e la lotteria degli scontrini, introdotte per incentivare la compliance, si sono rivelate un flop: nel 2024, la lotteria ha registrato appena 38,8 milioni di scontrini trasmessi, contro i 137 milioni del 2021.
La lotta all’evasione fiscale resta una priorità per l’Italia, ma richiede un cambio di strategia. I dati della CGIA di Mestre dimostrano che il problema non risiede nei piccoli artigiani o commercianti, ma nei grandi contribuenti che, con pratiche sofisticate, sottraggono risorse ingenti allo Stato. Rafforzare i controlli su frodi IVA, crediti inesistenti e residenze fittizie, anche grazie a strumenti tecnologici avanzati, potrebbe liberare risorse per migliorare la qualità della vita degli italiani. In un Paese che fatica a ridurre il debito pubblico, recuperare anche solo una frazione di questi 1.280 miliardi rappresenterebbe una svolta epocale.