Elia Del Grande in fuga dalla casa lavoro

L’uomo, che nel 1998 sterminò la famiglia a fucilate, si è allontanato da una struttura protetta di Castelfranco Emilia. Ricerche in corso.

Modena – Elia Del Grande, condannato per uno dei delitti più efferati della cronaca italiana degli ultimi decenni, è di nuovo in fuga. L’uomo si è allontanato dalla casa lavoro di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, lo scorso giovedì sera intorno alle 20, scavalcando il muro di cinta della struttura. Oggi 49enne, era stata condannato a trent’anni di reclusione per aver massacrato a fucilate padre, madre e fratello nella notte del 7 gennaio 1998 a Cadrezzate, nel Varesotto, quando aveva appena 22 anni.

La notizia della fuga è stata diffusa dal Resto del Carlino. Le forze dell’ordine hanno immediatamente attivato le ricerche, concentrandosi principalmente sul territorio varesotto e sulla Sardegna, dove l’uomo potrebbe avere contatti o rifugi.

Del Grande era ospite della struttura emiliana dal mese di settembre, destinatario di una misura di sicurezza con la qualifica di “internato”. I giudici di Sorveglianza avevano disposto il suo trasferimento in ambiente protetto dopo che, durante il periodo di libertà vigilata concesso dopo venticinque anni di detenzione, aveva manifestato comportamenti allarmanti: furti, molestie ai residenti e altre condotte che ne avevano confermato la pericolosità sociale. Il programma prevedeva una permanenza di sei mesi nella casa lavoro, al termine dei quali sarebbe stato sottoposto a una nuova valutazione psichiatrica.

Quella notte del gennaio 1998 resta impressa nella memoria collettiva per la sua brutalità. Nella villetta di via Matteotti che ospitava anche il forno di famiglia, Del Grande sparò sei colpi di fucile, due contro ciascuna vittima: il padre Enea, la madre Alida e il fratello maggiore Enrico. I soccorritori che intervennero descrissero uno scenario raccapricciante. Fu proprio Enrico a chiamare i carabinieri poco dopo le tre e mezza del mattino, prima di spirare in ospedale a causa delle gravi ferite.

Dopo il massacro, Del Grande tentò di varcare il confine svizzero ma venne fermato grazie alla tempestiva collaborazione tra le autorità. Una volta condotto in caserma, confessò il triplice omicidio. Dalle indagini emerse il ritratto di un giovane con un passato difficile, ossessionato dalle armi e attratto da ambienti estremisti skinhead. Raccontò di possedere una collezione di centinaia di coltelli. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la tragedia sarebbe scaturita da tensioni familiari legate a una relazione sentimentale con una ragazza conosciuta a Santo Domingo, che i genitori osteggiavano. Del Grande stesso ammise in seguito che quella era stata solo la scintilla finale di un rancore covato nel tempo.

Il tribunale di Varese lo condannò inizialmente a tre ergastoli, pena poi ridotta a trent’anni dalla Corte d’Appello che riconobbe la seminfermità mentale. Durante la detenzione, Del Grande non ha rinunciato ai tentativi di evasione: nel carcere di Pavia provò a fuggire con l’aiuto della compagna organizzando una rocambolesca fuga in taxi, piano che venne sventato all’ultimo momento e gli valse una condanna aggiuntiva di otto mesi.

Ora, a distanza di ventisette anni dalla strage che sconvolse il Varesotto, le forze dell’ordine sono nuovamente sulle tracce di un uomo ritenuto ancora pericoloso, mentre le famiglie delle vittime si ritrovano a rivivere l’incubo di una storia mai davvero conclusa.