Encefalite scambiata per tumore: ospedale condannato a maxi risarcimento

Due interventi non necessari causarono tetraparesi e stato vegetativo a un bambino di 8 anni. I periti hanno confermato che l’approccio chirurgico fu del tutto inadeguato.

Firenze – Un errore diagnostico, costato l’invalidità permanente a un adolescente, si è concluso con una condanna per l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Il Tribunale ha stabilito un risarcimento complessivo di circa 3 milioni e 700mila euro in favore del giovane paziente, oggi sedicenne, e della sua famiglia.

La vicenda risale al 2012-2013, quando il bambino venne sottoposto a due operazioni neurochirurgiche per quella che i medici avevano diagnosticato come una rara neoplasia cerebrale. Gli interventi, che prevedevano la lobectomia temporale (asportazione parziale del lobo temporale), furono eseguiti nel tentativo di contrastare gravi manifestazioni cliniche, incluse crisi epilettiche persistenti.

L’esito degli interventi fu devastante: il piccolo rimase completamente invalido. Fu solo attraverso il procedimento giudiziario avviato dai genitori che emerse la verità: il ragazzo non era affetto da alcuna forma tumorale, ma da encefalite erpetica, un’infiammazione cerebrale di origine virale che richiede trattamento farmacologico e non chirurgico.

Secondo quanto riportato dal Corriere Fiorentino, i consulenti tecnici nominati dal Tribunale hanno stabilito che “l’invalidità del ragazzo deriva da responsabilità sanitaria”, sottolineando “l’inequivocabile sussistenza di un nesso tra un’assistenza sanitaria incongrua e la gravissima patologia encefalica”, descritta come tetraparesi spastica con stato vegetativo.

Gli esperti hanno concluso che una gestione appropriata dell’epilessia e un percorso terapeutico corretto durante i ricoveri avrebbero potuto evitare le conseguenze catastrofiche che si sono verificate. Pur riconoscendo che l’encefalite erpetica avrebbe probabilmente lasciato alcune sequele, i periti hanno confermato che l’approccio chirurgico fu del tutto inadeguato e che un protocollo farmacologico avrebbe garantito un decorso clinico significativamente migliore.