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Europee: l’avanzata delle destre sovverte gli equilibri e minaccia Von der Leyen

La battaglia finale tra filo-Ue e populisti in Europa: a spiccare sono soprattutto due donne, Giorgia Meloni e Marine Le Pen.

Roma – Il ruolo delle donne e della destra a Bruxelles. Nella campagna elettorale in corso per le europee il tema più gettonato è il rapporto tra Giorgia Meloni, Ursula von der Leyen e Marine Le Pen, da cui probabilmente dipenderà il prossimo Parlamento Europeo. Il risultato dei partiti di destra ed estrema destra è diventato il tema clou delle campagne elettorali di molti paesi dell’Unione Europea. Stando ai sondaggi, infatti, è possibile che per la prima volta nella storia dell’Unione al Parlamento si formi una maggioranza solo di destra, che prenda il posto della coalizione che ha dominato il Parlamento sin dalla sua creazione, formata dal Partito Popolare Europeo (PPE), il più grande gruppo europeo e di centrodestra, i Socialisti, di centrosinistra, e i Liberali.

Di certo, a Bruxelles, quelle che si avvicinano sono considerate le elezioni “più importanti della storia dell’Ue”. Per alcune cancellerie europee è infatti l’occasione irripetibile per sovvertire equilibri politici che fino a poco tempo fa sembravano inattaccabili. Per i partiti europeisti è la chiamata alle armi per salvare un progetto politico e democratico che ha ormai innumerevoli nemici, dentro e fuori il Vecchio continente. Tra il 6 e il 9 giugno l’Europa si recherà alle urne in un appuntamento che, in ogni caso, segnerà un prima e un dopo nella storia dell’Ue. E al di là dei sondaggi, il tema è diventato assai discusso dopo che mesi fa Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, aveva aperto alla possibilità che il PPE (il gruppo a cui lei stessa appartiene) si alleasse con alcuni partiti di destra ed estrema destra dopo le elezioni.

Giorgia Meloni e Marine Le Pen

Tra questi c’è Fratelli d’Italia, che guida il gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), uno dei due gruppi di estrema destra del Parlamento Europeo (l’altro è Identità e Democrazia, ID). L’unico limite di cui aveva parlato von der Leyen era che questi partiti avrebbero dovuto essere a favore dell’Unione Europea e dell’invio di armi in Ucraina, e che avrebbero dovuto rispettare lo stato di diritto: una condizione, quest’ultima, che sembra escludere partiti come Diritto e Giustizia, che ha governato la Polonia in modo semi-autoritario fino al 2023 e che guida ECR insieme a Fratelli d’Italia, e Fidesz, il partito del primo ministro ungherese Viktor Orbán, a cui Meloni è vicina. Le elezioni arrivano in un momento di grave crisi per la maggioranza europeista che finora ha supportato i vertici comunitari.

Popolari, Liberali e Socialisti potrebbero superare di poco i 400 seggi sui 720 che costituiranno l’Eurocamera. E se il Ppe, stando ai sondaggi, potrebbe uscire indenne dalle urne, S&D e Renew potrebbero perdere più di un eurodeputato rispetto al quinquennio appena concluso. Dall’altra parte il fronte delle destre e dei populisti è dato in ascesa un po’ ovunque. A spiccare sono soprattutto due donne, Giorgia Meloni e Marine Le Pen. La prima guida l’Italia, la seconda è destinata a stravincere la sfida col presidente francese Emmanuel Macron. Ma anche in Austria, Svezia, Repubblica Ceca, Germania, Spagna l’estremismo è in ascesa. Finora il fronte delle destre e delle estreme destre a Strasburgo era diviso in due gruppi, i Conservatori e Riformisti e Identità e Democrazia.

Ursula von der Leyen

La cacciata dei tedeschi di AfD, ordinata da Le Pen con il placet della Lega dopo le parole negazioniste del capolista teutonico Maximilian Krah, potrebbe innescare un terremoto. Le voci di un’unione dei due gruppi, sotto l’egida di Le Pen e la premier Meloni, si sono fatte via via più insistenti, accompagnate dal repentino avvicinamento delle due leader. A loro potrebbe aggiungersi Viktor Orban e il suo partito Fidesz, che hanno trascorso gli ultimi anni nel limbo dei Non iscritti. Il coagularsi delle destre e delle estreme destre ha tuttavia messo a repentaglio la candidatura di Ursula von der Leyen, finora data per favorita per succedere a se stessa alla guida di Palazzo Berlaymont.

La sua apertura ad una parte delle destre, a cominciare da Meloni, è finita sotto accusa sia tra i Socialisti sia tra i liberali e ha innervosito anche una parte dei Popolari. Si è trattato di un asse costruito sul dossier migranti, sul quale le visioni di Fdi e Ppe sembrano ormai coincidere. Il tema è stato uno dei jolly delle destre, che hanno smesso di puntare sulla redistribuzione, concentrandosi invece sulla chiusura totale all’immigrazione illegale sin dalle frontiere esterne dell’Ue. Ma il voto non si baserà solo sulla migrazione: l’allarme degli ultra-europeisti è che l’abbraccio tra Ursula e le destre mandi in frantumi il Green Deal e indebolisca il concetto di Stato di diritto nell’Ue sebbene il Ppe abbia posto come condizione del dialogo con le destre l’essere filo-Ue, filo-Ucraina e a favore del rule of law.

Il rischio che, già nei due vertici dei 27 di giugno, von der Leyen venga messa da parte non può essere escluso. Come non possono essere considerate chiuse le porte della Commissione del Consiglio europeo per Mario Draghi, la personalità che, secondo una parte dell’establishment Ue, sarebbe davvero in grado di risollevare l’Europa.

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