La dura legge dei social, se non ne hai, non sei nessuno
Il giorno di Santo Stefano alle ore 16:22 una giovane donna, registrandosi nelle isole Thoddoo, ha postato su Facebook una foto che la ritrae su un’altalena piuttosto rudimentale con alle spalle un tipico paesaggio delle Maldive. E fin qui non ci sarebbe nulla di strabiliante, visto l’uso quasi maniacale che gli utenti fanno oggi dei social. La ragazza in questione, però, è un personaggio pubblico, ovverosia la deputata pentastellata Yana Chiara Ehm. E anche questo non sarebbe un evento raro, visto che anche coloro che appartengono al mondo della politica hanno ceduto al fascino di pubblicare foto pur di ricevere like infischiandosene della propria privacy.
Questo scatto condiviso incautamente sulla celebre piattaforma ha, però, attirato più critiche che consensi. Anzi, ha scatenato una vera e propria bagarre mediatica. Pare infatti che la grillina in questione non abbia più versato le indennità mensili di 2.300 euro (2.000 euro da decurtare dal proprio stipendio e 300 euro da destinare all’Associazione Rousseau), come impone la rendicontazione voluta dal Movimento, a partire dal mese di febbraio. Il suo debito ammonterebbe a circa 23 mila euro. Immediati i commenti su Facebook, tra cui anche quello di Eva Betti, consigliera comunale a Prato, ex vice coordinatrice di Forza Italia e ora passata alla Lega, che ha scritto: “A Prato nessuno la conosce, cara onorevole, venga ad occuparsi della città che le ha permesso di fare cotanta vacanza!”
Yana ha preferito chiarire la sua posizione con un commento alla foto che tanto clamore ha suscitato: “Dati gli svariati commenti sulla rendicontazione, fornisco con piacere le necessarie delucidazioni: a causa di un problema tecnico non riesco a completare la rendicontazione del mese di febbraio, dirimente per poter procedere a tutti i mesi successivi (…) Ho sollecitato ed interloquito più volte con il webmaster in merito, abbiamo tentato svariate soluzioni, ma ancora il problema persiste. Spero possa essere sbloccato al più presto, ho già preso prossimo appuntamento.”
Ma chi è Yana Chiara Ehm? Nata 29 anni fa a Gusterath, in Germania, da padre tedesco e madre italiana, laureata in Scienze politiche e Scienze islamiche all’università di Heidelberg, durante le elezioni politiche del 2018 si candida alla Camera dei Deputati, nella circoscrizione Toscana, nelle liste del M5S nel collegio uninominale di Prato, non venendo inizialmente eletta. Arrivata terza dopo Giorgio Silli (centrodestra) e Benedetto Della Vedova (centrosinistra), è stata ripescata dalla Corte di Cassazione. I Cinquestelle in Sicilia avevano presentato un numero di candidati inferiore al numero di seggi che sono stati conquistati e, attraverso i complicati meccanismi del Rosatellum, è stato possibile spostare i quozienti del calcolo su altre regioni: la Ehm figurava, oltre che nell’uninominale, anche nel listino proporzionale, cioè nel collegio plurinominale di Firenze, dopo Alfonso Bonafede. Il 20 marzo 2018 viene così proclamata deputata della XVIII legislatura.
Eppure la parlamentare pentastellata italo-tedesca non sarebbe l’unica sospettata di un uso illecito delle rendicontazioni. Come dimostra il sito Tirendiconto.it dove viene tenuta traccia dei versamenti, sono 18 i parlamentari che nel 2019 non hanno restituito nulla. Inoltre 103 su 317 non risultano in regola. I vertici del partito di Grillo starebbero pensando di introdurre sanzioni disciplinari per i parlamentari morosi, adottando una politica di tolleranza zero ed eventuali espulsioni. Il 28 dicembre sul “Blog delle Stelle” è comparso un ultimatum ai sensi del quale tutti coloro che non hanno ancora regolarizzato la loro posizione sono stati invitati ad ottemperare agli impegni giuridici e morali assunti entro e non oltre il 31 dicembre 2019: in caso contrario si muoveranno i probiviri. E’ stata concessa un’attenuante: chi ha completato le rendicontazioni fino ad agosto compreso può considerarsi in regola.
E’ doveroso fare un passo indietro e tornare al 13 febbraio del 2018, quando le elezioni nazionali erano alle porte e scoppiò il caso di Rimborsopoli a Cinquestelle: alcuni eletti vennero scoperti restituire allo Stato parte del proprio stipendio per poi annullare il pagamento dopo aver fotografato la prova dello stesso. “Le Iene” denunciarono lo scandalo, facendo emergere mancati versamenti al fondo per il microcredito per oltre 20 mila euro. In questo polverone venne anche alla ribalta la vicenda di Giulia Sarti, ex Presidente della Commissione Giustizia della Camera, che, dichiarandosi all’oscuro di tutto, accusò l’ex fidanzato e collaboratore Bodgan Tibuche, alias Andrea Di Girolamo, di appropriazione indebita, dimettendosi poi dal proprio incarico. Dalle indagini emerse invece che i due erano d’accordo nel fare ricadere la colpa su di lui, e ne risultò anche il coinvolgimento di altri membri del partito.
Anche l’ex grillina Veronica Giannone ha sparato a zero sugli ex compagni, sostenendo che tra i deputati ci sarebbe chi inserisce sul Tirendiconto le spese degli abiti e delle scarpe come fossero spese di rappresentanza, facendo uno screenshot della spesa dall’applicazione bancaria, cancellando tutti i dati, tranne data e importo. Dopo le recenti dimissioni del’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, accusato dal Movimento di essersene andato senza avere rimborsato circa 70 mila euro, Gianluigi Paragone (recentissimamente espulso dal M5S) ha elencato in un video i tanti colleghi illustri che non avrebbero restituito parte dello stipendio, accusando di ciò anche la ministra Fabiana Donadone, oltre che il senatore Mario Giarrusso. Quest’ultimo ha spiegato su Facebook che dal 2013 avrebbe restituito per circa 70 mesi e poi avrebbe interrotto i versamenti a partire dal gennaio 2019: siccome il nuovo meccanismo della rendicontazione non consentirebbe più l’accantonamento di quanto rendicontato, Giarrusso avrebbe utilizzato le somme che avrebbe dovuto restituire per costruire una riserva per fare fronte ad alcuni processi pendenti a suo carico, relativi alla sua attività di parlamentare, riservandosi, però, di restituire quanto accantonato, una volta concluse le vicende giudiziarie.